22 Gennaio 1969
Diletti Figli e Figlie!
In questi giorni stiamo celebrando la Settimana in favore dell'unione di tutti i Cristiani nell'unica fede e nell'unica Chiesa, secondo il supremo desiderio di Cristo ( Gv 10,16; Gv 17,11.21.23 ), ed in conformità ai voti del recente Concilio ecumenico, il quale dichiarò apertamente che « il ristabilimento dell'unità fra tutti i Cristiani è uno dei principali intenti » del Concilio stesso ( Decr. Unitatis redint. n. 1 ).
Non possiamo, non dobbiamo tralasciare di farne memoria in questa Udienza generale, che trae dall'attualità della vita della Chiesa i temi della sua pienezza spirituale.
Dobbiamo innanzi tutto ringraziare il Signore che una questione di tanta importanza sia ormai presente nella coscienza della cristianità, e lo sia con particolare interesse di riflessione teologica e di carità operativa in seno alla nostra santa Chiesa cattolica, la quale ritiene come una delle grazie più grandi che il Signore, fedele alle sue promesse evangeliche, le ha fatto d'aver conservato il dono ed il senso dell'unità nella fede e nella carità, ed ora gode, trepida e spera osservando come la ricerca di questa medesima unità, che possiamo dire proprietà misteriosa ( cfr. Gv 17,11 ) e costituzionale ( cfr. Mt 16,18 ) della vera Chiesa sia nelle aspirazioni profonde e nobilissime di quelle Chiese e comunità cristiane, che un giorno credettero poter prescindere da tale unità, e che tuttora non sono nella piena comunione della Chiesa unica e universale.
Questione viva, questione immensa, questione difficile, questione influente sulle condizioni non solo del cristianesimo, ma altresì della religione, anzi del progresso spirituale e della pace nel mondo.
E dobbiamo far nostra la questione stessa, perché impone anche a noi Cattolici di modificare la nostra mentalità, e perciò anche il nostro atteggiamento pratico in ordine ai rapporti con quanti si dicono e sono Cristiani al di fuori dei confini visibili del cattolicesimo.
I drammi strazianti delle separazioni avvenute nei tempi passati, le polemiche e gli errori dottrinali che marcarono tali separazioni, i conflitti politici e gli interessi divergenti che ne seguirono, il dovere ed il bisogno di difendere una rettitudine dottrinale e di conservare la compagine ecclesiale, gli ammonimenti dell'autorità e della legge canonica hanno prodotto nel nostro campo uno stato d'animo difensivo e diffidente verso i Cristiani separati, verso i quali dobbiamo ora guardare con nuovo spirito.
Qual è questo nuovo spirito?
È uno spirito, innanzi tutto, di rimpianto e di desiderio, di umiltà, di carità e di speranza.
Non possiamo più rassegnarci alle situazioni storiche della separazione.
Non possiamo più accontentarci d'un semplice e chiuso atteggiamento di difesa.
Dobbiamo almeno soffrire delle lacerazioni avvenute nel corpo mistico e visibile di Cristo, che è la Chiesa una ed unica.
Dobbiamo umilmente riconoscere la parte di colpa morale che i cattolici possano avere avuto in tali rovine.
Dobbiamo apprezzare ciò che di buono si è conservato e coltivato del patrimonio cristiano presso i Fratelli separati.
Dobbiamo pregare, e pregare a lungo e cordialmente per meritare la loro riparazione.
Dobbiamo riprendere, ben s'intende, con la dignità e la prudenza proprie delle questioni gravi e difficili, contatti cortesi ed amichevoli con i Fratelli da noi tuttora divisi.
La Chiesa cattolica ha pubblicato ( 26-5-1967 ) una prima parte del « Direttorio per l'applicazione delle deliberazioni del Concilio Vaticano II sull'ecumenismo »: faremo bene a conoscerlo e a seguirne fedelmente le norme.
Dobbiamo, in una parola, diventare apostoli della ricomposizione di tutti i Cristiani nell'unica Chiesa di Cristo.
Il numero quattro del Decreto conciliare sull'ecumenismo merita d'essere da tutti letto e meditato.
E questa idea ecumenica è sembrata, poi, ai nostri giorni, così logica e così felice, che, si può dire, trova dappertutto ammiratori e fautori.
Facciamo attenzione, Figli carissimi, di non compromettere il cammino e l'esito d'una causa di somma importanza, qual è quella dell'autentico ecumenismo, con procedimenti superficiali, frettolosi e controproducenti.
Si notano infatti fenomeni pericolosi e dannosi in questo improvviso entusiasmo di riconciliazione fra cattolici e cristiani da noi separati.
Alcuni aspetti di questa incauta precipitazione ecumenica devono essere tenuti presenti affinché tanti buoni desideri e tante fortunate possibilità non abbiano a perdersi nell'equivoco, nell'indifferenza, nel falso irenismo.
Quelli, ad esempio, che vedono tutto bello nel campo dei Fratelli separati, e tutto pesante e censurabile nel campo cattolico non sono più in grado di promuovere efficacemente ed utilmente la causa dell'unione.
« Come osservava con tristezza ironica uno dei migliori ecumenisti contemporanei, protestante costui: - il più grande pericolo per l'ecumenismo è che i cattolici non vengano ad entusiasmarsi per tutto ciò di cui noi abbiamo riconosciuto la nocevolezza, mentre essi abbandonano tutto ciò di cui noi abbiamo riscoperto l'importanza » ( cfr. Bouyer ).
È questo un atteggiamento servile né vantaggioso, né decoroso.
Così potremmo dire di quell'altro atteggiamento, oggi anche più diffuso, che pretende ristabilire l'unità a scapito della verità dottrinale.
Quel credo, che ci fa e che ci definisce cristiani e cattolici, sembra, in tale modo, diventare l'ostacolo insuperabile alla restaurazione dell'unità stessa; esso pone certamente delle esigenze molto severe e molto gravi; ma la soluzione delle difficoltà che ne derivano non può consistere, pena l'incomprensione della realtà delle cose, pena il tradimento della causa, nel sacrificare la fede, nell'illusoria fiducia che a ricomporre l'unità basti la carità; basti cioè la pratica empirica, spoglia da scrupoli dogmatici e da norme disciplinari ( cfr. Decr. citato, n. 11 ).
Gli episodi della così detta « intercomunione », registrati in questi ultimi mesi, si iscrivono in questa linea, che non è la buona e che dobbiamo lealmente riprovare.
Ricordiamo il Concilio, il quale « esorta i fedeli ad astenersi da qualsiasi leggerezza o zelo imprudente, che possano nuocere al vero progresso dell'unità » ( n. 24 ).
Questo non vuol dire che la discussione circa i dogmi della fede sia preclusa fra cattolici e cristiani da noi separati, ché anzi è da un comune esame teologico obiettivo e sereno della verità rivelata, e vissuta fedelmente dalla tradizione genuina dell'insegnamento ecclesiastico, che può risultare quale sia l'essenziale patrimonio dottrinale cristiano, quanto sia di esso enunciabile autenticamente ed insieme in termini differenti sostanzialmente eguali o complementari, e come sia possibile e alla fine per tutti vittoriosa la scoperta di quell'identità della fede, della libertà e nella varietà delle sue espressioni, dalla quale l'unione possa felicemente essere celebrata con cuore unico ed anima unica ( cfr. At 4,32 ).
Ma questo esame coinvolge la responsabilità di teologi e studiosi qualificati dapprima, del magistero ecclesiastico poi: e non può facilmente risultare dal dibattito di opinioni ad ogni livello.
Vi piacerà sapere che tale esame, su diversi fronti dell'ecumenismo, è già in corso; e non è da meravigliarsi se richieda cautela, tempo, gradualità: è l'ecumenismo in cammino, al quale la grande, pia ed eletta figura del compianto Cardinale Agostino Bea ha avviato i passi del Nostro Segretariato per la unione fra tutti i Cristiani.
Rendiamo omaggio alla sua memoria, conservandoci fedeli al suo metodo, insieme coraggioso e prudente.
È, questa dell'ecumenismo, una visione immensa che attrae la nostra attenzione e impegna la nostra preghiera ( cfr. n. 8 ).
Noi profittiamo di questa occasione per mandare, ancora una volta, a tutti i Cristiani del mondo il Nostro umile e cordiale saluto, nel nome del Signore Gesù.
E voi, Figli carissimi, più che mai siate con Noi, siate uniti, siate fiduciosi, siate forti nella fede e nella carità; e a tanto vi conforti la Nostra Benedizione Apostolica.