1 Ottobre 1969
Diletti Figli e Figlie!
Di che cosa ha bisogno oggi la Chiesa?
È la domanda che Noi non cessiamo di porre a Noi stessi, e di presentare, come ora facciamo a voi, ai buoni fedeli, che sono disposti a condividere la Nostra amorosa sollecitudine per le sorti del Popolo di Dio, per le condizioni della Chiesa dopo il Concilio, la quale si trova a vivere in una società, a cui ella, la Chiesa, vuole portare il suo messaggio di salvezza ( cfr. Gaudium et spes, n. 1 ) e da cui subisce, forse come non mai, una pressione di profanità, di secolarizzazione, di amoralità.
Da un lato la Chiesa proclama la sua vocazione alla santità, rinnova la sua promessa missionaria, si dichiara povera e pellegrina in cammino verso le mète superiori ed escatologiche del Regno di Dio; ma dall'altro, in molti settori, cerca di assimilarsi alle forme e ai costumi del mondo laico, si spoglia del suo vestimento differenziato e sacrale, vuole sentirsi umana e terrena e tende a lasciarsi assorbire dalla mentalità dell'ambiente sociale e temporale, e presa quasi dal rispetto umano di essere in qualche modo distinta e obbligata a uno stile di pensiero e di vita diverso da quello del mondo, e ne subisce le mutazioni e le degradazioni con uno zelo conformista e quasi avanguardista, che non si sa proprio come chiamare cristiano, né tanto meno apostolico: tutti lo vedono,
in tema di demagogia e violenza rivoluzionaria,
in tema di demitizzazione religiosa,
in tema specialmente di acquiescenza alla licenza di moda invereconda, di sessualità passionale e di diffusione pornografica.
Che cosa deve fare la Chiesa in questa ambigua situazione?
Di che cosa ha bisogno il Popolo cristiano per conservarsi tale e per esercitare la sua funzione di luce e di sale della terra, di animatore spirituale e morale del tempo, in cui la Provvidenza lo ha destinato a vivere?
Non è facile, né semplice la risposta.
Ma la risposta la possiamo trovare in una formula antica e nuova, carica d'immenso significato.
Diciamo: oggi la Chiesa, cioè il Popolo di Dio, o meglio ogni fedele deve ripetere a se stesso la parola di San Leone Magno: « Agnosce, o christiane, dignitatem tuam » , abbi coscienza, o cristiano, della tua dignità, sei stato elevato al consorzio della natura divina ( cfr. 2 Pt 1,4 ), non voler decadere nella bassezza della vecchia condotta.
Ricordati di quale Capo e di quale mistico corpo Tu sia membro.
Ripensa al fatto della tua liberazione dalla potenza delle tenebre e del tuo trasferimento nella luce e nel regno di Dio ( Serm. I de Nat., P. G. 54, 192 ).
Sì, bisogna che ogni cristiano riprenda coscienza viva e operante della propria dignità, di ciò ch'egli è diventato, mediante la rigenerazione misteriosa, meravigliosa e reale del battesimo.
Si parla tanto della dignità della persona umana, a livello naturale ( ed è già livello altissimo e degnissimo; essere uomo!
livello che dovrebbe risparmiarci le degradazioni animali e barbare e sotto-umana, a cui ancora tanto facilmente cede la nostra civiltà, non più o non ancora degna di tal nome ); e sta bene: questa dignità è straordinariamente superata al livello soprannaturale.
Ricordiamo la parola lapidaria del prologo del Vangelo di San Giovanni: « A quanti hanno ricevuto ( Cristo ), Egli ha dato di poter diventare figli di Dio; a quelli che credono nel suo nome, i quali non dal sangue, né da volere della carne, né da volere d'uomo, ma da Dio sono nati » ( Gv 1,12-13 ).
Potremmo moltiplicare le citazioni scritturali che c'insegnano e ci comandano questa vitale novità, questa sublime metamorfosi, questo indeclinabile impegno dell'uomo fatto cristiano, con l'ineluttabile conseguenza di un dovere generale, quello di conformare la mentalità, lo stile di vita, il costume personale e sociale alla realtà umana, resa sovrumana dall'elezione cristiana, dalla Parola di Dio penetrata nell'essere e nella coscienza dell'uomo, dalla grazia, dallo Spirito Santo, dal Dio d'amore.
Uno e Trino, inabitante, come in un santuario nell'anima umana del Giusto ( cfr. 2 Cor 3,16-17; Rm 6,4; 1 Gv 3,1; ecc. ).
L'umanesimo non ci basta, perché non riconosce la sopraelevazione dell'uomo, a noi rivelata e comunicata dal disegno divino ( cfr. Ef 1,18-19 ); e perché alla fine esso si dimostra inetto a realizzare se stesso; nel suo sforzo di raggiungere la statura alla quale si sente chiamato, fallisce ( cfr. Rm 1,24ss ); gli manca quel supplemento di forza e di sapienza, che solo nell'ordine della Redenzione possiamo trovare.
Avremmo troppe cose da dire a questo proposito.
Contentiamoci di una sola, che ci sembra ora la più grave e la più insidiosa per quella dignità umana e cristiana, alla quale dobbiamo la difesa e la stima, come a sommo valore; ed è la minaccia, resa epidemica ed aggressiva, dell'erotismo spinto ad espressioni sfrenate e ributtanti, pubbliche e reclamizzate.
Anche in questo triste fenomeno troviamo la teoria che apre la strada alla licenza, ammantata di libertà, e all'aberrazione dell'istinto, chiamata liberazione dagli scrupoli convenzionali ( cfr. Freud, Marcuse, ecc. ).
L'erotismo mediante la promiscuità, l'immagine pornografica, e poi la droga, l'esaltazione e l'abbrutimento dei sensi, fino ad espressioni abbiette e maledette dalla Parola di Dio assale anche gli ambienti più sani e più riservati, come la famiglia, la scuola, la ricreazione.
Ogni difesa sembra indebolirsi e cadere; la legalità ( come pare avvenga ora in certi Paesi ) viene a coonestare ogni offesa al pubblico pudore e al sacrosanto diritto dell'innocenza alla propria incolumità, e della onestà al pubblico rispetto; e quasi un senso di fatalità inibisce ai responsabili e ai buoni qualche legittima ed efficace reazione.
Figli carissimi!
Non lasciate in voi offuscare la coscienza dei valori morali.
Non perdete la coscienza del peccato, cioè il giudizio del bene e del male; non lasciate che si addormenti il senso abbinato della libertà e della responsabilità proprio del cristiano, e come, del resto, dell'uomo civile; non crediate che si nasconda un preteso complesso d'inferiorità nella dignitosa e franca difesa dell'onestà della stampa, dello spettacolo, del costume;
non pensate che la conoscenza del male si debba acquisire per via di personale esperienza;
non chiamate ignoranza e debolezza la purezza e la padronanza di sé;
non sospettate che l'amore e la felicità vi mancheranno, se li cercherete per le vie ampie e serene dell'autentica vita cristiana.
Sappiate insieme riconoscere i segni migliori del nostro tempo nell'affermazione schietta ed esigente della verità, della giustizia, della lealtà, della coerenza cristiana; sappiate ricercare il bene dovunque si trovi e allargate lo sguardo ottimista sul mondo per ammirarlo nella sua magnifica realtà e nelle sue meravigliose conquiste, ovvero per definirlo, assisterlo e possibilmente guarirlo nelle sue deficienze e nei suoi errori; date allo sforzo ascetico, all'eroismo, al sacrificio, all'amore per i fratelli l'importanza che Cristo, il Redentore Crocifisso, vi ha dato; e fate della vostra personale energia morale dono generoso alla Chiesa: di questo dono ella ha oggi bisogno.
A chi ascolta sia la Nostra Benedizione.