31 Marzo 1971
Se nostro studio è, specialmente durante questo periodo quaresimale, cercare la rettitudine morale della nostra condotta, l'avvertenza delle deviazioni possibili da tale rettitudine impegna la riflessione della nostra coscienza.
Essa ora si rivolge alle deviazioni maggiori e più facili e frequenti, che conducono l'uomo fuori strada, e lo privano dell'incontro con la grazia pasquale alla quale vogliamo arrivare.
Abbiamo fatto cenno ad alcune di queste possibili deviazioni.
Un'altra, fatale per la sua facilità e per la sua gravità, è quella, così detta, della carne.
Essa si presenta come una tentazione congenita ed ambientale, come un'attrattiva propria di questo mondo.
« Non vogliate amare il mondo - scrive l'Apostolo S. Giovanni nella sua prima lettera - …
Se uno ama il mondo, la carità del Padre non è in lui; poiché tutto quello ch'è nel mondo è concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e superbia della vita » ( Gv 2,15-16 ).
È questa la nota tripartizione delle tentazioni, che conducono fuori strada i passi dell'uomo in ordine a Dio.
Passioni ordinariamente si chiamano ( Cfr. Gc 1,14 ).
Ci occupiamo ora della prima, oggi fortissima, quella della carne.
Perché, se ogni tentazione risulta da due stimoli, uno interno, l'altro esterno, dobbiamo notare che lo stimolo interno si fa più urgente, se non è moderato da preciso volere, con lo sviluppo della psicologia personale; e lo stimolo esterno, quello ambientale, s'è fatto più che mai insistente, seducente, eccitante, invasore: pensate alla stampa licenziosa e pornografica, diffusa con tutte le astuzie dell'esibizione e del commercio; pensate agli spettacoli equivoci e mondani, ai divertimenti licenziosi, a certi privati e pubblici costumi liberati da norme moderatrici, alle tendenze, che si vanno divulgando dalla così detta « moralità » ( o immoralità ) permissiva, e che consentono ogni bassezza e depravazione.
L'ambiente, se uno non cerca d'immunizzarsi con proposito riflesso, offre dappertutto eccitazioni alla fragilità della « carne », specialmente se giovane e inesperta.
Che cosa s'intende per « carne » nel linguaggio morale ben si sa: s'intende tutto ciò che si riferisce alla indisciplina della sensualità; cioè a quel pericoloso gioco interiore della sensibilità fisica in contrasto o in complicità con la sensibilità spirituale, al piacere animale, alla voluttà, al corpo passionale che attrae a sé l'anima e l'abbassa ai propri istinti, la cattura e l'acceca, così che, come dice S. Paolo, « l'uomo animale non percepisce le cose dello Spirito di Dio » ( 1 Cor 2,14 ).
Non crediamo che vi sia bisogno di spiegazioni in proposito.
Se ne parla tanto oggi, troppo forse.
Raro che uno scrittore narrativo oggi non paghi il suo triste tributo, con qualche pagina almeno, a qualche follia sensuale, o a qualche ebbrezza dionisiaca, di cui è pervaso il mondo della cultura letteraria, o della dissolutezza gaudente e insieme angosciosa.
Gli studi psicanalitici sugli istinti umani, e specialmente sulla neuropatologia e sulla sessualità hanno dato linguaggio scientifico alla comune esperienza empirica delle passioni erotiche; alcuni li hanno esaltati come nuove e vere scoperte dell'uomo.
Si parla anche di educazione sessuale, con lodevole intento pedagogico, ma si dimenticano talora alcuni aspetti della realtà umana, non meno oggettivi di quelli offerti dall'immediata osservazione naturalista, quali la esigenza del pudore, il riguardo dovuto alla differenziazione dei due sessi, maschile e femminile, e soprattutto la delicatezza richiesta dalla disfunzione passionale, introdotta nel complesso etico-fisico-psicologico d'ogni essere umano dal peccato originale;
Cose tutte che, mentre reclamano, sì, un'educazione sessuale, suggeriscono molte e delicate cautele, specialmente nell'educazione giovanile, e raccomandano a genitori e maestri un intervento sapiente e tempestivo, con un linguaggio graduale, limpido e casto ( Cfr. Conc. Vat. II, Gravissimum educ., 1; Pio XII, Discorsi, XIII, p. 257; Ratio Fund. Inst. sacerdotalis, 48; le opere di S. Ambrogio sulla verginità, sulla penitenza, ecc. ).
Ma a noi, in questa sede, basti, ancora una volta, proporre alla vostra riflessione, in ordine a questa tentazione, - che è « legione » - ( Cfr. Mc 5,9 ), cioè estremamente varia e insistente, due affermazioni e una raccomandazione.
La prima affermazione sostiene che la vittoria sulla tentazione della carne è possibile.
È persuasione corrente, che trova fautrice e complice la natura stessa di questa tentazione, essere impossibile superarla, essere utopia la castità, essere tollerabile, anzi forse istruttiva, l'esperienza del suo dominio sul nostro spirito, sul nostro morale equilibrio, onesto e puro.
Non è così, fratelli e figli carissimi!
Se si vuole, si può conservare casti il proprio corpo e il proprio spirito.
Non propone cosa impossibile il Maestro divino, che si pronuncia con estrema severità in questa materia ( Cfr. Mt 5,28 ).
Per noi cristiani, rigenerati dal battesimo, se non è dato l'affrancamento da questo genere di umana debolezza, è data la grazia di superarla con relativa facilità; lo Spirito può essere in noi operante, proprio in ordine alla padronanza di noi stessi, alla continenza, alla castità ( Gal 5,23; Fil 2,3; ecc. ).
La seconda affermazione è questa: ch'è molto bello essere puri.
Non è un giogo, è una liberazione;
non è un complesso d'inferiorità, è un'eleganza, una fortezza dello spirito;
non è una fonte di ansietà e di scrupoli, è una maturità di criterio e di padronanza di sé;
non è un'ignoranza di realtà della vita, è una conoscenza disinfettata da ogni possibile contagio, più lucida e penetrante di quella opacità propria dell'esperienza passionale e animale;
sarà innocente, sì, forse inesperta della fenomenologia patologica della vita corrotta, ma non ignara delle profonde realtà del bene e del male, a cui l'uomo è candidato;
avrà anzi lo sguardo trasparente fino a rintracciare nel fondo delle bassezze peccatrici le possibili risorse del pentimento e della riabilitazione.
La purezza è la condizione adeguata all'amore, al vero amore, sia quello naturale, sia quello sovrumano dedicato unicamente al regno dei cieli.
E la raccomandazione viene da sé: la diciamo al Padre nella consueta preghiera: « non ci indurre in tentazione »!
Applichiamola a noi stessi, quasi ad esaudimento di questa suprema preghiera.
Bisogna che ci difendiamo dalla prepotente tentazione della carne, se vogliamo vivere il mistero pasquale.
Dentro e fuori; nel cuore innanzi tutto, donde esce il male e il bene di cui siamo capaci ( Cfr. Mt 15,19; 2 Tm 2,22 ); e nell'ambiente, all'intorno a noi: oggi ci si occupa di ecologia, cioè di purificazione dell'ambiente fisico dove si svolge la vita dell'uomo: perché non ci preoccuperemo anche d'un'ecologia morale dove l'uomo vive da uomo e da figlio di Dio?
Questo vi raccomandiamo, con la Nostra Benedizione Apostolica.