25 Aprile 1966
Diletti Figli e Figlie!
Siate i benvenuti a questa Udienza, che Ci offre l'occasione di salutarvi e di benedirvi.
È un'Udienza, come vedete, tanto numerosa e formata dai gruppi più vari, provenienti da sedi vicine e lontane, le più diverse.
Non vorremmo che in voi rimanesse un'impressione poco buona di questa Udienza, come quella che confonde e soffoca ciascuno di voi nella moltitudine e nella ressa dei presenti, e che appena vi consente di vederci e di ascoltare qualche Nostra parola.
Vorremmo invece che restasse nei vostri animi un'altra impressione, quella dell'amore.
Dell'amore che qui vi accoglie come figli, dell'amore che qui vi rende tutti fratelli, dell'amore, che la vostra stessa riunione mette in evidenza ricordando a ciascuno ed a tutti d'essere membri di quella società religiosa, che si chiama la Chiesa, e che è tenuta insieme, oltre che dalla medesima fede, dalla forza coesiva dell'amore;
dell'amore, che scende da Dio e che attribuiamo allo Spirito Santo e chiamiamo « grazia », perché è un dono, una grazia, un'azione sopra-naturale della carità di Dio per noi;
e dell'amore, che intercede fra tutti coloro che appunto sono partecipi della medesima fede e della medesima grazia, e formano così una famiglia spirituale, anzi un solo Corpo Mistico, che si chiama la Chiesa, e che dall'amore deriva, per l'amore vive, e all'amore conduce.
Se voi riportaste di questa Udienza questo pensiero, vorremmo quasi dire questa esperienza interiore, Noi crediamo che ne avreste buon ricordo, anzi buon frutto spirituale.
Ci aiuta a fissare in questo momento il nostro pensiero su tale tema, il tema dell'amore, che tiene insieme la Chiesa e ne forma il felice e misterioso respiro, il brano di Vangelo che abbiamo letto nella Messa di ieri, il Vangelo del « buon Pastore ».
Ricordate questa definizione che Gesù ha dato di Se stesso: « Io sono il buon Pastore » ( Gv 10,11 ): quale immagine semplice, espressiva, attraente, confortante.
Quale immagine bella e grande ed eroica, se pensiamo che Gesù ha detto d'essere buon Pastore per il fatto ch'Egli dà la sua vita per il suo gregge; cioè Egli consacra al suo gregge, cioè all'umanità, a ciascuno di noi, il suo amore, l'amore più grande: « Nessun amore è più grande, dice ancora il Signore, di quello di colui che dà la vita per coloro che ama » ( Gv 15,13 ).
E ricordate che la figura del buon Pastore, che porta sulle spalle la pecora ritrovata ( Lc 15,1-7 ), è la prima dell'iconografia cristiana.
Ancor prima di presentare l'immagine del crocefisso, l'arte e la pietà dei cristiani antichi fissarono lo sguardo sull'immagine di Gesù buon Pastore.
Così i primi cristiani delinearono e scolpirono Gesù, così lo pensarono, così lo pregarono.
Cioè: il cristianesimo primitivo intuì ciò che noi stessi, con la nostra teologia e con la nostra devozione, ancora comprendiamo e adoriamo: Gesù-amore.
E Noi vogliamo sperare che il pensiero di Gesù-amore, Gesù-Pastore, sia in voi tutti presente per il fatto che siete venuti a cercarne non solo il ricordo e l'immagine nella Nostra missione, anche se la Nostra povera persona non può rendere fedelmente la figura di Colui che a Noi è dato di rappresentare: voi vorrete fare uno sforzo, con la vostra mente e con la vostra fede, di vedere non Noi, ma in Noi, nel Nostro ministero apostolico, nel Nostro ufficio di Vicario di Cristo, Cristo stesso, Cristo nostro Pastore, Cristo nostro amore.
E sappiate difatti che il Nostro ministero, di guidare, ammaestrare, santificare la Chiesa, in nome di Cristo, unico e sommo Capo della Chiesa, vuol essere ed è servizio di amore.
Sì, questo pensate e ricordate venendo a questa udienza, e riportandone filiale memoria: comprenderete allora come bisogna giudicare la Chiesa, come aderirvi - per amore e con amore -; come difenderla, come servirla.
E comprenderete come amando la Chiesa, ed oggi ne date la prova, incontrate Cristo, amate Cristo; « Vescovo e Pastore - così scrive S. Pietro ( 1 Pt 2,25 ) - delle vostre anime ».
Tanto vi ottenga da Lui, dal Signore Gesù, la Nostra Benedizione Apostolica.