4 Febbraio 1970
Diletti Figli e Figlie!
Noi continuiamo a meditare sugli insegnamenti del Concilio, perché siamo convinti che questo avvenimento costituisce per il nostro tempo una « summa », un compendio ricchissimo e autorevole di dottrine e di norme per i bisogni del nostro tempo, e segna un momento caratteristico e decisivo nel corso della tradizione cattolica per i tesori di verità ch'esso ci conserva del passato e per quelli ch'esso ci apre sul cammino dell'avvenire.
E in questo breve momento di riflessione generale sopra l'orientamento morale che ci viene dal Concilio possiamo ricavare un'impressione assai feconda e istruttiva di ottimismo.
Che cosa intendiamo per ottimismo?
Pare a Noi che si possa intendere, innanzi tutto, il senso di bontà, di serenità, di fiducia, di speranza, di animazione, che in genere il Concilio suscita in chi ne riconosce l'ispirazione pastorale, l'intenzione consolatrice, l'apertura fiduciosa che pervadono i suoi atti ed i suoi documenti: il Concilio è una grande lezione, una benefica infusione di buona volontà.
Chi lo accetta, chi lo studia, chi lo segue sente in se stesso uno stimolo a credere, a sperare, ad amare; una carica di buon volere, una spinta al rinnovamento e al progresso, un'attrattiva all'azione; diciamo pure: un carisma di vivacità cristiana.
Perché questo?
Perché in tutto quello che il Concilio tratta ed espone, esso considera il lato positivo, il bene; lo vede e lo cerca.
Esso non è cieco sugli aspetti negativi delle cose che considera
sia nel grande quadro delle sorti umane, come l'oscurità delle profondità divine, la sventura che il peccato ha inflitto alla vita umana, l'insidia permanente di Satana nel gioco delle nostre vicende sociali e personali, e così via;
sia nell'ambito della storia della Chiesa, circa la caducità dei suoi membri e di certe sue istituzioni;
e sia nell'interno del cuore umano, dove lo sbaglio e la malizia possono portare tante rovine.
Ma, mentre nel passato gli insegnamenti conciliari concludevano regolarmente nell'esposizione, nella deplorazione e nella condanna di qualche errore, con il classico anathema sit, la didattica del Vaticano II tende invece a mettere in luce ciò che conviene lodare, apprezzare, fare e sperare.
Il Concilio, dicevamo, è rivolto al bene; a quello che esiste, per riconoscerlo, per goderne in Dio e per celebrarlo, diremmo, francescanamente, evangelicamente: a quello che non esiste, per desiderarlo, per ricuperarlo se perduto, per promuoverlo se possibile.
I valori positivi sono sempre presenti al suo sguardo penetrante, sempre esposti nel suo linguaggio sapiente.
In ogni cosa, in ogni avvenimento il Concilio nota qualche reale o possibile riflesso della divina Bontà, ed educa e spinge i suoi alunni a scoprirlo, e a innestarvi la loro buona volontà.
Noi dovremmo qui fare uno studio sulla « buona volontà », il quale ci condurrebbe a ricercarla al di sopra di noi, cioè nella benevolenza di Dio, che ci ha misteriosamente eletti come oggetto del suo amore ( Cfr. Lc 2,14; Rm 8,28 ), infondendo in noi la virtù soprannaturale della carità, questa capacità nuova di amare, di tendere al Bene ( Cfr. S. Francesco di Sales, Teotimo, II, IX ).
Ma, anche limitandoci alla psicologia naturale dell'uomo, avremmo molto da riflettere sulla buona volontà, perché essa fa le spese della rettitudine morale, dell'arte pedagogica, dell'oratoria politica; vedremmo che essa dipende ancora dalla razionalità, dal concetto che ci facciamo del bene, e che perciò è sempre di primaria importanza conoscere ciò che veramente merita questo nome sovrano di bene, tanto in generale, quanto in particolare, e tanto in Sé, quanto per noi.
Avremmo qui un filo per inoltrarci nella diagnosi dei fenomeni volontaristici contemporanei, i quali tanto e giustamente impressionano la pubblica opinione: la nozione del bene, motrice della volontà, conduce il gioco, che poi diventa abitudine, moda, movimento.
Abbiamo bisogno di rendere chiara e attraente questa nozione, di renderla soprattutto vera ed autentica, per dare alla volontà quell'atteggiamento, che la definisce buona.
E Noi pensiamo che il corpo di dottrina offertoci dal Concilio sia tale da educarci alla buona volontà, sia per i valori, cioè i beni, ch'esso ci illustra, come la salvezza in Cristo, l'uomo, il mondo, il progresso, la libertà, la giustizia, la pace, ecc.; sia per l'attitudine che produce in noi a ravvisare e ad amare questi valori: una speranza, una vivacità, una serenità, uno « Spirito » buono.
Lo « Spirito » buono e il cuore del sano ottimismo, quale ci sembra trasparire dallo stile morale di tutto il Concilio.
Il quale ottimismo vede innanzi tutto le cose in una luce serena ( ch'è poi quella dell'economia divina nei destini umani ).
Il sano ottimismo perciò non è diffidente, permaloso, irritato, acido; non si diverte a mordere i difetti che facilmente si scoprono in ogni uomo, il quale più è in alto, e più li mostra; non si specializza in stroncature puramente satiriche e demolitrici; non solleva questioni per farsi bravo nel denunciarle e aggravarle e per tradurle in agitazioni fastidiose e dannose; non « si vale della libertà come velo della malizia » ( come troviamo scritto nella prima lettera di S. Pietro, 2,16); non ricava la sua forza dall'odio e dalla disperazione eretta a sistema.
No; il buono ottimismo sa francamente giudicare il male ( che spesso cresce proprio col progredire dello sviluppo moderno ), ma « non si lascia deprimere dal male, ma cerca di superarlo col bene » ( Cfr. Rm 12,21 );
non si specializza nel rendere insolubili i problemi per trovare pretesto ad atteggiamenti di violenza, o di rivoluzione; ma si sforza di risolverli i problemi;
non gonfiando i desideri fino all'impossibile, ma con sano e sociale realismo sa anche « del poco esser contento » ( Manzoni ),
e non disdegna lo sforzo umile, graduale e costante verso il bene cercato sia nelle piccole che nelle grandi cose;
cerca insomma sempre di costruire, non di demolire; ed in ogni situazione cerca le tracce della Provvidenza, sperando e pregando.
Si può perciò ripetere a riguardo della formazione morale e spirituale, di cui il Concilio ci fa scuola, la celebre esortazione di San Paolo: « Fratelli, tutte le cose che sono vere, tutte le cose che sono degne, tutte le cose che sono giuste, tutte le cose che sono pure, tutte le cose che sono amabili, tutto quello che merita buona fama, se v'è qualche virtù e qualche cosa encomiabile, a questo pensate …» ( Fil 4,8-9 ).
A Noi sembra questa citazione riferibile al Concilio, risultandone un magnifico encomio del rinnovamento morale e cristiano che andiamo cercando, un indirizzo sapiente per l'allenamento giovanile alla vita moderna, un criterio fecondo per la definizione dei rapporti di distinzione e di compenetrazione della concezione cristiana del mondo rispetto a quella secolare, una abilitazione a godere della vita presente, della sua bellezza, della sua ricchezza, della sua progressiva evoluzione senza perdere il profondo segreto della « buona volontà », che sta nella Croce di Cristo.
A voi l'augurio, con la Nostra Benedizione Apostolica.