10 Settembre 1969
Diletti Figli e Figlie!
Molto si parla in questo tempo dei turbamenti che scuotono dall'interno la vita della Chiesa, dopo il Concilio, in modo impreveduto, e non certo derivato dal Concilio stesso, con logica fedele, anzi talvolta contraria allo spirito, alle speranze e alle norme del Concilio, tanto che talora si osa pensarlo e perfino dichiararlo insufficiente, superato e bisognoso di complementi, che ne svalutano l'autorità e ne compromettono la genuina fecondità; e subito si applicano a questo stato di cose i termini ormai convenzionali nel linguaggio dell'opinione pubblica, ma punto esatti per ben definire avvenimenti ecclesiastici: progressismo, contestazione, rivoluzione, ovvero reazione, restaurazione, immobilismo, ecc.
Abituati a riferire ogni nostra cosa al metro spirituale, piuttosto che a quello profano, noi preferiamo considerare fatti e fenomeni, che ci circondano, alla luce d'un'altra terminologia, quella appunto spirituale.
Potremmo così chiamare sotto un aspetto generale la presente perturbazione una crisi di fiducia, se la si considera negli animi nei quali essa fermenta e scaturisce.
O meglio crisi di sfiducia, vista nel suo aspetto negativo, ch'è quello che ora ci tocca.
Una tentazione di sfiducia percorre l'anima di non pochi ambienti ecclesiastici.
Sfiducia nella dottrina e nella tradizione; e diventa crisi di fede.
Sfiducia nelle strutture e nei metodi; e diventa critica corrosiva e smania di pseudo-liberazione.
Sfiducia negli uomini; e diventa tensione e polemica e disobbedienza.
Sfiducia negli atti stessi di rinnovamento della Chiesa; e diventa resistenza in alcuni, indifferenza in altri.
Sfiducia nella Chiesa qual è; e diventa crisi di carità e ricorso spesso ingenuo e servile ai surrogati delle ideologie avversarie e del costume profano.
Si diffonde qua e là il sospetto della inettitudine della Chiesa a sostenersi e a rinnovarsi; si rinuncia alla speranza d'una nuova primavera cristiana; si ricorre ad arbitrarie ideologie, o a gratuite supposizioni carismatiche per colmare il vuoto interiore della perduta fiducia: in Dio, nella guida della Chiesa, nella bontà degli uomini, ed anche in se stessi.
Dobbiamo Noi dirvi che Noi pure, e con Noi persone e organi responsabili nella Chiesa di Dio, siamo sospettati di sfiducia?
Giorni or sono, un ecclesiastico di grande animo Ci confidava una sua impressione, condivisa, egli diceva, da altre persone attente e pensose circa la scena contemporanea della vita della Chiesa; l'impressione che la Chiesa al suo centro, ed anche il Papa stesso, fossero presi da certa sfiducia su l'andamento generale del periodo post-conciliare, e si mostrassero timidi ed incerti, piuttosto che franchi e risoluti.
Questa osservazione Ci ha obbligati a riflettere.
Saremmo Noi stessi presi dalla sfiducia?
Homo sum; e per sé non vi sarebbe niente di strano.
Anche Pietro, o meglio Simone, fu debole e incostante, alternando atteggiamenti di entusiasmo e di paura.
Dovremmo, in tal caso, buttarCi ai piedi di Cristo, e ripetergli con infinita umiltà, con le parole di Pietro medesimo: « … Homo peccator sum » ( Lc 5,8 ); ma anche con immenso amore: « Tu scis quia amo Te » ( Gv 21,15-17 ); e poi dovremmo fare verso i Nostri Fratelli e i Nostri Figli l'umile apologia di Noi stessi, con non altro scopo che di cancellare in essi l'eventuale impressione di cui sopra, e per assicurarli tutti della certezza interiore, con cui il Signore si degna confortare la Nostra coscienza e il Nostro ministero! osiamo perciò far Nostre le parole dell'Apostolo: « Chi ci potrà separare dall'amore di Cristo?
… Sì, ne sono sicuro … nessuna cosa ci potrà separare … » ( Rm 8,35-38 ); « abbiamo questo tesoro ( nostro ) in vasi fragili, affinché si veda che tale ( nostra ) sovreminente potenza viene da Dio, e non da noi.
Siamo tribolati per ogni verso, ma non oppressi; siamo esitanti, ma non disperati … » ( 2 Cor 4,7-8 ).
Così è. Come infatti non potrebbe soffrire il Papa, e quanti con lui sostengono la responsabilità della guida pastorale della Chiesa, nel vedere che le difficoltà maggiori oggi sorgono dal seno stesso di lei, che i dispiaceri più pungenti le sono dati dalla indocilità e dall'infedeltà di certi suoi ministri e di alcune sue anime consacrate, che le più deludenti sorprese le vengono dagli ambienti più assistiti, favoriti e prediletti?
Come non provare dolore dalla dispersione di tante energie, non nell'intento di dare incremento, ma nello studio superfluo e sofistico di suscitare problemi e di renderli complicati e irritanti?
Ma una cosa è il rammarico, ed altra cosa è la sfiducia.
Le amarezze, che noi possiamo e dobbiamo sentire per certe prove della Chiesa nell'ora presente, non diminuiscono la nostra fiducia a suo riguardo; la accrescono forse, quando ci obbligano a porla tanto di più nella divina sapienza, nella divina assistenza.
Noi lasciamo che il Signore, prendendoci per mano, ci rimproveri: « Uomo di poca fede, perché hai dubitato? » ( Mt 14,31 ), e ci rammenti fino a quale inverosimile grado noi possiamo spingere la nostra fiducia.
La quale, sì, trova negli inesauribili argomenti delle misteriose realtà soprannaturali, nelle quali siamo immersi, potente e soave conforto, tanto da poterlo agli altri, alla Chiesa tutta comunicare ( cfr. 2 Cor 1,3ss ).
Cristo è la nostra speranza, la nostra forza, la nostra pace.
Anzi vi diremo di più.
Altri argomenti, sempre d'ordine ecclesiale, ma umani questi, alimentano la Nostra fiducia.
Riassumiamoli in un duplice ordine, il primo dei quali è dato dalla conoscenza che Noi pure abbiamo degli uomini.
Conosciamo il fondo di bontà ch'è in ogni cuore, conosciamo i motivi di giustizia, di verità, di autenticità, di rinnovamento, che sono alla radice di certe contestazioni, anche quando queste sono eccessive e ingiustificate e quindi riprovevoli; quelle dei giovani specialmente partono per lo più da reazioni e da aspirazioni che meritano considerazione e obbligano a rettificare il giudizio dell'etica sociale, viziato da abusi inveterati e al giorno d'oggi insostenibili.
E sappiamo come certi malanni, che fanno soffrire, come la zizzania nel campo del grano, hanno anch'essi una loro funzione provvidenziale: quella di scuotere la sonnolenza che ne ha permesso o protetto l'origine, quella d'esercitare la pazienza e la carità, quella di riabilitarci a più fervorosa preghiera e a più cosciente fedeltà.
Perfino gli scandali, nei disegni misteriosi di Dio, possono avere una loro fatale necessità; lo ha detto quel Gesù, che ha intimato a chi li produce le più tenebrose minacce ( cfr. Mt 18,7 ).
Queste considerazioni, ed altre simili, Ci affrancano da quel timore, che renderebbe pavido e neghittoso il Nostro servizio alla causa di Cristo, e da quel pessimismo che Ci farebbe giudici non autorizzati dei Nostri simili e Ci farebbe perdere la fiducia nella ricuperabilità di ogni anima umana.
Molte situazioni, poi, che non sono purtroppo conformi alle legittime previsioni e alle norme stabilite, sono tutt'altro che del tutto negative; e invece di togliere la fiducia per la molestia che arrecano, esse dovrebbero averla più generosa e lungimirante in favore del loro processo di responsabile decantazione.
L'altro ordine di argomenti, che confortano la Nostra fiducia, e sempre la accrescono e la allietano; è dato dal sapere che vi sono nella Chiesa odierna, Post-conciliare, innumerevoli schiere di anime forti e fedeli, accese nella preghiera, votate all'osservanza d'ogni autorevole precetto, allenate al sacrificio silenzioso e volonteroso, tese verso le linee del Vangelo, vigili ad ogni possibilità di servizio nella carità, sempre rivolte verso un ideale di perfezione cristiana; anime sante.
E quante sono!
Sono l'onore e la gioia della Chiesa.
Sono la forza del Popolo di Dio.
Sono la Nostra fiducia.
Lasciate, Figli carissimi, che noi facciamo a tal fine assegnamento anche su voi tutti, e su quanti ricevono, con l'eco di queste Nostre paterne parole, la Nostra Benedizione Apostolica.