4 Maggio 1966
Diletti Figli e Figlie!
L'incontro, che ogni settimana Ci è offerto da questa Udienza generale, con tanti fedeli e visitatori, sempre nuovi e sempre numerosi, piega il Nostro pensiero verso il grande tema della Chiesa, il più ovvio, il più ampio, il più bello per questo momento di familiare conversazione.
Non vi stupite pertanto se ancora ne parliamo con voi.
Non avremo mai finito di parlarne, tanto è importante e tanto è fecondo d'insegnamenti.
Noi abbiamo accennato, la scorsa settimana, ai vari nomi, che nella Sacra Scrittura sono dati alla Chiesa; questa varietà indica la difficoltà a contenere in un nome solo l'esuberante ricchezza della realtà misteriosa della Chiesa, e indica pure una maniera didattica, mediante la quale la Sacra Scrittura ci introduce nella scienza della Chiesa.
Prendiamo uno di questi nomi; quello, ad esempio, di Casa di Dio.
È San Paolo che lo usa, scrivendo a Timoteo.
Egli dice: « … Ti scrivo affinché … tu sappia come diportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e base della verità » ( 1 Tm 3,15 ).
Questa immagine della casa, paragonata alla Chiesa, richiama alla mente altre immagini simili che troviamo nel libro sacro sempre riferite alla Chiesa.
Ancora San Paolo dirà dei cristiani: « Dei aedificatio estis, voi siete l'edificio costruito da Dio » ( 1 Cor 3,9 ).
E il pensiero corre alle parole di Gesù stesso: « Edificherò la mia Chiesa » ( Mt 16,18 ); corre alla pietra d'angolo ( Mt 21,42 ), ch'è Cristo medesimo, che sostiene tutta la costruzione, e corre a Simone, a cui Gesù cambiò il nome chiamandolo Pietro, perché fosse in certo modo assimilato a Cristo, suo Vicario visibile noi diciamo, nella funzione di fondamento, di sostegno dell'edificio, di cui Cristo dice di voler essere il costruttore, l'architetto, l'artista.
A quali concetti dottrinali ci guida allora questa immagine della Chiesa-casa di Dio?
Difficile dire in poche parole; ma ciascuno di voi può trovarli, quasi da sé.
Per esempio: la casa non è una dimora?
Non indica un'interiorità?
Un'abitazione dove una famiglia s'incontra?
Non dice una unità interiore, un'intimità vissuta e protetta?
Applicata ad una pluralità di persone, l'immagine della casa non c'insegna che questa pluralità deve formare comunità?
Che essa deve essere unita nell'amore, nella concordia, nell'identità di pensieri e di sentimenti?
Come potrebbe essere altrimenti la Chiesa di Cristo, concepita come la casa di Dio?
E se questa casa non è destinata soltanto a riunire la società ecclesiale, che vi abita, ma è destinata a rendere possibile, a provocare, in un certo senso, l'incontro dei fortunati inquilini con Dio, quella casa ci appare sacra, diventa tempio, ci mostra come la Chiesa è luogo vero e necessario per comunicare con Dio,
è il punto focale della sua luce,
è il posto dove Egli ci attende,
dove Egli a noi si concede,
dove gli possiamo parlare con fiducia,
dove possiamo godere della sua presenza,
dove si può vivere il « mistero » del rapporto istituito da Cristo fra Dio e gli uomini.
Nella Chiesa diventiamo « domestici Dei, familiari a Dio » ( Ef 2,19 ).
Basterebbe meditare questo concetto della Chiesa-casa di Dio per avere sorgente di pensieri senza fine: dov'è il pluralismo, che alcuni vorrebbero attribuire alla unica Chiesa?
Dov'è l'esteriorità, che altri vorrebbero rimproverare alla Chiesa visibile?
senza dire che quella similitudine della costruzione ci offre lo spunto per tante altre considerazioni.
La Chiesa è una costruzione in fieri, non è costruzione finita, è in via di compimento.
Non ci parla questo aspetto dell'immagine considerata della storia della Chiesa?
Del suo divenire, promosso da Cristo, il vero costruttore della sua Chiesa, mediante l'azione dello Spirito Santo; non ci parla della sua presente incompiutezza, del suo continuo accrescimento, della sua bellezza, che si rivela man mano che la costruzione si compie, cioè che i secoli passano?
Non ci ricorda questa immagine la perennità della Chiesa, la sua fedeltà ai propri fondamenti dottrinali e strutturali, la sua verità, eguale oggi a quella di ieri e di domani, ma sempre suscettibile di approfondimento, anzi di elevazione, nell'identità del contenuto e nella prodigiosa freschezza d'espressione?
Provate, Figli carissimi, a pensare la Chiesa come la dimora di Dio; vi troverete la risposta a tante incomprensioni che ne deformano il concetto; vi troverete l'invito ad entrare più addentro in questa casa benedetta, a conoscerla meglio, a dimorarvi con gaudio e con dignità; vi troverete la scoperta d'una grande fortuna, quella appunto di avere una casa; una casa dove l'amore ai fratelli è principio di coabitazione, e dove l'amore di Dio a noi, di noi a Dio ha la sua più felice e più promettente celebrazione.
A tanto vi esorta la Nostra Benedizione Apostolica.