8 Maggio 1968
Diletti Figli e Figlie!
Quest'oggi avremo per tema del settimanale discorso ai Nostri visitatori l'annuncio d'un Nostro viaggio che, a Dio piacendo, Ci porterà a Bogotà, in Colombia, nel prossimo agosto, per assistere alla conclusione del Congresso Eucaristico internazionale, che sarà colà celebrato e sarà presieduto, com'è stato già pubblicato, dal Nostro Legato « a latere », il Cardinale Lercaro; e per aprire subito dopo la Conferenza generale dei Vescovi dell'America Latina.
Un viaggio, come ormai è Nostro costume, molto rapido, in aereo, e molto breve, di due o tre giorni.
Si tratta di due grandi avvenimenti, propri della vita della Chiesa; in onore, il primo, del « Mysterium fidei », dell'Eucaristia cioè, che, riproducendo il sacrificio redentore di Cristo, realizza la sua sacramentale presenza, e, nello stesso tempo, come ci ricorda il Concilio, significa e celebra l'unità della Chiesa ( cfr. Unit. redint. n. 2 ); in favore, il secondo, della efficienza gerarchica e comunitaria della Chiesa stessa nei territori vasti e vari dell'America Latina.
Due avvenimenti religiosi ed ecclesiali di eccezionale importanza, ai quali Ci sembra non possa mancare la Nostra umile, ma personale presenza, oggi, che i moderni prodigiosi mezzi di trasporto la rendono possibile.
Dobbiamo anche notare che inviti ufficiali dei Nostri Fratelli nell'Episcopato e dei Nostri Figli nella comunione della fede e della carità hanno amabilmente costretto il tradizionale riserbo del Papa a non allontanarsi dalla sua sede; e che simultanei inviti pressanti e cortesi delle Autorità civili Ci aprono il cammino e Ci consentono il soggiorno in quel Paese ospitale ed amico, ch'è la Colombia.
E per vero dire una lunga serie di Paesi dell'America Latina hanno a Noi rivolto calorose ed autorevoli chiamate ad una Nostra visita, in occasione di questo primo viaggio d'un Papa in quel continente; ma che purtroppo, con Nostro sincero rammarico e con viva sensibilità della cortesia di tali inviti, non potremo materialmente soddisfare, se non con spirituale e riconoscente adesione.
Questo Nostro nuovo viaggio offre motivo di qualche interesse per i cercatori di notizie e per gli osservatori degli avvenimenti esteriori; ma per Noi costituisce un fatto singolare nella vicenda storica contemporanea e futura della Chiesa; ed è per questa ragione che lo proponiamo a qualche vostra spirituale riflessione.
La prima riflessione ripete quella provocata dalle Nostre precedenti peregrinazioni: il Papa viaggia.
Che vuol dire?
Vuol dire, innanzi tutto, una sua riacquistata libertà di movimenti, che può essere iscritta in attivo delle sue presenti condizioni storiche e politiche;
vuol dire ancora che la mobilità propria del costume moderno si insinua anche nelle abitudini piuttosto statiche della vita pontificia, non del tutto estranea perciò ai ritmi delle presenti fluttuazioni umane;
e vuol dire, ed è ciò che più importa, che le vie del mondo sono aperte, anche logisticamente, al ministero del Papa: questo è molto significativo ed importante, e forse, con l'andar del tempo, potrà produrre notevoli cambiamenti nell'esercizio pratico del suo ufficio apostolico: già ne avvertiamo i sintomi nel moltiplicarsi degli inviti, che Ci provengono da ogni parte del mondo, non certo a profitto della regolarità e dell'intensità del Nostro lavoro in sede romana.
L'avvenire risponderà.
Ma fin d'ora la semplice ipotesi d'una maggiore facilità di spostamenti locali della persona e dell'attività del Papa lascia intravedere una più intensa eventuale circolazione di carità nella Chiesa, resa possibile da un fenomeno di maggiore evidenza della sua unità e della sua cattolicità.
Ma lasciamo questi sogni, o presagi che siano.
E fermiamo la Nostra riflessione sul Congresso Eucaristico internazionale, al quale Ci proponiamo di partecipare.
Non è la solennità esteriore che colà Ci attira, sebbene anch'essa abbia un suo altissimo valore, sia per l'intenzione cultuale che la suscita, sia per l'edificazione corale, che intende produrre nella folla partecipante al Congresso.
È l'affermazione del Mistero eucaristico che colà Ci attira;
una affermazione che vorrebbe essere, se possibile, universale;
e che, in ogni modo vuole consolidare fortemente ed esprimere, in forma inequivocabile, la fede di tutta la santa Chiesa cattolica nella triplice virtù santificatrice dell'Eucaristia: la memoria, che dev'essere in noi incancellabile e palpitante, della passione redentrice di Cristo;
il prodigio reale della presenza sacramentale di Cristo, che vive, convive con la sua Chiesa, la fiancheggia, la sostiene, l'alimenta, la compagina a sé, la unisce, la caratterizza, la sublima, la inebria;
il preludio escatologico, infine, la promessa cioè della parusia ed il pegno propri dell'Eucaristia, del finale e sfolgorante ritorno di Cristo al termine della storia presente dell'umanità ( cfr. nella Liturgia: O sacrum convivium, ecc.; Vonier, La chiave della dottrina eucaristica, p. 31 ).
Questo C'interessa, a conferma odierna della dottrina eucaristica, dottrina capitale nella Chiesa, nei confronti della inettitudine, della ambiguità, degli errori, di cui soffre qualche parte della generazione nostra rispetto al Mistero centrale dei nostri altari.
Il Congresso Eucaristico rimette sulle labbra Nostre e di quanti saranno nella nostra comunione la professione di Pietro: « Signore, e a chi andremo noi?
Tu solo hai parole di vita eterna » ( Gv 6,69 ).
E C'interessa che questa affermazione religiosa si celebri in quell'America Latina, che Ci è carissima; per la sua professione cattolica, per la grande schiera dei suoi Vescovi, per il risveglio di carità sociale che anima i buoni cattolici di quel continente, per i bisogni spirituali di quelle popolazioni, per i mirabili sforzi pastorali oggi colà operanti, per le folle di poveri, di umile gente, che attendono una nuova e provvida giustizia civile, per la pace e la prosperità cristiana di quell'immenso mondo Latino-Americano, al quale va fin d'ora il Nostro saluto e la Nostra Benedizione.