11 Gennaio 1967
Diletti Figli e Figlie!
Voi che venite a visitare il Papa, con devozione filiale e con animo aperto, sentite certamente premere nelle vostre menti una quantità di domande, di curiosità, di reminiscenze d'ogni genere, storiche, artistiche, religiose; e se cercate di individuare quale sia la questione più importante, che qui si ridesta, trovate che è la questione della fede.
Se ascoltate la voce, che sale dalle vostre coscienze, sentite risonare la voce stessa di Gesù, quando interrogava Marta del Vangelo: « Credis hoc? »; credi tu tutto questo? ( Gv 11,26 ).
Viene alla memoria l'episodio dell'incontro di Dante con S. Pietro, nel canto XXIV del « Paradiso », quando l'Apostolo chiede al poeta pellegrino celeste: « Di', buon cristiano, fatti manifesto: fede che è? » ( vv. 52-53 ).
La fede infatti qui subisce una specie d'interrogatorio circa la adesione a quanto qui è proclamato:
ecco qui il successore di S. Pietro: lo credo io?
ecco qui la voce del Signore, che è dall'Apostolo ripetuta, spiegata, applicata, difesa;
ecco qui il magistero della Chiesa, che siede sulla sua cattedra più autorevole, e che esercita una delle sue supreme funzioni, quella d'insegnare, non una scienza qualunque, ma la Parola di Dio;
e d'insegnarla in nome di Cristo, d'interpretarla e di custodirla nel suo genuino significato, e, se occorre, in modo infallibile, in certi casi speciali e in certe forme solenni.
È importante esplorare l'impressione spirituale suscitata a questo riguardo nel visitatore del Papa.
L'impressione spirituale più comune - la vostra, Noi pensiamo - è quella caratteristica del fedele cattolico rispetto al magistero della Chiesa, cioè quella d'una consolante fiducia.
Il fedele cattolico sa che il Signore ha dato agli Apostoli un mandato e una autorità d'insegnare ciò che Lui stesso aveva insegnato; li ha incaricati d'essere i trasmettitori della sua Parola;
egli sa che questa Parola è collegata col piano della salvezza: l'accoglienza di tale Parola, cioè la fede, è condizione fondamentale per essere ammessi alle fortune del regno di Dio;
egli sa ancora che questa trasmissione avviene mediante una misteriosa ed efficace assistenza dello Spirito Santo, Colui che insegna agli Apostoli e alla Chiesa « ogni verità » ( Gv 16,13 ) relativa ai nostri rapporti soprannaturali con Dio;
e sa che tale trasmissione si compie con quella fedeltà rigorosa e garante dell'univoco e stabile senso del messaggio divino, che si chiama tradizione.
Sa cioé d'essere davanti ad un'istituzione misteriosa e meravigliosa della Bontà divina, che mediante questo apparato umano e gerarchico ha voluto che la Rivelazione fosse accolta, custodita, diffusa nell'umanità.
Siamo sempre davanti all'idea generale del disegno di Dio, cioè quella che la sua gratuita e soprannaturale comunicazione con gli uomini deve avere gli uomini per collaboratori, per strumenti, per segni della sua carità.
A coloro, che hanno sofferto vicende spirituali d'ogni genere per raggiungere la certezza obiettiva della fede, l'incontro col magistero ecclesiastico dà effettivamente un senso di riconoscenza a Dio, a Cristo, per aver affidato il suo salutare messaggio ad un organo inequivocabile e vivo, ad un servizio qualificato; cioè ad una voce autorizzata, non rivelatrice in realtà di nuove verità, non superiore alla sacra Scrittura, ( sebbene essa sia sgorgata dal magistero profetico ed apostolico ), ma eco subordinata e fedele e interprete sicura della Parola divina.
E, con la riconoscenza, la pace, la luce, il desiderio di ben meditare e di più sapere sul fondamento d'una dottrina ( altrettanto indiscutibile, quanto feconda ).
Noi auguriamo che questa sia anche la vostra spirituale esperienza in questo incontro con la sede principale del magistero ecclesiastico.
È così per tutti? Purtroppo no.
Oggi da qualcuno dentro la Chiesa, da tanti che le sono sì e no fedeli, e da molti che le sono intorno, ma estranei, si guarda con riserva, con diffidenza al magistero ecclesiastico.
Al magistero ecclesiastico si vorrebbe più che altro riconoscere oggi da alcuni l'ufficio di confermare la « credenza infallibile della comunione dei fedeli »; ed a questi si vorrebbe da altri, seguaci delle dottrine negatrici del magistero ecclesiastico, riconoscere la capacità d'interpretare liberamente, secondo il proprio intuito, che facilmente si pretende ispirato, la Sacra Scrittura.
La fede così diventa apparentemente facile, perché ciascuno se la modella come meglio vuole, ma perde la sua autenticità, la sua sicurezza, la sua vera verità, e perciò la sua urgenza d'essere ad altri comunicata; diventa un'opinione personale.
« Il soggettivismo dei moderni - scrive un teologo contemporaneo - ha obbligato a insistere sul fatto che questa obiettività del dato rivelato e tradizionale si troverebbe ridotta a niente, se fosse in potere di chi che sia di attribuirle il senso ch'egli giudica buono, e non in potere del corpo stesso ( la Chiesa ) al quale e per il quale la Parola divina è stata data, e specialmente, nell'interno di esso, ai membri responsabili del tutto, in virtù del loro mandato apostolico » ( Bouyer ).
Il Concilio ecumenico ha nuovamente proferito una autorevole parola, antica quanto la Chiesa, a questo proposito: « L'ufficio d'interpretare autenticamente la Parola di Dio scritta, o trasmessa, è affidato al solo magistero vivo della Chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo ».
Voi vedete, Figli carissimi, quanto sia formidabile l'ufficio affidato al magistero ecclesiastico, e quanto abbia bisogno della preghiera, della docilità, della conversazione, del consiglio anche e della fiducia dei fedeli, affinché sia rettamente e utilmente esercitato.
Noi vi chiediamo perciò di pregare per il Papa, il Quale di ricambio prega per voi e vi benedice.