Accoglienza
6 Ottobre 2001
Ed eccoci nuovamente riuniti per iniziare questo nuovo cammino.
E quest'anno la gradita sorpresa è che il Signore ha moltiplicato la sua messe.
Siete contenti? All'inizio di questo incontro la Parola di Dio ci stimola su molti punti.
È stato letto prima il brano della Lettera ai Romani ( Rm 10,13-15 )
ed è stato letto ora questo brano del Vangelo di Luca ( Lc 4,16-21 );
e credo che in questi due brani ci siano state delle forti provocazioni, se noi le prendiamo seriamente.
In tutto il corso di quest'anno, chi è già venuto lo ricorderà e quelli che sono venuti per la prima volta spero che non si spaventino di tutto questo, cercheremo di dare un valore alla Parola di Dio che sia veramente ricco, veramente fondamentale.
Questo significa che l'accostarsi alla Parola di Dio non sarà semplicemente un accostarsi esegetico ( esegetico vuol dire troppo scientifico ), non significa prendere la Parola di Dio e dire: "ah" sì nella lingua ebraico-aramaica, significa questo, nella lingua greca significa quest'altro, secondo quella cultura voleva dire così e cosà.
È una cosa utile questa? È utile, però non può essere la situazione definitiva anche perché noi, come credenti, non possiamo accostarci alla Parola di Dio come potremmo accostarci, ad esempio, ai poemi omerici.
Noi, accostandoci alla Parola di Dio, dobbiamo avere, dobbiamo coltivare prima di tutto il senso forte di una presenza viva, non di un archeologismo;
cioè prendere una vecchia scrittura e interpretarla.
Qui dobbiamo avere la consapevolezza che è Dio che ha aperto la bocca e ci ha detto qualche cosa; se poi si è sentito di Tizio, di Caio o di Sempronio a noi interessa fino ad un certo punto.
Perché, tutto sommato, quello che ci interessa è conoscere il pensiero di Dio;
e Dio l'ha voluto fare, come sempre fa, facendosi aiutare dagli uomini.
Il Signore vuole fare cose meravigliose per gli uomini di questo XXI secolo, le vuol fare in questa parte dell'Italia, e le vuol fare attraverso di voi, attraverso di noi.
Ci potremo sentire più o meno adatti, ma questo non significa molto.
La prima consapevolezza è che il Signore ci ha chiamato e che voi avete udito questa voce, non si sa bene per quale motivo: può essere per curiosità, può essere per l'insistenza i qualcuno; sta di fatto che in questo sabato mattina, come nei prossimi sabati mattina, invece di andare a fare la spesa da qualche parte voi siete qui.
E questa non è una risposta alla chiamata di Dio, più o meno consapevole?
Il secondo aspetto è che dobbiamo riscoprire, ripartire dalla Parola di Dio.
Come sempre in tutte le lettere pastorali, per esempio, quelle del Card. Martini, questo punto viene sottolineato: ripartire dalla Parola:
dalla Parola di Dio, e quindi non da una parola fredda, scientifica, ma da una parola calda, cioè piena di intimità, piena di relazione personale tra noi e Dio.
A nostro vantaggio abbiamo tutta la storia della Chiesa che ci insegna da molti secoli ad accostarci alla Parola di Dio con un cuore pieno di amore: era quello che facevano i Padri della Chiesa.
Poi le vicende storiche che ci hanno toccati, le riforme, le controriforme, ecc. ci hanno portati, più che altro, ad essere attenti alle esegesi scientifiche.
Ma noi, qui, stiamo facendo un cammino da credenti.
Questo vuol dire che qui siamo convinti che Dio ha qualcosa da dirci.
E noi siamo qui per sentire quello che Lui ci vuol dire.
Allora troviamo sconvolgente che questi due brani biblici ci chiedano qualcosa di così importante, ci mettano prima di tutto di fronte alla situazione del mondo.
Non possiamo essere illusi pensando o illudendoci che, tutto sommato, è tutto buono, va tutto bene.
Gli eventi di queste ultime settimane ci hanno dimostrato ampiamente come, purtroppo, la natura umana non è incline alla bontà e alla generosità.
Dopo il peccato originale, la natura umana è stata sfregiata e quindi ricerca sempre ciò che le fa più comodo.
In una sola parola è diventata malata di egoismo.
Me lo potete confermare? Basta che ci guardiamo allo specchio.
Se ci guardiamo allo specchio, vediamo subito una persona che è incline all'egoismo.
Quando l'apostolo Paolo scrive ai Romani, e quindi anche a tutti noi, dice loro questa verità: "Tutto il mondo ha bisogno di sapere l'annuncio che Dio ama", che Dio non è lassù nei cieli e noi siamo quaggiù sulla terra;
che Dio non è solamente l'essere perfettissimo, Creatore e Signore del Cielo e della Terra, ma è tutto questo, perché vuole stare con gli uomini, quindi è eminentemente Provvidenza.
È quel Dio eterno e perfetto che, però, si china verso ciascuno di noi ed è interessatissimo alla nostra vita personale, alle cose di tutti i giorni.
Non credo che ci sia qualcuno che desideri più di Dio di trascorrere la sua vita insieme a noi.
Questa realtà noi la teniamo molto lontana, non osiamo neanche pensarla, non osiamo immaginarla, mentre è esattamente il senso della Incarnazione.
Dio poteva conoscere esattamente la nostra vita standosene beato nei cielo, ma con l'Incarnazione ci ha dimostrato che non solo vuole sapere le nostre cose, ma vuole viverle, cioè vuole vivere con noi qualunque cosa facciamo.
Allora, il cammino che stiamo intraprendendo adesso e che porteremo avanti per un po' di tempo è, prima di tutto, questa presa di coscienza personale di quanto spazio effettivamente nella nostra vita, nella nostra quotidianità diamo alla presenza del Signore Gesù.
Lui personalmente.
Quindi, in un certo senso, riportare al centro della nostra esistenza il punto focale.
A volte ci accorgiamo che la nostra vita gira disequilibrata perché il centro della nostra vita probabilmente non è proprio Gesù, possono esserci altri interessi.
Gesù ci dice che chiunque crede in Lui e proclama con la sua bocca che Gesù è il Signore, sarà salvato.
Però, prima di poterlo proclamare agli altri, è bene che noi ci rendiamo contro se questo è anche il nostro intendimento, ed è per questo che ci dobbiamo lasciar provocare da questa Parola del Signore!
Noi possiamo dire "Signore! Signore!" ( ma Gesù ha ricordato che questo non fa di noi dei discepoli ).
In questi nostri incontri cercheremo di capire e di imparare, ma, soprattutto, cercheremo di mettere in pratica quanto abbiamo capito e imparato;
e questo non lo faremo probabilmente al sabato ma quando usciremo di qui.
Qui è bello sentirci tutti buoni e belli, fratelli e sorelle, ma poi si mette in pratica ciò che si è appreso quando mettiamo piede fuori di qui?
È lì che dobbiamo incontrare veramente gli altri e dimostrare a noi stessi, a Dio e al mondo intero che davvero Gesù Cristo vive dentro di noi.
È lì che si dimostra se Gesù è veramente il Signore mio, oppure è solamente il Signore.
Egli è sicuramente il Signore dell'universo, ma è anche il mio Signore?
Non è questa una risposta così scontata!
Vi ricordate quando un tempo la liturgia era tutta in latino?
Varie volte, durante la liturgia, il sacerdote interveniva dicendo:
"Dominus vobiscum" e gli altri rispondevano: "et cum spiritu tuo".
Dominus = il Signore.
Forse si capisce meglio se prima ci ricordiamo come si diceva in latino.
"Dominus" ci ricorda molto una parola italiana = il dominatore.
Finché non avremo dentro di noi questa concezione che Gesù è il nostro, il mio dominatore, potremo avere dei dubbi sul fatto che Lui sia il nostro, il mio Signore, perché essere il Signore significa essere il dominatore.
Qualcuno potrebbe spaventarsi e dire: "Io ho paura di un Dio che mi domina, perché vuol dire che mi schiaccia".
Io non ho detto quello che deve fare Dio, ho detto quello che devi sentire tu, che sono due cose diverse.
Quando tu cominci a sentirti talmente libero da te stesso e da tutte le cose che ti interessano da pensare che Gesù sia il Primo e l'Ultimo, l'Alfa e l'Omega, il Principio e la Fine, tutto il resto non ti importa più.
È quello speciale Spirito che proviene dallo Spirito di Dio che permette a degli uomini e a delle donne fragili e deboli di diventare dei martiri.
Io vorrei che voi aveste potuto ascoltare in qualche occasioni una testimonianza di Padre Daniel Ange, il quale per molti anni era stato missionario in Ruanda (in sei mesi sono state uccise un milione di persone).
Lui ha raccontato fatti di persone che conosceva perché era stato lì come parroco nelle missioni che quelle comunità benedettine di vita apostolica avevano.
Per esempio, il fatto di una ragazzina di quindici anni che era la sorella di un colonnello di una fazione degli Uthu o Tutzi e nella sua scuola c'erano compagni di classe che erano di entrambe le etnie e lei disse: "venite tutti a casa mia, perché sicuramente a casa mia non succederà niente, visto che mio Fratello è il colonnello;
figuratevi che cosa può succedere". E così fecero.
La classe si trovò a casa di questa ragazzina, ma nel cuore della notte arrivò una camionetta a prelevare questa ragazza dicendo:
"Tuo Fratello ha detto che devi venire con noi, perché noi domattina faremo irruzione ed elimineremo tutti quelli che non appartengono alla nostra etnia".
Una ragazzina di quindici anni che cosa avrebbe potuto fare?
Tremante, impallidita e impaurita sarebbe salita sulla camionetta, pur con una lacerazione nel cuore, ma sarebbe fuggita.
Ed invece, il mistero strano è questo, che il Signore donò a lei in quel momento uno spirito di fortezza ( è uno dei sette doni dello spirito Santo ) e lei ebbe il coraggio di dire a questi militari armati fino ai denti:
"No! Il Signore mi ha messo nelle mani questi miei fratelli e queste mie sorelle perché io le proteggessi, se mio fratello intende ordinare lo stesso questo massacro, sappia che io sarò con loro; io non abbandonerò coloro che Dio mi ha messo nelle mani".
E così avvenne. Il mattino dopo arrivarono i soldati e massacrarono queste persone a colpi di zappa e tutti in fila, mentre aspettavano di essere martirizzati, cantavano il "Magnificat" e per molte ore dopo nel mucchio dei semicadaveri ( perché non morirono subito ) si sentivano voci di ragazzi e ragazze che continuavano a ripetere dei versetti del "Magnificat", che lodavano il Signore e che chiedevano di perdonare i loro massacratori.
Così come quel chierichetto che in una Chiesa gremita di quattrocento persone che furono tutte trucidate allo stesso modo, disse:
"Non prendere lui che è figlio unico di madre vedova, mi offro io che non ho nessuno".
Ed i soldati presero sia l'uno che l'altro.
Questo sono alcuni esempi di martiri del nostro tempo.
Troppi ce ne sono ancora, troppe cose conosce solo il Signore, ma sono la testimonianza di persone che hanno deciso di seguire veramente il Signore senza mezzi termini.
Poniamoci ora questa domanda: "la nostra coerenza con il messaggio di Gesù è una coerenza reale o fittizia?".
Siamo tra quelle persone che hanno una spina dorsale fatta di burro, per cui accettiamo qualsiasi proposta del mondo senza il minimo discernimento, oppure siamo fra quelle persone che sanno porre in atto delle scelte concrete che sono anche impopolari, ma che testimoniano una grande coerenza ed una testimonianza di vita cristiana?
L'apostolo Paolo ci mette in guardia da questo quando ci dice:
"Proclami che Gesù è il Signore solo con la tua bocca o lo proclami anche nel tuo spirito?
Questa proclamazione proviene proprio da una tua interiore convinzione spirituale o è un'abitudine, una consuetudine?
Se è una cosa che proviene dal tuo spirito allora gioisci perché facendolo anche con la tua bocca hai assicurato la tua salvezza eterna; in questo modo crederanno".
Perché questa Parola venga proclamata; sta scritto:
"Come potranno invocarlo senza aver prima creduto in Lui?
Crederanno perché qualcuno l'ha proclamato.
Come potranno credere senza averne sentito parlare?
Come potranno sentirne parlare senza che qualcuno lo annunzi?
Come lo annunzieranno senza essere prima inviati?".
Mi pare che questa prima parte della nostra riflessione sia stata abbastanza forte e che i porti ad una prima consapevolezza: Il Signore ci vuole inviare?
Dove? Qui! Abbiamo qui il mondo che deve essere rievangelizzato e quindi il Signore non vi chiede di andare in paesi lontani, in popoli dalla dura cervice ( come direbbe il profeta Geremia ).
I popoli dalla dura cervice sono intorno a noi;
troppo spesso siamo stati noi stessi uomini dalla dura cervice, ed allora il Signore ci manda qui, ci invia;
vi ha scelti per costituirvi affinché portiate frutto ed il vostri frutto rimanga.
La parola del Signore è questa:
"Non siete voi ad aver scelto me, ma sono io che ho scelto voi".
Quindi attaccatevi a questa parola, sentiamoci molto onorati di questo fatto, non vantiamo alcun diritto di fronte a Dio di dirgli:
"Senti, io sono venuto al sabato e quindi se voglio non ci vengo".
No! Tu hai solo risposto ad una chiamata, altrimenti non saresti qui oggi.
E, per il fatto che hai risposto, stai riconoscendo che è Lui che ti ha chiamato ( pertanto rispondi a Lui! ).
L'altro punto da sottolineare viene dalla lettura evangelica:
che cosa farà di ciascuno di noi il Signore?
Nel cap. 61 del profeta Isaia e riportato dal Vangelo di Luca, cap. 4, il Signore dice che Lui è stato unto con lo Spirito Santo, ma non dimentichiamoci che tutti siamo battezzati, quindi consacrati da Dio.
Nel rito del battesimo ci sono delle unzioni: c'è l'olio dei catecumeni con il quale si opera l'esorcismo iniziale, ma dopo il battesimo c'è il "crisma" che è una vera e propria consacrazione, ciò a dire:
"Questa creatura, poiché è stata unta con questo olio consacrato dal Vescovo il giovedì santo, è consacrata a Dio. appartiene a Dio. è proprietà di Dio. E noi siamo proprietà di Dio.
Quindi, lo spirito del Signore è sopra di me, mi ha consacrato con l'unzione.
È questa una verità che possiamo dire noi stessi.
I tempi sono passati, siamo stati anche cresimati, quindi abbiamo accettato questa consacrazione e l'abbiamo voluta confermare e ci fu il Vescovo quella volta per imporre la mano e quindi inviarci lo Spirito e segnarci con il suo Sigillo.
Questa è un'evidenza nella quale noi liberamente abbiamo deciso e decidiamo.
"Sì, Signore, io voglio essere a servizio del tuo nome nella Chiesa ( da quel tempo in poi siamo stati veramente i soldati di Cristo, oppure per troppo tempo siamo stati un po' fuggiaschi e latitanti? ).
A che cosa serve questa unzione?
Gesù dice che è per mandarci ad annunziare ai poveri il lieto messaggio.
I poveri non sono i nullatenenti, quelli che chiamiamo i miseri.
La miseria, la povertà è un'altra cosa: è il distacco.
Siamo poveri? Siamo distaccati da noi stessi?
Avremo modo in quest'anno di riflettere specialmente su che cos'è l'essere umano e che cosa comporta questa visione di povertà.
A portare ai poveri un lieto messaggio? Qual è questo messaggio, secondo voi?
Amore? Sì, ma non basta: occorre che gli altri si accorgano che avete incontrato il Signore.
Se io ho incontrato il Signore gli altri se ne accorgeranno.
Allora, trovandomi davanti a persone povere, dette "anawim", l'amore di Dio arriverà a queste persone attraverso di noi, cioè ai "poveri di Javhé", cioè a quelli che come a Ninive non sanno distinguere la destra dalla sinistra.
Sono amati da Dio? Sì, ma l'amore di Dio come arriverà a queste persone?
Attraverso di voi. È questo amore.
Allora dobbiamo renderci degli strumenti sempre più docili e sempre più adatti alla sua presenza.
Certo questo primo incontro non è altro che gettare molte provocazioni.
Le avete colte? Vi siete sentiti pungere? Bene!
Se ci accorgiamo di essere ciechi, allora vuol dire che ricerchiamo la luce e Giovanni ci dice che Gesù è la luce del mondo.
Tutti questi temi nel corso dell'anno li affronteremo, li approfondiremo, lasciandoci guidare dall'insegnamento della Chiesa che si chiama "il Magistero".
In questo modo saremo sicuri che tutto quello che il Signore ci ha detto nella Sacra Scrittura viene da noi inteso in un modo retto ed equilibrato attraverso la storia della Chiesa = la Tradizione.
Tutto l'insegnamento che si è protratto nella storia della Chiesa per molti anni, almeno per un secolo fa parte della Tradizione ed è confermato dal "carisma petrino".
Gesù dice a Pietro: "Tu conferma i tuoi fratelli"; "a te do le chiavi del regno dei cieli".
Quindi la nostra sicurezza nell'insegnamento non dipende da parola umana ma dalla Parola di Dio: dalla volontà di Dio e dalla storia degli uomini che collaborano docilmente alla parola del Signore.
La Beata Vergine Maria che sempre ci accompagna avrà da lavorare con noi!
Però sarà contenta perché gioisce di tutte le volte che vede i suoi figli che ardono d'amore per Gesù e desiderano che in tutti gli angoli della terra sia riconosciuto il suo amore come il nome del Salvatore e Signore.
Ci accompagni Lei con la sua intercessione in questo meraviglioso e avventuroso cammino che farà di voi del "pescatori di uomini".
A tutti il mio fraterno saluto, carissimi allievi Catechisti, convenuti all'Unione Catechisti per essere aiutai a conoscere meglio Gesù e per trovare insieme la capacità di annunciare al mondo il suo amore per gli uomini.
Il nostro primo incontro ai piedi di Gesù, presente e vivo tra noi, è per esprimere in primo luogo a Lui il nostro amore riconoscente per la sua immensa grandezza;
e ciò con uno stupore sempre nuovo per l'infinito amore che Egli ha per le sue creature e per l'onore che ci ha fatto chiamandoci a collaborare più direttamente al grande compito dell'evangelizzazione.
Grazie a tutti voi, carissimi, per la vostra generosa risposta al Signore, grazie per la vostra disponibilità ad operare con tutte le vostre forze, attraverso la catechesi, alla crescita del Regno di Dio.
Tutta la realtà diocesana, sollecitata dal nostro Cardinale, è oggi partecipe di questo vasto e profondo impegno di evangelizzazione.
All'attuazione di questo compito che è di tutti i cristiani, ma in modo particolare dei Catechisti, anche noi con questo Corso cerchiamo di corrispondere.
La Liturgia di domani, XXVII domenica del tempo Ordinario, ci ricorda che la nostra forza sta nella fede.
Di fronte al grande compito dell'evangelizzazione del mondo sperimentiamo tutti la nostra incapacità e insufficienza.
Non dimentichiamo allora che la nostra efficacia nell'apostolato e nella catechesi dipenderà innanzitutto dalla nostra fede e dalla qualità della nostra fede che deve essere umile, vigorosa e servizievole.
Una fede che consista nel credere senza riserve a tutto ciò che Dio ci ha rivelato e nell'affidarsi totalmente a Lui, riconoscendoci servi inutili.
Come tutti potete constatare viviamo in un mondo incline al secolarismo e al materialismo ormai dilaganti.
Gradatamente anche i cristiani perdono il fervore e la fede di altri tempi, giungendo ad emarginare praticamente Dio dalla realtà e dal vissuto di ogni giorno.
Urge pertanto rievangelizzare i battezzati, carissimi allievi Catechisti, urge ridire loro che "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio perché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia la vita eterna". ( Gv 3,16 )
Questo è il compito che ci attende, un compito entusiasmante ma anche impegnativo.
Sappiamo che occorre conoscere Gesù per poterlo annunciare, ma questo non basta, occorre che il nostro annuncio sia credibile:
e questo si realizza solo quando si vive ciò che si annuncia.
La fede si riaccende innanzitutto per contagio.
Se lasceremo trasparire la presenza e l'amore di Dio che c'è in noi, Egli potrà più facilmente raggiungere quanti ci avrà affidati e, non appena il loro cuore si aprirà alla sua accoglienza,
potrà continuare a donare loro il suo Spirito.
Che tutti possiamo avere questa totale disponibilità a Dio,
superando generosamente la fatica di questi anni formazione,
è il fraterno augurio che vi faccio all'inizio di questo nuovo anno formativo.
La Vergine Immacolata, alla quale ci affidiamo con amore di figli, ci protegga e ci sostenga in questo nostro cammino.
Leandro Pierbattisti