17 Gennaio 1968
Diletti Figli e Figlie!
La nostra parola, quest'oggi, si sente obbligata a riferirsi al terremoto, che ha devastato un'ampia zona della Sicilia, facendo centinaia di vittime, migliaia di feriti, decine di migliaia di senza tetto, sconvolgendo la vita d'interi paesi e diffondendo lo spavento, la compassione, il dolore non solo nell'isola, ma nell'intera Nazione italiana.
Siamo anche Noi partecipi della pena di tanta sciagura; lo siamo con quanti ne soffrono; lo siamo con tutti coloro che si prodigano a recare soccorso e conforto; lo siamo con tutto il cuore.
Il cuore del Papa è come un sismografo, che registra le calamità del mondo; con tutti, per tutti soffre; e più lo deve per questa cara e povera gente, a Noi geograficamente e spiritualmente vicina!
Risuonano nel Nostro spirito le parole dell'Apostolo: « Chi è infermo, che anch'io non lo sia? » ( 2 Cor 11,29 ).
Ma perché a voi, cari visitatori, diciamo queste cose?
Perché voi siete venuti a trovarci per conoscerCi un poco da vicino, per guardarci nel cuore, e per vedere nel Nostro sentimento quello della Chiesa; ebbene, la Chiesa, che così si esprime, dimostra un aspetto fondamentale della sua costituzione, quello che la definisce una « comunione »; una società cioè simile ad un corpo, nel quale - sempre per usare la parola di San Paolo - « se un membro soffre, tutte le membra soffrono con esso » ( 1 Cor 12,26 ).
Cosi è la Chiesa, un sodalizio, ove la carità è principio vitale e legge al suo sentire e al suo operare; e a voi non deve dispiacere che verità così grande, così originale e così cristiana vi sia qui ricordata.
E a voi queste cose ancora diciamo per trovare conforto nella presente sventura, osservando come i segni della bontà e della fraternità si sono subito manifestati e moltiplicati intorno a quelle popolazioni infelici, da parte di tutti; dalle Autorità civili per prime, e poi da quanti hanno possibilità di recare qualche aiuto.
Ne diamo loro lode Noi stessi, che, pur nell'esiguità dei Nostri mezzi, non abbiamo voluto essere assenti nel compimento d'un dovere, che le proporzioni stesse della disgrazia rendono comune.
Questa grande afflizione Ci ha confermato con nuovi segni la sensibilità umana e cristiana d'un popolo, che non mai come nelle ore delle grandi prove dimostra la sua spirituale unità e la sua pronta generosità; e non dubitiamo che anche voi, con la compassione almeno degli animi nobili, vogliate essere solidali nel tributare cordiale sollievo a chi soffre e a chi piange.
E dicendovi queste cose non perderemo infine l'occasione per ricordarvi come l'incomprensibile fatalità di simili catastrofi non deve essere motivo d'interiore ribellione alla concezione d'un ordine buono e sapiente, sovrastante alle sorti della nostra fragile ed effimera vita, ma stimolo piuttosto a sempre bene impiegarla, questa vita, e a scoprire nel dolore stesso una fonte di superiore grandezza e di trascendente redenzione.
Per il cristiano tutto può volgere a bene; ed affermando questo misterioso ottimismo, non diventiamo artificiosamente insensibili, o scioccamente stoici davanti alla tragicità di certe angosciose situazioni dell'umana esistenza; ma piuttosto pietosi a comprenderla, questa tragicità, a condividerla, a consolarla.
La Croce ci è maestra.
E così, mandando un pensiero affettuoso e una preghiera fraterna alle vittime, morte o vive che siano, del terremoto siciliano, ed a quanti nel mondo intero soffrono e muoiono, metteremo nel cuore qualche buono e grande sentimento cristiano, che Noi, con la Nostra Benedizione Apostolica, vogliamo assecondare e avvalorare.