26 Ottobre 1966
Diletti Figli e Figlie!
Questa udienza settimanale è diventata una lezione sulla Chiesa; una lezione elementare; ma, Noi speriamo, sostanziale, e presentata per avviare un pensiero, una riflessione, piuttosto che per dare insegnamenti organici e completi.
Così piace a Noi ora offrire alla vostra considerazione alcuni fatti, i quali svegliano in noi il concetto della Chiesa, e ci dànno il conforto di ravvisarla viva, buona, operante, stimolando in noi al tempo stesso un migliore desiderio d'esserle figli non ignari, non pigri, non degeneri.
Noi dicevamo: la Chiesa è un « segno ».
Cioè chi la guarda con occhio limpido, chi la osserva, chi la studia si accorge ch'essa rappresenta un fatto, un fenomeno singolare; vede ch'essa ha un « significato ».
Segno di che? quale significato?
Il Concilio ce lo ha ricordato e ripetuto: segno di Cristo; la Chiesa significa Cristo.
Dove e come la Chiesa significa Cristo?
Perché possiamo dire che la Chiesa è il « sacramento », cioè il segno sacro di Cristo?
Figli carissimi! abituatevi ad osservare.
Alla scuola del Signore bisogna essere vigilanti ed intelligenti, per non meritare il rimprovero che un giorno Gesù fece ai suoi discepoli: « Siete anche voi privi d'intelligenza? » ( Mt 15,16 ).
Ecco: noi sappiamo che Gesù è la Parola di Dio fatta uomo; Egli è il Rivelatore, Egli è il Maestro.
E sappiamo che Gesù ha trasfuso Se stesso, come Parola di Dio, nei suoi discepoli e ne ha fatto degli apostoli; ha impresso in loro la virtù dinamica della sua stessa missione; ne ha fatto dei « testimoni », li ha incaricati di diffondere l'annuncio del regno di Dio, di continuare la sua evangelizzazione; li ha inebriati, a Pentecoste, di Spirito Santo; e se li ha qualificati come portatori della sua parola ( cfr. At 14,11 ), autorizzati a promuovere e a guidare l'espansione del Vangelo, Egli, il Signore, ha dato a tutti i credenti il medesimo dono dello Spirito col medesimo obbligo, subordinato e moderato dalla gerarchia responsabile della comunità dei fedeli, di « profetare » ( « I vostri figli e le vostre figlie profeteranno », ricorda S. Pietro nel discorso di Pentecoste, At 2,17 ), cioè di annunciare il Vangelo, di testimoniare Gesù Cristo, di allargare la Chiesa.
È un fatto caratteristico, indice d'un'essenziale ragione d'essere, della Chiesa nascente, quello della sua innata forza espansiva.
Dicono, ad esempio; gli Atti degli Apostoli, narrando la dispersione dei primi fedeli fuggiti da Gerusalemme dopo l'uccisione di Stefano e l'assalto della prima persecuzione, che « coloro che s'erano dispersi, andavano di luogo in luogo evangelizzando la parola di Dio » ( At 8,4 ).
È caratteristico, diciamo, e indicativo: la Chiesa è una società in movimento, è un corpo religioso che deve espandersi; la Chiesa è mandata; la Chiesa è missionaria.
Questa è una verità fondamentale, che il Concilio ha così chiaramente e fortemente riaffermata, e che certo tutti voi avrete sentito cento volte ripetere, e con maggiore insistenza domenica scorsa, in occasione della giornata missionaria.
Ma è appunto qui che dobbiamo fermare l'attenzione.
Che cosa ci dice questo rinato fervore missionario?
che cosa significa questa moderna maturazione della coscienza missionaria?
che cosa indica l'estensione d'una vocazione missionaria a tutti i credenti?
che cosa manifesta questa imputazione, o meglio questa onorifica attribuzione dell'obbligo dell'apostolato a ogni singolo figlio della Chiesa?
Tutto questo significa che nella Chiesa persevera il mandato iniziale conferitole da Cristo; anzi persevera Cristo stesso.
Dove la Chiesa è missionaria, essa diventa segno di Cristo ( cfr. Decr. Ad Gentes, n. 15, n. 20, n. 21, n. 40 ).
E che cosa ci dice questo segno missionario di Cristo?
Ci dice che la fede, oggi, con tutte le opposizioni, le critiche, le sfavorevoli condizioni che la minacciano, non è spenta, ma conserva la sua originaria virtù di persuasione, di apostolato, di sacrificio.
Ci dice che Cristo sta tuttora operando il suo misterioso lavoro di attrattiva delle anime, di risposta alle loro insaziate aspirazioni, di vocazione alla testimonianza e alla santità.
Ci dice che Cristo mantiene la sua solenne promessa: « Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo » ( Mt 28,20 ).
Ci dice che l'abbandono del cristianesimo da parte di tanti uomini, figli della civiltà cristiana, trova compensi in altre parti dell'umanità; e a questo riguardo risuona terribile la voce del Signore: « Io vi dico … che molti verranno dall'Oriente e dall'Occidente, e sederanno a convito con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno gettati nelle tenebre esteriori, dove sarà pianto e stridore di denti » ( Mt 8,11 ).
Ci dice ancora che questa presenza di Cristo nel mondo, nella storia, nelle anime ci è significata senza clamore e senza gloria, ma con insuperabile bellezza umana e spirituale, da umili uomini e donne: che percepiscono la voce arcana del Maestro invitante e incitante: « Vieni! »; e che si strappano alle loro famiglie, alle loro occupazioni, alle loro terrene speranze, e partono, alla ventura, nel sogno paradossale e sublime di convertire il mondo, e nella previsione di dover faticare, soffrire, morire, senza lode mondana, senza premio umano, senza sapere che cosa sarà di loro; anime eroiche votate a Cristo, votate all'amore!
Ora l'opera missionaria è prudente, è organizzata, è sostenuta; ma, a bene osservarla, rimane tuttora quella follia, che solo la stoltezza della Croce rende sapiente.
Oh, salutiamo insieme la Chiesa missionaria; questa Chiesa sparsa per i quattro venti ( cfr. Didaché, 10,5 ), cui solo la fede e la carità tengono insieme;
questa Chiesa dei valorosi sacerdoti, laici, suore, catechisti, collaboratori, tutti operanti nella pazienza e nella bontà per « piantare » la Chiesa medesima;
salutiamola nelle sue nuove formazioni indigene, intente al mutuo arricchimento: della Chiesa, con le espressioni autoctone della loro civiltà, e di questa civiltà, con i tesori della verità e della grazia proprie del cristianesimo;
salutiamola nelle sue retrovie, nelle sue organizzazioni, che la generano e la sostengono;
salutiamola nel coro dell'intera cattolicità, che di essa si gloria, ad essa guarda in esempio, per essa si riconosce vivente e progrediente, e dietro ad essa ammira, come in segno e come in sogno, Chi appare sull'immenso cielo della storia, maestoso e misterioso, il Figlio dell'uomo e Figlio di Dio, Gesù eterno, che dice: « Non temere. Io sono il Primo e l'Ultimo, ed il Vivente: e fui morto, ed ecco sono vivo per i secoli dei secoli » ( Ap 1,17-18 ).
Ringraziamo la Chiesa missionaria, che fa balenare davanti ai nostri spiriti questa meravigliosa ed esaltante visione di Cristo; promettiamole di esserle solidali con le nostre preghiere e con la nostra collaborazione; mentre a lei, la Chiesa missionaria, ed a voi, Figli carissimi, diamo la Nostra Apostolica Benedizione.