3 Gennaio 1968
Diletti Figli e Figlie!
Questa udienza generale è caratterizzata in modo speciale dalla presenza dei Laureati Cattolici partecipanti al loro XXX Congresso Nazionale; e Noi non possiamo non essere felici di accogliere la schiera, così cospicua per numero e per qualità, d'un Movimento, che Ci è molto caro, per averne seguito lo sviluppo fino dalle origini e per averne osservato la perseverante e coerente attività, con cordiale compiacenza ed ammirazione, specialmente a riguardo della fedeltà ai principi informatori, a riguardo della singolare compattezza delle sue file, nonostante la sua eterogenea e mutevole composizione e la scioltezza della sua compagine organizzativa, ed a riguardo infine della sempre vigilante apertura alle questioni vitali della cultura nel rapido e spesso vorticoso corso del pensiero moderno.
Un saluto a tutti i dirigenti e a tutti i componenti del Movimento, specialmente all'illustre Presidente, il chiarissimo Professore Gabrio Lombardi, all'Assistente Ecclesiastico Centrale Mons. Emilio Guano e al Vice Assistente Mons. Clemente Ciattaglia, e a quanti con loro condividono la responsabilità e il merito del Movimento stesso; doppiamente lieti di ravvisare fra gli intervenuti volti d'amici del tempo che fu, e volti di nuovi aderenti a cui diamo di cuore il Nostro « benvenuto ».
Sarebbe Nostro piacere interloquire con le trattazioni e con le discussioni che qualificano cotesto XXX Congresso, essendo esso impegnato allo studio d'un tema da Noi meditato e in qualche misura illustrato in questo periodo, il tema del « senso cristiano della pace »; ma preferiamo lasciare ai maestri da voi scelti la parola in proposito, senza interferire con la Nostra, già abbastanza, Noi pensiamo, a voi nota circa argomento di tanta importanza e di tanta utilità, riservandoCi di trarre profitto Noi stessi dalle vostre riflessioni, che al solo sguardo dato al programma ed ai nomi degli oratori, pregustiamo come utili e sagge.
Abbiate a tale riguardo l'espressione della Nostra compiacenza e della Nostra riconoscenza
La vostra visita, cari Laureati Cattolici, alimenta in Noi un altro ordine di pensieri, del tutto diverso, ma a voi non estraneo, e a quanti partecipano a questa Udienza di non difficile e non superflua considerazione.
Ordine di pensieri non nuovo, né peregrino, ma anch'esso assai importante, e reso di grande attualità dal recente Concilio e dal recentissime Congresso circa l'apostolato dei Laici.
Si, vi diremo semplicemente che questo tema dell'attività del Laicato qualificato in seno alla Chiesa e al duplice vantaggio della Chiesa stessa e della società temporale moderna interessa profondamente il Nostro spirito e Ci persuade essere dovere del Nostro ministero apostolico farne assiduamente oggetto di pensiero e di parola.
Se la Chiesa, nelle discussioni e nei documenti conclusivi del Concilio, ha tanto parlato della definizione e della funzione del Laicato in mezzo al Popolo di Dio, cioè in mezzo alla Chiesa stessa, è segno che su questo tema siamo tutti impegnati a porre particolare attenzione.
La Chiesa del Concilio, nei suoi insegnamenti sui Laici, non ha soltanto esposto una dottrina meritevole d'essere posta in migliore luce, non ha soltanto fatto la sintesi delle idee e dei fatti, che, da oltre un secolo, hanno interessato la vita cattolica in ordine al Laicato e vi ha dato conclusioni assai autorevoli e positive, ma ha dimostrato di porre la sua fiducia circa il rinnovamento della coscienza e dell'efficienza della sua missione nel nostro tempo proprio nell'apostolato dei « fedeli Laici », dichiarando apertamente che « le circostanze odierne richiedono assolutamente che il loro apostolato sia più intenso e più esteso » ( Ap. actuos., n. 1 ).
Cosa ormai nota, ma non ancora penetrata sufficientemente nella convinzione pratica di molti cristiani.
Ora, Ci piace riconoscere, a questo riguardo, che tale principio, che tale canone della vita moderna della Chiesa era già acquisito in Italia, come in altri Paesi, quasi programma non già da discutere, ma da applicare; e possiamo ascrivere a merito vostro, Laureati Cattolici, non meno che di altri movimenti ed altre organizzazioni del campo cattolico, l'avere anticipato i tempi; voi siete il compimento « ante litteram » d'un voto del Concilio, e da codesta fortunata coincidenza della vostra modesta ma sincera formola di presenza e di azione nella comunità ecclesiale con quella amplissima, ma sostanzialmente identica proposta dal Concilio, voi dovete trarre tante confortanti conclusioni, non per invanire la vostra sorte, ma per sentirvi nuovamente e fortemente obbligati a proseguire umilmente e tenacemente nel vostro lavoro in tutte le sue varie esigenze e manifestazioni:
da quelle che riguardano la serietà e l'interiorità della vostra professione religiosa,
a quelle altre concernenti la passione, non spenta col conseguimento della laurea, ma sempre accesa, come possibile,
per lo studio, per la ricerca scientifica,
per il progressivo aggiornamento della vostra cultura,
per il rigore intellettuale e morale della vostra professione;
non che a quelle rivolte alla testimonianza e alla diffusione del pensiero cattolico
e alla capacità d'attrazione al senso cristiano della vita in mezzo ai colleghi e agli ambienti tra cui si svolge la vostra attività profana.
Cose note anche queste; notissime a voi che ne fate oggetto di continua riflessione, e - ciò che più conta - di virile osservanza.
E non aggiungeremo, fra i tanti pensieri che affiorano alla Nostra mente a questo riguardo, che un'osservazione, a Nostro avviso, preziosa circa il vostro apostolato, confortata anch'essa dagli insegnamenti conciliari ed estensibile, in forme similari, ad altri campi della vita cattolica.
Ed è questa: voi siete nella migliore condizione di esercitare l'apostolato nelle sue due forme fondamentali, la forma individuale e la forma collettiva.
Ognuno di voi può, e in certo senso deve, essere penetrato dal desiderio della diffusione, per via di esempio, di consiglio, di azione, del senso cristiano, come dicevamo, della vita; ognuno ha un suo modo personale e originale di professare la sua fede e la sua relativa concezione del mondo; ognuno può essere apostolo secondo il suo genio e le sue possibilità, e lo è di fatto se è cosciente ed operante in lui quella particolare tensione diffusiva che è propria dell'apostolato.
E poi insieme, collettivamente, voi potete operare ed operate, cominciando dalla risonanza che la vostra unione non può non avere sull'opinione pubblica, e coltivando quella forma elementare ma fecondissima di ricchezza spirituale ch'è l'amicizia.
Siate uniti, siate fra voi amici e già sarete apostoli.
Amici veri, diciamo; amici nella fede, amici nel pensiero e nell'azione, amici fedeli, amici della scuola di Igino Righetti e di tanti come lui che ci hanno fatti buoni e forti e felici con la loro amicizia.
Ed è questo il voto che Noi esprimiamo a voi, carissimi amici e figli Nostri, e lo convalidiamo con la Nostra Apostolica Benedizione.