28 Maggio 1969
Diletti Figli e Figlie!
È nella mentalità dell'uomo moderno, di noi tutti, possiamo dire, la persuasione che « tutto cambia ».
L'osservazione della vita contemporanea ci dà l'impressione che ogni cosa è in via di trasformazione, è in movimento.
Nessuna delle cose, che toccano la nostra esperienza, si dimostra stabile e sicura; tutto muta, tutto si evolve, tutto decade e tutto si rinnova.
Siamo presi e compresi di questo senso d'instabilità delle cose; e se questo sentimento ci dà al principio un certo timore e qualche rimpianto, ben presto esso si risolve in senso di compiacenza, perché vediamo che questo grande e generale fenomeno di mutazione assume nomi suggestivi: evoluzione, progresso, dinamismo, scoperta, conquista, superamento, sviluppo, rinascita, novità, ecc.
L'esperienza di questo fenomeno generale diventa ogni giorno più impressionante davanti all'incremento accelerato e meraviglioso delle scienze:
specialmente di quelle fisico-matematiche;
si direbbe che l'uomo impara adesso a conoscere il mondo;
e dalla esplorazione scientifica, dalla ricerca, come oggi si dice, si traggono tanti risultati nuovi, che l'uomo di studio, lo scienziato, rimane inebriato;
e mentre da un lato continua a perfezionare le sue inesauribili ricerche, dall'altro passa immediatamente all'applicazione pratica, utilitaria, delle nuove cognizioni;
alla scienza succede la tecnica;
e questa si sviluppa, mediante macchine e strumenti nuovissimi e organizzazioni poderose, diventa industria;
con tutto quello che segue nel campo economico e sociale; nella vita dell'uomo moderno.
Considerazioni analoghe possiamo fare sulle scienze relative all'uomo, la medicina, la psicologia, la sociologia, la politica.
Così che viene la volta della religione: che succederà alla religione a causa di questa generale trasformazione?
Molti dicono: è finita; voi lo sapete.
Ma altri dicono: no; non solo non è finita ma s'impone con tanto maggiore ragione, quanto più razionale e pressante è il bisogno di dire su tutto la prima e l'ultima parola, l'alfa e l'omega s'impongono; e adorare non solo è esigenza tuttora legittima, ma oggi più doverosa.
La religione ritorna, se non professata, discussa almeno; e talvolta, alla fosca luce di avvenimenti violenti e irrazionali, o di stati d'animo angosciosi,, in termini così imploranti e disperati, che la fanno rimpiangere e, sotto certe espressioni, ancora desiderare.
Ritorna alla mente il vaticinio del profeta Geremia: « Hanno abbandonato me ( dice il Signore ), fonte di acqua viva; e si sono scavate cisterne screpolate, che non riescono a contenere acqua » ( Ger 2,13 ).
E allora la questione religiosa si ripresenta.
Ed è su questo punto che oggi Noi invitiamo, per un istante e forse con troppo semplici parole, la vostra attenzione.
E il punto è questo: la religione non sarebbe anch'essa soggetta a qualche importante cambiamento?
e di fatto, per contenere il discorso nel campo che ci riguarda, la nostra religione non è anch'essa in via di mutazione?
A questo riguardo Noi vi rivolgiamo una prima preghiera: fate attenzione!
attenzione alla complessità della questione.
La si può considerare la questione religiosa sotto l'aspetto soggettivo; cioè quello proprio dell'uomo, quello mentale, psicologico, filosofico.
E noi tutti sappiamo a quali mutazioni, a quali arbitri, a quali storture, a quali dubbi, a quali negazioni, insomma a quali metamorfosi l'idea religiosa è stata ed è, in questi ultimi tempi, sottoposta.
La discussione rimane sempre aperta; ma Noi sosteniamo che la nostra ragione ( cfr. ad es. De Lubac, Sur les chemins de Dies, Aubier 1955 ), la nostra esperienza ( cfr. A. Frossard, Dies existe, Fayard 1969 ), la nostra fede ( cfr. Guardini, Vom Leben des Glaubens, Grünewald 1934; trad. Vie de la Foi, Cerf 1958 ) sono oggi più che mai in grado, come in passato ( cfr. S. TH., Summa contra Gentes ) di attestarsi luminosamente e di perseverare con nuove testimonianze di pensiero e di vita sostenendo l'urto, o la discussione delle obiezioni proprie della mentalità, sia filosofica, che letteraria e pratica del giorno d'oggi ( cfr. Zundel, Recherche du Dieu, inconnu, Ed. ouv. 1949: Mouroux, Ie crois en Toi, Cerf 1965; CH. Moeller, L'homme moderne devant le salut, Ed. ouv. 1964; Renèe Casin, Naufrageurs de la Foi, Ed. Lat. 1968 ).
Cioè l'uomo, questo essere dalle cento facce, può configurarsi in aspetti e in atteggiamenti diversissimi, proteiformi, rispetto alla religione, ma resta uomo, un essere cioè sostanzialmente qual è, non solo capace, ma bisognoso di Dio; anzi quanto più uomo egli è e diviene, tanto maggiore si pronuncia in lui l'esigenza di Dio; e perciò la religione, intesa come virtuale rapporto con la Divinità, non cambia, cambiando le espressioni della vita umana.
A questo riguardo non abbiamo che da augurarci una nuova fioritura di studi e di ricerche religiose, cioè di letteratura religiosa, filosofica, letteraria, apologetica, catechistica, artistica: è questione di linguaggio.
Rinnoviamo il linguaggio religioso!
Ma occorre considerare l'aspetto oggettivo della religione, cioè la sua verità, il suo contenuto, la sua realtà.
La quale, per noi credenti, per noi cattolici dalla fede univoca, conservata, esposta, difesa da quella istituzione provvidenziale, ch'è il magistero ecclesiastico, sempre intento a ripetere la parola di Gesù: « La mia dottrina non è mia, ma di Colui che mi ha mandato » ( Gv 7,16 ), è quello che è, e non muta per mutare di tempi e di costumi; e deve essere accettata nella sua genuina e originaria e autorizzata formulazione, anche se difficile, anche se difforme dalla psicologia di chi la ascolta, anche se misteriosa ( cfr. S. TH., Summa contra Gentes, 4,76 ).
Vi ricordate come termina nel Vangelo la discussione a Cafarnao sull'Eucaristia?
Gli uditori trovavano assurda la parola del Signore: « Questo discorso è duro, e chi lo capisce? » ( Gv 6,60 ).
E Gesù, abbandonato dalla folla dei suoi uditori, si rivolge ai discepoli, anch'essi sconcertati e indecisi: « Volete andarvene anche voi? » ( Gv 6,67 ).
È grave.
Oggi, specialmente, quando l'uomo non vuole accettare se non quello ch'egli comprende ( e non è poi esatto, ché anche l'uomo moderno è più che mai cliente e alunno di chi fa autorità nel campo scientifico ).
Ma dobbiamo vivere di fede, cioè facendo credito alla Parola di Dio, anche se superiore alla nostra intelligenza.
Con due osservazioni: la fede è oscura, ma non è cieca; cioè ha titoli che la giustificano, esteriormente e interiormente.
Già altre volte lo dicemmo, con Sant'Agostino: Habet namque fides oculos suos, la fede infatti ha i suoi occhi ( Ep. 120 ).
E di più: ammette di essere studiata, approfondita, confrontata col sapere naturale, applicata; e, vorremmo dire, verificata nell'esperimento della vita; vissuta, la fede diventa luce; amata, diventa forza; meditata, diventa spirito.
E perciò si può benissimo, restando integra e pura, compenetrare con tutte le oneste e nuove e grandi trasformazioni della vita moderna, e si rivela per quello che è: principio di vita eterna.
Vi auguriamo, Figli carissimi, che ne facciate la beatificante esperienza, con la Nostra Benedizione Apostolica.