13 Agosto 1969
Diletti Figli e Figlie!
Nella nostra breve esortazione di domenica scorsa, alla recita dell'« Angelus » Noi ricordavamo ai Nostri visitatori l'opportunità di riservare durante il periodo delle ferie estive qualche momento alla vita dello spirito, al silenzio, alla riflessione, alla preghiera.
Questo stesso motivo vogliamo riprendere con voi.
Figli carissimi, in questo incontro fugace, ma forse importante, sotto un aspetto più generale; e cioè quello della necessità di ritornare alla preghiera personale.
Perché ritornare?
Perché Noi abbiamo l'opinione, che vorremmo smentita dai fatti ( come, per fortuna, in molti casi lo è ), che oggi anche i buoni, anche i fedeli, anche coloro che sono consacrati al Signore, pregano meno d'un tempo.
Dicendo questo Noi avvertiamo il dovere di darne le prove, e di dire il perché.
Ma non assolveremo ora questo dovere; esigerebbe troppo lungo discorso.
Invitiamo piuttosto ciascuno di voi a fare da sé questa indagine: si prega oggi?
L'uomo moderno sa pregare?
Ne sente l'obbligo?
Ne sente il bisogno?
E anche il cristiano ha facilità, ha gusto, ha impegno per l'orazione?
Ha sempre affezione alle forme di orazione, che la pietà della Chiesa, pur non dichiarandole ufficiali, cioè propriamente liturgiche, ci ha tanto insegnate e raccomandate, come il Rosario, la Via Crucis, ecc., e specialmente la meditazione, l'adorazione eucaristica, l'esame di coscienza, la lettura spirituale?
Nessuno vorrà attribuire la diminuzione dell'orazione personale, e soprattutto della vita spirituale, della religiosità interiore, della « pietà », intesa come devozione, come espressione del dono dello Spirito Santo, per cui ci rivolgiamo a Dio nell'intimità del cuore col nome familiare e sconfinato di Padre ( cfr. Rm 8,15-16; S. Th. II-IIæ 121,1 ), alla liturgia, cioè alla celebrazione comunitaria ed ecclesiale della Parola di Dio e dei misteri della Redenzione ( cfr. Sacr. Conc., n. 2 ); la quale liturgia, per opera d'un intenso e lungo movimento religioso, coronato, anzi canonizzato dal recente Concilio, ha assunto incremento, dignità, accessibilità e partecipazione nella coscienza e nella vita spirituale del Popolo di Dio, e più Noi auspichiamo che ne assuma nel prossimo avvenire.
La liturgia ha un suo primato, una sua pienezza, e di per se stessa una sua efficacia, che dobbiamo tutti riconoscere e promuovere.
Ma la liturgia, di natura sua pubblica e ufficiale nella Chiesa, non sostituisce, non impoverisce la religione personale.
La liturgia non è solo rito; è mistero, e come tale esige l'adesione cosciente e fervorosa di quanti vi prendono parte; suppone la fede, la speranza, la carità, e tante altre virtù e sentimenti, atti e condizioni, come l'umiltà, il pentimento, il perdono delle offese, l'intenzione, l'attenzione, l'espressione interiore e vocale, che dispongono il fedele all'immersione nella Realtà divina, che la celebrazione liturgica rende presente e operante.
La religione personale, per quanto ad ognuno è possibile, è condizione indispensabile alla autentica e cosciente partecipazione liturgica; non solo: essa è il frutto, la conseguenza di tale partecipazione, intesa appunto a santificare le anime e a corroborare in esse il senso di unione con Dio, con Cristo, con la Chiesa, con i fratelli dell'intera umanità.
La diminuzione, se alcuna vi è, della religiosità personale dev'essere cercata in ben altra direzione.
Provate ancora a domandarvi: perché oggi la vita interiore, intendiamo la vita di orazione, è meno intensa e meno facile negli uomini del nostro tempo, cioè in noi stessi?
Domanda che esigerebbe risposta estremamente complessa e difficile, ma che possiamo ora sintetizzare così: noi siamo educati alla vita esteriore, che ha preso sviluppo e fascino meravigliosi, non tanto alla vita interiore, di cui poco conosciamo le leggi e le soddisfazioni; il nostro pensiero si svolge principalmente nel regno sensibile ( si parla della « civiltà dell'immagine »: radio, televisione, fotografia, simboli e schemi mentali, ecc. ), e nel regno sociale, cioè nella conversazione e nel rapporto con gli altri; siamo estroflessi; perfino la teologia cede sovente il passo alla sociologia; la stessa coscienza morale è soverchiata da quella psicologica, e rivendica una libertà, che abbandonandola a se stessa le fa cercare fuori di sé, spesso nel mimetismo della moda, il proprio orientamento.
Dov'è Dio? Dov'è Cristo?
Dov'è la vita religiosa, di cui ancora e sempre sentiamo un oscuro, ma insoddisfatto bisogno?
Voi sapete come questo stato di cose costituisca il dramma spirituale, e possiamo dire umano e civile del nostro tempo.
Ma ora, per quanto riguarda noi, figli della Chiesa, ci basti ricordare, con un celebre pensiero di S. Agostino ( intus eras, et ego foras; Conf. 10,27 ), che il punto d'incontro essenziale col mistero religioso, con Dio, è dentro di noi, è nella cella interiore del nostro spirito, è in quella attività personale, che chiamiamo orazione.
È in questa attitudine di ricerca, di ascoltazione, di supplica, di docilità ( cfr. Gv 6,45 ), che l'azione di Dio ci raggiunge normalmente, ci dà luce, ci dà senso delle cose reali e invisibili del suo regno; ci fa buoni, ci fa forti, ci fa fedeli, ci fa come Lui ci vuole.
Diciamo a voi, Fratelli e Sorelle, votati al Signore, che avete diritto e dovere di mantenere gaudiosa conversazione con Lui; diciamo a voi, giovani, avidi di trovare la chiave del secolo nuovo; a voi, cristiani, che volete scoprire la sintesi possibile, purificante e beatificante della vita vissuta, oggi, e della fede, che avete pur cara; a voi, uomini del nostro tempo, lanciati nel turbine delle vostre assillanti occupazioni, e sentite il bisogno di una certezza, di un conforto, che nulla al mondo vi dà; a tutti diciamo: pregate, fratelli! orate, fratres!
Non stancatevi dal tentare di far sorgere dal fondo del vostro spirito, con la vostra intima voce, questo: Tu! rivolto all'ineffabile Iddio, a questo misterioso Altro, che ci osserva, ci aspetta, ci ama; e certamente non sarete delusi e derelitti, ma proverete la gioia nuova d'una risposta inebriante: Ecce adsum; ecco Io sono qui! ( Is 58,9 ).
Con la Nostra Benedizione Apostolica: pregate, Fratelli!