30 Dicembre 1970
Il pensiero dominante di questi giorni, dedicati alla celebrazione del mistero natalizio, è deviato dagli avvenimenti della vita internazionale, che assorbono l'attenzione del mondo, e che generano nell'opinione pubblica sentimenti di apprensione, di deplorazione e di disagio: la persistenza della guerra in varie parti del mondo, certi procedimenti giudiziari che tanto commuovono l'opinione pubblica mondiale, lo stato di tensione sociale in varie Nazioni, la delinquenza e la violenza, che moltiplicano casi di rapine, di ricatti, di soprusi, di torture, di estorsioni, di delitti …
Il mondo sembra assalito dalla malattia del disordine, della falsa legalità, della criminalità, della pseudo-politica della forza, della demagogia, della contestazione sistematica, della gara mercantile e militare agli armamenti …
Sì; si fanno anche sforzi generosi per l'ordine pubblico, per le trattative economiche, politiche e diplomatiche allo scopo di promuovere soccorsi e stimoli di progresso rinnovatore; ma tutto insieme, questa non è pace, non è civiltà, non è cristianesimo.
Che cosa dobbiamo fare?
noi estranei, noi osservatori, noi uomini del nostro tempo?
Deplorare, inveire, lasciarci invadere dallo scetticismo e dal pessimismo, perdere la fiducia negli uomini e nel tempo nostro? No.
Per suggerire qualche cosa, in questo luogo e in questo momento, Noi esorteremo semplicemente a ritornare al filo interrotto dei pensieri natalizi.
Procuriamo, innanzi tutto, di conservare la pace interiore dello spirito, non solo con uno sforzo psicologico di dominare in noi stessi le reazioni negative, che i mali circostanti provocano nei nostri animi, ma con un atto religioso di fiducia, positiva ed operante, nell'economia di grazia e di bontà, che il Natale di Cristo ha instaurato sulla terra, e che la festa da noi testé celebrata di quell'avvenimento salvatore, rende tuttora attuale e beato.
Così facendo - e perché, con la fede e con la preghiera, non ne dovremmo essere capaci? -, riacquistiamo una personale libertà di giudizio.
Questo è importante: ora che la magia invisibile, ma strapotente, della marea dell'opinione pubblica, alimentata e manovrata dai mezzi di comunicazione sociale, tenta di travolgerci e di dominarci ( strega, fata, o angelo che sia ), dobbiamo difendere la nostra coscienza nativa, illuminata da principi logici e morali superiori.
Allora emerge nella nostra mente un senso primigenio di bene, di giustizia, di umanità; e può essere questo un prezioso vantaggio, che scaturisce da una situazione confusa e disordinata, come quella che in certe ore ci circonda e ci opprime.
Nasce in noi, o rinasce più forte e più diritto il desiderio dei valori umani autentici; un'ansia di umanità ideale ridona respiro alla nostra critica; un senso di comunione, che, volere o no, ci collega con le vicende del nostro tempo, purifica ed esalta in noi il senso della solidarietà, e impone il peso e lo stimolo della corresponsabilità, con il conseguente bisogno di distinguerci da ciò che deploriamo e di corroborare propositi nuovi di azione positiva, d'impegno personale, di dedizione coraggiosa alla causa, che crediamo buona.
Ci si accorge così che ognuno di noi deve uscire da uno stato di inerzia morale, e tanto più da qualsiasi forma, attiva o passiva, di acquiescenza alle forze negative dell'operare e della vita comunitaria; una nuova carica della dinamica operativa, cioè il dovere, si rimonta in noi; e sorge la domanda: quale causa servire?
E qui, la nostra psicologia di osservatori, dapprima indolenti e parassiti della scena del mondo, o tentati di fuga dalla sua realtà per rifugiarsi in un egoismo più furbo, o più sognatore, ora svegliati da una vocazione di milizia ideale, progredisce verso una domanda, che può essere per molti poco onorevole scoperta, se rimane senza risposta: so io per che cosa militare? ho idee? ho principi? per quali valori operare e combattere?
ho io chiaro il concetto di qualche cosa per cui vale la pena di impegnare e di giocare la vita?
vi è qualche idea più preziosa della vita stessa?
perché solo questa idea, non solo darebbe significato e statura piena e normale alla vita personale, ma potrebbe fare leva fuori di noi per la sollevazione morale del mondo, cioè per la comune salvezza.
Scopriamo cioè che non solo il mondo, ma noi per primi abbiamo bisogno di idee; di idee vere, di idee forti, di idee nuove, di idee alte, di idee che fanno l'uomo più grande di sé.
Dove arriviamo? di idee buone e grandi, umane e degne, ve ne sono molte nel nostro tempo, ma spesso esse sono ostacolate e divorate da altre idee opposte; e alla fine la confusione ancora prevale.
Ma, entrati nel dibattito delle idee valide per la salute del mondo, noi siamo per fortunata e misteriosa forza di cose, cioè di esperienza, di attrattiva, di verità, ricondotti alle soglie del presepio: al piccolo e umile Cristo, che possiede il segreto della nostra salvezza.
Non terminiamo la riflessione sulle presenti vicende della nostra storia senza ricordarci, col capo chino e col cuore aperto, di Lui!
Con la Nostra Benedizione Apostolica.