Il tempo dell'attesa

14-12-2003

Don Mauro Agreste

Indice

1) Il popolo era in attesa
2) Non c'è più una concezione cristiana del tempo
3) Se manca il tempo come incontrarci con Dio?
4) Lontani da concezione cristiana dell'uomo
5) L'uomo vale per quello che fa
6) La figliolanza divina
7) Il dono del Battesimo
8) Non funzioniamo a due velocità
9) Gesù per 30 anni lavora concretamente e spiritualmente
10) I nostri doveri di stato
11) La comunione è con tutta la Chiesa
12) Grandi conseguenze
13) Vita sociale a servizio dei fratelli
14) Il valore dell'attesa
15) Il tempo dell'Avvento
16) L'attesa
17) La mia vita è ordinata all'incontro con Gesù?
18) Cosa dobbiamo fare?
19) Battesimo di conversione e di redenzione
20)Compiacimento per la nostra vita: orgoglio e autosufficienza
21) Dio aspetta. Noi ne siamo capaci?

1) Il popolo era in attesa.

Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni il Battista, se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose tutti dicendo……IO penso che qui ci sia veramente un punto fondamentale del Vangelo, che ci viene proposto in questa terza domenica di avvento, domenica chiamata "gaudete" cioè gioite, infatti tutte le letture ci parlano della gioia.

In questa domenica c'è questa domanda che ci spinge veramente a cogliere il significato della nostra gioia.

Il popolo era in attesa, tutti stavano aspettando.

Allora in qualche occasione ci è capitato di fermarci a riflettere sul valore dell'attesa e abbiamo constatato come il tempo e la cultura, in cui noi siamo inseriti, sono acerrimi nemici dell'attesa.

2) Non c'è più una concezione cristiana del tempo.

Noi siamo inseriti in una concezione del tempo che non è più una concezione cristiana del Tempo.

Il tempo è diventato un ingranaggio in cui noi siamo macinati, nonostante noi stessi.

Il tempo ci sfugge dalle dita, perché il tempo è stato riempito di tante cose.

Sembra quasi l'antico "timor vacui", la paura del vuoto, questo vuoto che deve assolutamente essere riempito, solo che si sbaglia l'obiettivo su come questo vuoto debba essere riempito.

Il tempo, che è dono del Signore, è la situazione particolare in cui noi possiamo incontrarci con Dio.

3) Se manca il tempo, come incontrarci con Dio?

Se ci viene a mancare il tempo, ecco che la possibilità dell'incontro col Signore si fa sempre più flebile.

Allora la prima presa di posizione è quella che ci fa rendere conto di come la nostra vita sia presa nella frenesia delle molte cose da fare, dei tanti impegni da assolvere, che hanno tutti una grandissima importanza al punto che giungono alla capacità di spersonalizzarci, cioè di togliere a noi stessi il senso di quello che stiamo facendo e di quello che siamo.

4) Lontani da concezione cristiana dell'uomo.

Sembra proprio che la cultura di adesso, sia molto lontana da una concezione cristiana dell'uomo, che l'uomo non viene più considerato nei suoi valori esistenziali in tutte le sue dimensioni.

L'uomo viene considerato niente di più che una macchina, una macchina che deve produrre, una macchina che deve consumare, una macchina che non deve mai avere tempo libero per soffermarsi a riflettere su ciò che è.

5) L'uomo vale per quello che fa.

Tutto questo ha portato ad una errata concezione del valore della persona umana, secondo la quale una persona vale per quello che fa, non per quello che è.

Ed è esattamente la cultura in cui noi ci veniamo a trovare, la cultura in cui noi siamo chiamati ad essere i seminatori della parola del Signore, è una cultura il cui campo deve essere ancora tutto dissodato.

Non possiamo rivestire di cristianesimo le persone che incontriamo, senza che prima questo cristianesimo sia accolto nel profondo del cuore.

È molto diffusa la concezione secondo la quale una persona è importante in base a ciò che fa: il dottore, l'ingegnere ecc. potete immaginare com'è il pensiero comune delle persone; dimentichiamo invece che in questo modo, che ragionando anche noi, soggiacendo a questa logica, ci estromettiamo da quello che è il modo di pensare cristiano.

Detto in parole semplice, uno non è importante per quello che fa, ma per quello che è.

6) La figliolanza divina.

E allora diciamocelo chiaramente, noi siamo i figli di Dio per questo siamo importanti: siamo importanti perché Dio ha fatto di noi qualche cosa di straordinario, di impensabile, dirò di più, di impossibile da fare per gli uomini; nessuno di noi ha la possibilità di acquistare la figliolanza divina, se non è Dio che gliela dona.

Ci furono molti uomini santi, prima della venuta di Gesù Cristo: Abramo, Mosè, i santi Patriarchi, Isaia, Elia, ma pur nella loro rettitudine e nella loro bellezza spirituale non li ha mai fatti giungere alla figliolanza divina.

Lo stesso Giovanni Battista, che oggi troviamo nella liturgia è esaltato dal Signore Gesù e lo pone come esempio, però dice, tuttavia: il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

Allora questo ci fa capire molte cose, che il Signore ha una altissima concezione di ciò che lui ha fatto in favore nostro.

Lui si è preso sulle spalle i nostri peccati e le nostre colpe e anche le nostre pene e le ha espiate Lui al posto nostro.

Perché essendo Lui veramente, totalmente uomo, senza smettere di essere Dio e comportandosi da uomo, da perfetto figlio di Dio, ha dato a noi la possibilità di acquistare questa figliolanza(lo troverete nel primo cap. del vangelo di Giovanni, il famoso prologo)

7) Il dono del Battesimo.

"A quanti però hanno voluto, ha dato la possibilità di diventare figli di Dio".

Questa è una possibilità per noi ed è anche un dono, un dono che abbiamo ricevuto dai nostri genitori, i quali a nome nostro andarono dal sacerdote e chiesero alla Chiesa il dono più grande per il loro figlio, il Battesimo.

E da quel momento il regalo più grande che potevano farci ha cominciato a produrre in noi una straordinaria novità: siamo divenuti pazzescamente importanti; da qui dipende il fatto che tutto quello che facciamo è diventato importante, perché Dio ha fatto di noi delle persone importanti, i figli di Dio.

Allora vediamo in questo modo come Dio sia estremamente interessato a quelle che sono le attività umane.

È una polemica tutta illuministica, che è stata sposata grandemente dalla cultura laicista in cui siamo inseriti nella nostra vecchia Europa, che non è la cultura laica.

Perché voi tutti siete laici, ma non siete laicisti; qui l'unico consacrato sono io.

Però capite bene che c'è una grande differenza tra laico e laicista.

La cultura laicista è la cultura in opposizione alla visione di consacrazione, che tutti noi abbiamo in virtù del battesimo, e allora voi siete laici che appartenete a Gesù Cristo in virtù del Battesimo, non che siete opposti a una visione religiosa.

Perché con il Battesimo, Dio che abita dentro di voi e dentro di noi è assolutamente interessato a tutte quelle che sono le esperienze e gli spessori(?) e le manifestazione della natura umana.

Tutto quello che tu vivi non puoi catalogarlo in esperienza religiosa ed esperienza laica, perché sei sempre tu.

Tu sei il figlio di Dio che si occupa di cose del mondo e di cose spirituali.

Di te Gesù ha detto: "Sei nel mondo, ma non sei del mondo".

Quindi questa dialettica tutta illuministica è assolutamente superata dal mistero dell'incarnazione.

8) Non funzionano a due velocità …

E da una parte vediamo che Dio si fa uomo, affinché gli uomini siano deificati, questo dice san Giovanni Crisostomo, uno dei santi padri della Chiesa dei primi secoli.

Dunque nella Chiesa c'è da sempre questa concezione altissima sul valore della persona umana e di tutto ciò che essa compie nel mondo.

Però dobbiamo stare attenti a non cadere in questa polemica, che tende a dicotomizzare a dividere ciò che noi siamo nell'unità.

Non possiamo pensare che la nostra vita funzioni a due velocità, una velocità quando siamo in chiesa, un'altra velocità quando siamo fuori.

Siamo sempre noi, lo Spirito di Dio e lo stesso Spirito di Dio che abbiamo quando siamo qui a fare l'adorazione ed è lo stesso Spirito di Dio che abbiamo fuori, quando incontriamo le persone in strada, in ufficio, nell'impegno sociale e persino nell'impegno politico.

Non esiste divisione, non esistono ambiti in cui al cristiano sia precluso l'intervento.

Chi pensa una cosa di questo genere, non pensa una cosa giusta.

Neppure le suore di stretta clausura, con doppia grata, la pensano così.

Forse qualcuno pensa che quelle siano delle recluse e siano fuori del mondo: nessuno è più al centro del mondo di loro, nessuno.

Perché tutte quelle che sono le nostre necessità, di noi che viviamo nel mondo, sono da loro continuamente prese e presentate all'altare del Signore, affinché noi che viviamo attivi nel mondo, sappiamo essere fedeli a ciò che Dio ha fatto di noi e cioè i figli di Dio.

9) Gesù per 30 anni lavora concretamente e spiritualmente.

Ricordiamoci bene che Gesù è vissuto nella propria famiglia per più di trent'anni e per più di 30 anni non è passato da un esercizio spirituale all'altro.

Per più di 30 anni Lui è vissuto nel mondo, con le strutture del mondo, vivendo come vivevano gli altri, ma non appartenendo al mondo.

Quindi se Gesù era un artigiano, perché aveva imparato da Giuseppe a fare il falegname e quindi aveva un'impresa di falegnameria, non era un poveraccio, come avrà lavorato?

Spiritualmente o concretamente? O concretamente e spiritualmente, come?

Concretamente e spiritualmente.

10) I nostri doveri di stato.

Allora per il cristiano non è possibile dividere l'ambito spirituale dall'ambito dell'impegno nella società, dall'ambito civile, da quelli che sono i tuoi doveri di stato; e i tuoi doveri di stato non sono solo quelli vocazionali.

Tu sei sposato e quindi hai doveri di stato, ma i tuoi doveri di stato sono da sposato nella società.

Questo vuol dire che la tua vocazione e la tua figliolanza di Dio si esprime nella chiesa, nel mondo, con il particolare colore che ti contraddistingue e cioè nel matrimonio e nel tuo impegno nel mondo, quindi da cristiano sposato nel mondo.

Guarda quante specificazione il Signore vuole esprimere attraverso di te, perché questo significa la presenza di Dio nel mondo attraverso te.

Il laico è la persona che manifesta la presenza di Gesù nel mondo qui e adesso.

11) L a comunione è con tutta la Chiesa.

La presenza reale di Gesù c'è in questa cappella? Dov'è?

Siete sicuri che sia lì? Perché non c'è e lì non c'è?

Allora vi dirò un'altra cosa: ricordiamoci che il mistero eucaristico è più grande delle ostie consacrate.

Evidente che lì c'è la presenza reale: corpo sangue anima e divinità di nostro Signore Gesù Cristo, ci siamo?

Ma la presenza eucaristica è la presenza del corpo di Cristo.

Io quando faccio la comunione e mi cibo della presenza reale e misteriosa di Gesù Cristo, mi cibo del corpo di Cristo, si o no?

E il corpo di Cristo non è forse la Chiesa? Si, allora vuol dire che io quando assumo l'Eucarestia sto facendo comunione con Gesù Cristo e con tutta la Chiesa.

12) Grandi conseguenze.

Qui abbiamo grandi conseguenze, anche terrificanti, perché se io a un certo momento non sono in comunione con mio fratello battezzato, io posso fare la comunione?

Se io nutro odio, rancore, divisione, critica, menzogna, ma io non sono nella comunione che mi permette di essere e di fare fisicamente la comunione eucaristica.

Se io non perdono, non mi faccio perdonare, se io non sono nella giustizia, se il mio modo di vivere dà scandalo, io sono in comunione con Gesù Cristo? No.

Sono in comunione con la Chiesa? No.

Quindi vedete che le conseguenze sono notevoli.

13) Vita sociale a servizio dei fratelli.

Nel mio vivere socialmente, il mio impegno sociale e anche politico, da cristiano posso dire: non mi impegno in queste cose, perché son tutte cose che non vanno d'accordo con la spiritualità?

Ha senso? Non ha senso, perché il corpo di Cristo che è la Chiesa, che è li fuori, ha bisogno che tu che fai parte del Corpo di Cristo che è la Chiesa, ti metta a servizio dei tuoi fratelli.

E il Santo Padre infatti ha detto chiaramente che uno dei più alti ambiti del servizio della carità è quello sociale e politico.

Questo non vuol dire camuffarsi nel mondo per dire: ah per avere più voti io non esprimerò veramente quello che è il pensiero della Chiesa, con sicurezza e anche senza paura di essere contraddetto.

Ma non è necessario farsi eleggere in qualche partito, per portare avanti la testimonianza cristiana, perché la testimonianza cristiana tu la puoi portare avanti anche nel tuo lavoro dove non è facile testimoniare con coerenza.

Colui che vive dentro di te, dove sai molto bene e molto facilmente che qualcuno cercherà di emarginarti, facendoti apparire come una persona scioccherella, vanerella, che ha bisogno di nascondersi dentro una sacrestia, per avere una conferma della propria identità personale.

Tu sai che non è vero? Allora se lo sai , non lasciare che ciò che pensano gli altri condizioni la tua vita, perché tu vivi da cristiano e fai cose importanti, perché sei figlio di Dio , perché Lui vive dentro di te, non perché c'è bisogno di fare….

14) Il valore dell'attesa.

Ecco, poiché il popolo era in attesa…., ma guardate quante cose sono emerse solo dalla considerazione di quello che è il tempo in cui noi siamo.

Un altro punto di riflessione sarebbe questo: il valore dell'attesa, la capacità di attendere, perché si sa ciò che si attende.

Il problema del cristianesimo odierno è questo: non si sa che cosa aspettare.

Che cosa stiamo aspettando? La festa di Natale e il cenone di Natale, Capodanno, i botti, lo spumante.

Che cosa stiamo aspettando? Riempiamo tutto di lucine, di stelle di Natale, candeline, perché? Per il Signore o per noi?

Ma a me pare che il compleanno lo celebri Lui e allora perché facciamo festa noi?

Allora vuol dire che noi cosa stiamo aspettando? La festa non Lui.

Vi ricordo che il tempo dell'avvento, lo dice la parola, è il tempo della venuta.

Le prime due settimane dell'avvento, le parole che ci sono nella liturgia sono tutte parole che ci parlano del ritorno di Gesù Cristo.

Lo stai tu aspettando? Questa è l'attesa, che cosa sto aspettando?

Perché il Signore potrebbe tornare tra 10.000 anni, ma potrebbe tornare anche fra 10 minuti.

Lo stai aspettando tu? Questo è aspettare.

Aspettare significa una forma di nostalgia.

Quando tu hai una persona che ti dice, guarda che ti vengo a trovare tra un mese, tu per tutto il mese non vedi l'ora che arrivi quel giorno, a meno che sia una persona antipatica che dici: ah! mamma mia, speriamo che passi in fretta il tempo.

Ma se è una persona a cui tu tieni dici: ancora non né arrivato il tempo?

15) Il tempo dell'Avvento.

Il tempo dell'Avvento ci spinge a questa riflessione.

Tempo dell'Avvento, il colore viola, voi sapete che abbiamo già riflettuto sia sull'Avvento che sulla Quaresima, che è il colore dell'attesa.

Il viola prima dell'alba indica una giornata meravigliosa.

Il viola alla sera e al tramonto ci dice che domani sarà una giornata meravigliosa.

Quindi il viola preso nella liturgia con il simbolo che ci faccia pensare al futuro, a ciò che verrà, all'attesa.

Non sappiamo più attendere, non abbiamo più mete da attendere.

Volete una prova? Ma non ci siamo resi conto che il Natale ci è arrivato addosso a una velocità incredibile?

Questo ci fa capire che siamo talmente trascinati in tante cose che non abbiamo neanche il tempo dell'attesa.

Forse quando eravamo piccoli c'era la poesia che ci aiutava a dire: uh! La notte di Natale si aspettava.

Ecco questo noi dovremmo ricuperare, la semplicità del bimbo che sa aspettare.

16) L'attesa.

Tutta la nostra vita è un accorciare di questa attesa, ogni giorno che passa diventa più breve, fino al giorno in cui Lui verrà, busserà e dirà: Eccomi, mi aspettavi? No, non ti aspettavo.

Ma come? Oppure: si Signore, era ora, ma da quando ti stavo aspettando.

Davvero? Guardate che a me capita di parare con certi credenti che poi quando si dice: ah! ma finalmente il Signore, un certo momento verrà…

Ma lascia perdere, ma tocca ferro, ma com'è sta storia, questa è una valle di lacrime, dove si piange molto bene

Calma, mi sta bene, ma spiritualmente parlando, uno deve anche farsele queste domande, deve avere il coraggio di farsi queste domande.

17) La mia vita è ordinata all'incontro con Gesù?

Noi viviamo per l'aldilà, questo è un passaggio.

Quando un bimbo nel grembo della mamma non vuole nascere, è grave, è pericoloso e i medici devono intervenire con delle iniezioni per farlo nascere, come se questo non volesse venire alla luce.

Allora cristianamente dobbiamo domandarci e dobbiamo riflettere seriamente: ma la mia vita cristiana è ordinata all'incontro gioioso con Gesù Cristo o con l'incontro terrificante con Gesù Cristo.

Perché se il mio incontro è terrificante, vuol dire che la mia coscienza non gira tanto bene, siete d'accordo?

18) Cosa dobbiamo fare?

L'ultima cosa che vorrei richiamare sono queste tre domande, ripetute nella prima parte del brano che oggi la liturgia ci propone.

Che cosa dobbiamo fare? Guardate che è una domanda emblematica, perché è una domanda molto forte, indica sempre lo spartiacque, l'apice del cammino umano e spirituale di una persona.

Da quel momento lì in poi interviene la grazia di Dio.

Quando tu sei salito sulla montagna e sei arrivato in cima, c'è niente da fare, non puoi far altro che scendere, ma in quel momento ci viene questa domanda: che dobbiamo fare?

Vi ricordo che negli Atti degli Apostoli, dopo la Pentecoste, Pietro, ripieno dello Spirito Santo fa un favoloso discorso: cinque minuti, tremila persone si sentono trafiggere il cuore.

Noi facciamo tremila minuti di discorso e neanche cinque persone si convertono.

E che cosa accade? Che cosa dicono queste tremila persone?

Che cosa dobbiamo fare? Allora quando nella scrittura troviamo questo: che cosa dobbiamo fare……

Sappiamo che il cammino umano della persona è terminato.

19) Battesimo di conversione e di redenzione.

Adesso la persona sta invocando un cambiamento, un intervento della Grazia.

Che cosa dobbiamo fare? …Giovanni ovviamente era prima della manifestazione di Gesù Cristo, quindi propone quello che lui aveva ritenuto dovesse essere proposto, cioè il battesimo di conversione: prima avete sbagliato, ora non sbagliate più.

Il Battesimo di Gesù Cristo è un Battesimo di redenzione, cioè a dire: da adesso ti faccio una creatura nuova, cioè sei arrivato in cima alla montagna, adesso non scendi giù dall'altra parte, adesso ti prendo io e ti porto ancora più in alto.

Adesso ti faccio essere veramente ciò che io ho sognato che tu fossi, figlio di Dio.

Allora che cosa dobbiamo fare? Questa è la domanda che dobbiamo porre a ciascuno di noi in questo ritiro che ci prepara ormai per solo dieci undici giorni che ci separano dalla solennità del Natale.

20) Compiacimento per la nostra vita. Orgoglio e autosufficienza.

E questa la domanda che ci dobbiamo porre: che cosa devo fare?

Mi accontento così della mia vita, della mia esistenza e dico, compiacendomi di me stesso: ma insomma in fondo sono meglio di tutti quegli altri e anche di quel pubblicano che è là in fondo, io pago la decima persino della mentuccia.

E intanto il fariseo uscì dalla sinagoga con un peccato d'orgoglio in più; il pubblicano che invece era umile e diceva: Signore, ma io sono proprio una schiappa, ma se non mi salvi non riesco a fare niente; il pubblicano uscì fuori redento e salvato.

Allora il nostro cammino spirituale non ci faccia mai cadere nella tentazione dell'orgoglio e dell'autosufficienza, perché se da una parte, c'è l'indifferenza di coloro che dicono, ma si, ma insomma, dall'altra parte ci potrebbe essere l'autosufficienza di coloro che dicono, ecco io ormai ho raggiunto un grado spirituale che mi permette di essere al sicuro.

Ma cosa? Proprio dicendo quello, stai testimoniando che stai precipitando giù in un burrone.

21) Dio aspetta, noi ne siamo capaci?

Allora fratelli e sorelle il ritiro di Avvento ci spinge davvero alla contemplazione di questo Dio che aspetta.

Ma noi siamo capaci di aspettare? Pensate quanto ha aspettato Dio e San Paolo dirà nelle sue lettere: Dio nella pienezza dei tempi, mandò suo figlio, nato da donna, nato sotto la legge.

E questo vuol dire che Dio ha aspettato il tempo giusto.

E Dio aspetta, lo dice nel vangelo di Giovanni al cap. 14 e nel libro dell'Apocalisse al cap. 3: Io sto alla porta e busso……

E continua a bussare finché non gli apriamo