22 Ottobre 1969
Diletti Figli e Figlie!
L'attenzione della Chiesa e del pubblico, anche la vostra certamente, è rivolta in questi giorni verso il Sinodo straordinario dei Vescovi, che è riunito a Roma e che studia le relazioni del Papa con i Vescovi raggruppati nelle Conferenze episcopali, e delle Conferenze fra loro: il punto focale delle discussioni si polarizza sopra questo organo della gerarchia ecclesiastica, ch'è appunto la Conferenza episcopale in una data nazione, o in determinato territorio;
è un'espressione relativamente nuova della organizzazione della Chiesa, resa opportuna da necessità pratiche: etniche, geografiche, destinata a decentrare rispetto alla Sede Apostolica l'esercizio delle potestà gerarchiche, e ad accentrarlo, o coordinarlo localmente, regionalmente; è un segno di unità della Chiesa, riflessa nelle legittime forme diverse della sua cattolicità; ed è perciò un tema importante e complesso.
Come già dicevamo nell'udienza generale della scorsa settimana, noi non ne parleremo pubblicamente per meglio lasciare alle discussioni sinodali completa libertà.
Ma guardando ora anche noi, come spettatori, questo avvenimento molto rilevante nella vita presente della Chiesa, possiamo rispondere al richiamo che esso ci offre alla fiducia che le dobbiamo.
Dobbiamo avere fiducia nella Chiesa; sì, in questa Chiesa di Cristo, fondata in realtà da Lui sulla pietra, e, nell'apparenza storica, simile alla barca di Simone Pietro, sbattuta dalla tempesta.
Questo non è immobilismo; è realismo, è fedeltà.
La Chiesa ci dà prova di vitalità; un carisma di indefettibile sopravvivenza vi si manifesta e lo documenta, all'evidenza.
Ella ci dà prova di autenticità: la sua coerente fedeltà nella dottrina, nella linea morale, nelle istituzioni fondamentali, nello sviluppo storico, insieme con la tensione continua di riformarsi, di rinnovarsi, di santificarsi, ce ne dà confortante assicurazione.
Ella è ferma e dinamica.
Ella ci dà prova di attualità: la sua presenza nel nostro tempo lo dice, anzi lascia trasparire una sollecitudine estremamente vigilante di interpretare i segni dei tempi, di accogliere le esperienze del progresso, di parlare il linguaggio degli uomini d'oggi, di soccorrere i bisogni antichi e nuovi dell'umanità.
Ella crede, ella spera, ella ama.
Cristo è con lei.
Ella è viva, ella è vera.
Ella merita la nostra fiducia.
Oggi come ieri, oggi più di ieri.
Anche questo fatto del Sinodo, che si sta celebrando, lo attesta, e conforta la nostra fiducia.
E ne abbiamo bisogno.
Perché la crisi, che si manifesta in alcuni settori della Chiesa e dell'opinione pubblica, - se pur di crisi, piuttosto che di travaglio, si può parlare -, tale ci sembra: un difetto di fiducia.
Di fiducia nella Chiesa qual è.
Forse questa parola magica di « aggiornamento » ha spinto alcuni oltre il segno.
Un frettoloso bisogno di revisione, onesta e doverosa, s'è trasformato in una corrosiva autocritica, e perfino in un autolesionismo, che ha fatto perdere in alcuni il senso ed il gusto della milizia cristiana e dell'apostolato cattolico.
Sono le « strutture » della Chiesa ufficiale, si è detto, che bisogna cambiare, ben più che le idee deteriori ed i costumi decadenti del nostro secolo; così che il tessuto connettivo, che fa della Chiesa una comunione organica e responsabile, il tessuto della carità ecclesiale e dell'obbedienza gerarchica, si è qua e là non poco logorato.
La Chiesa, si chiedono alcuni, saprà comprendere le aspirazioni, le inquietudini, le attese, che sono negli animi della nostra generazione?
Saprà ascoltare?
A noi pare che sì: ella saprà dialogare, come oggi si dice; saprà anche assecondare.
I fatti e i propositi già lo dicono.
Questo è il suo voto.
Ma bisogna subito fare attenzione.
Non sarebbe giustificato il senso di frustrazione in coloro che non vedessero assecondato un proprio e particolare piano di riforma ecclesiastica, specialmente se questo si stacca arbitrariamente dalla norma comune e stabilita.
Oggi è facile sottrarsi mentalmente, fantasticando e studiando, dalla regola vigente con un proprio sogno di riforma ideale; dal sogno si passa all'ipotesi concreta; dalla ipotesi all'esigenza; e dall'esigenza talora alla delusione, ovvero alla protesta ed anche alla disobbedienza.
La Chiesa è una comunione di uomini, liberi, sì, ma viventi in armonia, raggiunta con gioiosa e volonterosa adesione, ed anche con umile soggezione.
Non si può far dipendere l'adesione alla Chiesa dal compimento nella sua compagine d'un desiderio personale.
La Chiesa oggi è sollecita a considerare il dato psicologico e sociologico della comunità ( quello risultante dalle inchieste, ad esempio ): ma ella deve essere guidata da altri criteri prevalenti: quelli del dato teologico, cioè quelli di Dio, quelli del Vangelo, quelli di Cristo, ai quali ella deve la sua ragion d'essere, e ai quali deve informare la norma direttiva della sua missione, ch'è missione pastorale, cioè di guida, di educazione, di elevazione alla via ardua della salvezza.
La Chiesa non è un fenomeno storico e sociale qualsiasi, che si possa modificare a piacimento.
È un fatto spirituale e religioso: una fede lo genera, un'autorità lo dirige, uno Spirito lo vivifica.
Merita la nostra fiducia, la nostra fedeltà, il nostro servizio, il nostro amore, la Chiesa.
Questo vi dice l'umile successore di Pietro, con la sua benedizione.