11 Novembre 1970
Per dare « una testimonianza apostolica »
Da quando è stata data la notizia del Nostro prossimo viaggio nell'Estremo Oriente Noi ci sentiamo circondati, per non dire assaliti, da una domanda, che si presenta in forme molteplici, ma in una sola direzione: perché questo viaggio?
e per rispondere a questo perché si fanno tante supposizioni, alcune delle quali rivolte a togliere al viaggio ogni vera importanza.
Sarebbe, si dice, un'escursione turistica, un'esplorazione informativa, una concessione al gusto moderno di viaggiare e di muoversi, un pretesto propagandistico, eccetera.
Altre supposizioni invece attribuiscono al viaggio occulte intenzioni, polemiche o politiche; ovvero interessi d'ogni genere, influssi diplomatici, sia passivi che attivi; oppure servizi a date correnti ideologiche e sociali; e così via.
Certamente il Papa non si muove senza avere scopi speciali e importanti; né il tempo, né i mezzi, né le forze gli basterebbero per fare viaggi simili per svago, o per riposo.
Qualche ragione vi ha da essere.
E l'avere già fatto altri viaggi precedenti non è motivo sufficiente per farne uno nuovo, e così lungo e complicato.
Allora: perché?
Prima di prendere questa risoluzione abbiamo Noi stessi rivolta alla Nostra coscienza la medesima domanda: perché questo viaggio? è necessario?
non basta esercitare il ministero apostolico dalla cattedra romana?
non è una complicazione inutile, che i Papi precedenti hanno saputo evitare?
E la risposta, la prima, quella che oggi a voi confidiamo, è salita proprio dalla Nostra coscienza apostolica.
Che cosa significa apostolo?
significa mandato, significa inviato, ambasciatore, incaricato di compiere un ordine a distanza, significa missionario, messaggero, nunzio.
Questo è il senso originario della parola, il quale senso poi, nella realtà concreta e storica, si arricchisce di contenuto molto più pieno, succedendo nel Vangelo a quello di discepolo eletto ( Cfr. Lc 6,13 ), e assumendo altre funzioni e significati, come quello di testimonio ( At 1,8; At 2,32; At 5,32; At 10,39 ), di maestro ( Cfr. Mt 28,19-20 ), di ministro della fede ( 1 Cor 3,5 ) e rivestito di potestà cultuali ( 1 Cor 4,1 ), di pastore ( Gv 21,15; 1 Pt 5,2 ), di vescovo ( At 20,28 ).
Perciò possiamo dire che l'ufficio apostolico include quello d'una missione itinerante e destinata all'espansione e al consolidamento della Chiesa ( Cfr. At 15,41; At 16,4 ); la quale missione però non esaurisce l'ufficio apostolico nella sua ampiezza multiforme; così che il titolo apostolico potrà riferirsi a tre termini distinti:
alla investitura dello specifico mandato di Cristo a persone scelte da Lui, e da Lui stesso chiamate « apostoli »;
alla diffusione del Vangelo e della Chiesa, e abbiamo l'apostolato;
e finalmente alla derivazione autentica dell'opera permanente dello Spirito di Cristo nella Chiesa, e abbiamo l'apostolicità.
Ma sta di fatto che l'apostolo è di fatto, o di diritto un pellegrino sui sentieri della terra, quanto sono lunghi « fino all'estremità della terra » ( At 13,47 ).
E sta parimente di fatto che l'economia del Vangelo, cioè il suo annuncio agli uomini, da uomo ad uomo, la sua espansione nel mondo e nel tempo, è, sì, opera dello Spirito Santo, ma non senza la collaborazione di uomini, che a tanto grande ed arduo ministero si consacrano.
« Noi, dice S. Paolo, siamo i cooperatori di Dio » ( 1 Cor 3,9 ).
S. Agostino conferma, commentando lo stesso concetto, espresso nella prima lettera dell'apostolo S. Giovanni ( 1 Gv 1,3 ), che « Dio ha voluto avere uomini per suoi testimoni: Deus testes habere voluit homines » ( S. Aug., In Io. Ep. ad Parthos, 1, 2; PL 35, 1979 ).
Questa notissima dottrina si è fatta urgente nel nostro spirito sotto la pressione di due altri motivi ( per tacere ora quelli occasionali e determinanti ); e cioè, da un lato, la possibilità tecnica di compiere viaggi lunghissimi e velocissimi senza alcuna fatica fisica ( S. Francesco Saverio e i missionari d'altri tempi non ebbero certo una così seducente comodità ); e, dall'altro, l'insorgenza e la nuova consapevolezza nella Chiesa della sua vocazione missionaria, risvegliata dal Concilio con un'ampia visione teologica e con l'intimazione fatta ad ogni fedele cristiano di concorrere personalmente all'attività missionaria della Chiesa stessa.
Potere e dovere hanno acceso il volere.
Non vogliamo dare alcuna importanza simbolica, o profetica alla Nostra iniziativa, la quale diventa facile abitudine per l'uomo moderno.
Ma non abbiamo voluto rinunciare al ricorso di mezzi ora disponibili per le comunicazioni sociali e per i trasferimenti personali allo scopo almeno di dare l'esempio di fedeltà all'ansia apostolica, che è propria del Nostro ministero, la sollicitudo omnium ecclesiarum, la cura, il dovere, l'amore per tutte le Chiese ( 2 Cor 11,28 ).
Vorrebbe questo Nostro viaggio, per quel che può valere, essere una testimonianza apostolica, un'esortazione missionaria, un documento dell'interesse supremo del successore dei due apostoli e martiri romani, Pietro e Paolo, per l'attestazione e per la diffusione del Vangelo di Cristo nel mondo.
Questo è il « perché ».
Mentre tante contestazioni, dentro e fuori, affliggono la Chiesa, mentre voci strane osano discutere sulla necessità di spendere tante fatiche per convertire alla fede cattolica popolazioni e persone prive della luce e della vita di Cristo, e mentre alcuni presumono di aprire con propri carismi arbitrari le vie della salvezza, prescindendo dallo strumento gerarchico e dal segno ecclesiale emananti dal volere di Cristo, Noi, con umile fiducia, Noi vogliamo attestare la necessità, oggi, della Chiesa apostolica, e chiedere a tutti i buoni suoi figli, a voi, carissimi, di associarvi spiritualmente a Noi in questa singolare ed attiva invocazione al Padre celeste: venga il regno Tuo.