17 Dicembre 1969
Diletti Figli e Figlie!
Viene spontaneo alle nostre labbra, in questa prossimità del santo Natale, l'augurio che gli è proprio: buon Natale!
Sì, visitatori carissimi, buon Natale a tutti ed a ciascuno di voi!
Quanti pensieri, quanti ricordi, quante emozioni, quanti desideri, quante speranze questa santa e dolce festa mette nel cuore!
Noi pregheremo per voi affinché questa prossima ricorrenza non passi come un giorno comune, ma sia piena per voi di quelle spirituali percezioni che fanno gustare le realtà profonde della fede e della vita.
Della fede e della vita.
E verso questi obiettivi, che altro non sono se non le realtà in cui siamo immersi, noi invitiamo la vostra attenzione ad essere particolarmente vigilante nella prossima fausta occasione; cioè confermiamo l'augurio con un'esortazione: fate bene il Natale!
La prima condizione per fare bene il Natale è quella di conservargli la sua autenticità religiosa.
Non stiamo ora a parlarvi del pericolo che il vero significato del Natale sia soffocato dalle manifestazioni esteriori e profane, alle quali la festa presta occasione, prendendo il sopravvento e trasformandone il carattere sacro; ciascuno sa come questa vanificazione del Natale può avvenire, anche partendo da forme innocenti e simpatiche di folclore, o di lieto costume domestico, o popolare; il presepio stesso può diventare spettacolo impegnato in finalità estetiche o fantasiose più che nel richiamo alla rappresentazione dell'umile e sublime fatto della nascita del Salvatore.
Anche questa cornice festiva e artistica può avere la sua poetica e pratica utilità.
Ma non fermiamoci alla cornice; guardiamo il quadro; e nel quadro vediamo il mistero.
Procuriamo di vedere, di contemplare il quadro, cioè la scena di Betlemme, in trasparenza.
Questo momento di attenzione è del tutto conforme allo stile mentale del nostro tempo, avido di sapere il significato reale dei fatti e delle cose, di conoscere la realtà d'un avvenimento tanto importante e centrale, qual è la nascita di Colui, che si chiama Salvatore.
Gesù vuol dire Salvatore; Cristo vuol dire Messia, cioè Colui nel quale si incentrano e si compiono i disegni divini relativi ai destini dell'umanità.
Lo sguardo contemplativo diventa teologico, diventa teleologico ( cioè rivelatore della Verità divina e delle finalità, degli scopi di ciò che facciamo oggetto di contemplazione ).
Dobbiamo allora considerare il Natale come un'apparizione.
È una rivelazione.
Quale apparizione?
Ce lo dice San Paolo: « Apparve la bontà e l'amore di Dio Salvatore nostro verso gli uomini » ( Tt 3,4 ).
È il segreto di Dio, che s'è svelato in Gesù Cristo: Dio è bontà, Dio è Amore.
Comprendiamo come San Francesco andasse in estasi davanti al Presepio; e come noi stessi possiamo sentirci trasformati davanti ad una scoperta, che ci folgora di meraviglia e di commozione: noi siamo amati, amati da Dio!
Comprendiamo Pascal: « Gioia, gioia, gioia: pianti di gioia! ».
Perché « il Verbo di Dio s'è fatto uomo ed è venuto ad abitare fra noi » ( Gv 1,14 ).
Questo è il Natale!
Il Natale della Fede.
Compreso questo, possiamo comprendere qualche cosa di molto bello anche circa l'altro aspetto: il Natale della vita.
Della nostra vita.
La nascita verginale di Cristo nel mondo diffonde in tutta l'umanità un'onda rigeneratrice: tutta la vita umana è toccata da questa presenza, anche sul piano naturale.
Un tale Fratello illumina divinamente il volto d'ogni mortale: ogni uomo riflette la faccia di Cristo.
La generazione umana è sublimata alla dignità di veicolo d'una vita chiamata a diventare umanità di Cristo.
La Famiglia trova nel Natale la propria festa.
Se la Famiglia poi è cristiana, è un fiume di grazia, di letizia, di pace, che la invade.
Sì, fate festa, fate festa, Famiglie cristiane, nel giorno in cui Gesù Cristo è venuto ad abitare in una Famiglia umana; a formare un focolare, a santificarlo di Sé.
Esaltate nella coscienza del suo essere, della sua funzione, del suo destino il concetto della Famiglia, comunità di amore, ministra della virtù creatrice di Dio, segno ed effusione della carità, con cui Cristo amò ed ama l'umanità redenta, la Chiesa.
Noi ripeteremo ciò che altra volta scrivemmo, quando eravamo addetti alla cura pastorale della Chiesa Ambrosiana, circa la Famiglia ( 1960 ).
Oggi il discorso ritorna opportuno.
Il Natale ce lo consente.
Il sogno e l'impegno della Chiesa è sempre quello di aspirare ad un'umanità nuova, restituita al suo disegno primigenio, guidata verso uno sviluppo ordinato ed armonico, che celebri la vita nella sua progressiva ascensione e la educhi alla sua vocazione soprannaturale, e che sia così modellata sul suo archetipo, Cristo Signore, da risolvere in Lui i suoi problemi, in Lui valorizzare i suoi sforzi ed i suoi dolori, ed in Lui finalmente trovare la sua pienezza e la sua felicità.
Non è un sogno veramente: è un programma che la caducità umana rallenta e sconvolge, ma che la missione della Chiesa continuamente, e perciò anche in quest'ora critica della storia, fiduciosamente riprende.
In pratica vorremmo rivolgere alle famiglie cristiane una parola di ammonimento e di conforto:
riprendano esse coscienza della loro dignità e della loro missione,
s'impegnino risolutamente alla professione delle virtù specifiche che caratterizzano la società domestica,
ritrovino nelle purificate sorgenti dell'amore cristiano la loro forza e la loro felicità,
non temano di servire quelle leggi della vita, che le rendano ministre della perdurante opera creatrice di Dio,
sappiano adattare onestamente alle nuove esigenze moderne le abitudini delle loro case,
comprendano quale funzione rigeneratrice esse abbiano nella vita civile,
e sentano come nella Chiesa esse possano occupare un posto di ammirabile bellezza.
Questo invito si rivolge specialmente ai giovani che pensano alla famiglia come allo stato di vita loro destinato.
Vorremmo che il concetto della famiglia prendesse nel loro animo splendore ideale;
vorremmo che alla realizzazione di questo ideale portassero limpida e piena la loro forza d'amore;
vorremmo che sentissero la vocazione che si nasconde e si pronuncia nell'attrattiva alla fondazione di una famiglia;
vorremmo che non impuri pensieri e scorretti costumi devastassero la vigilia del loro matrimonio;
vorremmo che non calcoli egoistici ed edonistici intristissero i disegni del futuro focolare;
vorremmo che la scienza del vero amore loro derivasse da Cristo, che dà la sua vita per la Chiesa sua sposa, destinata ad estendersi a tutta l'umanità;
e che la grazia del sacramento zampillasse, come inesausta fontana, in ogni giorno della loro vita coniugale.
Un tipo di famiglia nuovo noi ci attendiamo dalla generazione giovanile, a cui le tremende esperienze della storia presente devono avere insegnato che solo un cristianesimo autentico e forte possiede la formula della vera vita.
Buon Natale, così!
Con la nostra Benedizione Apostolica.