9 Giugno 1971
Domani è il « Corpus Domini », la festa dedicata all'Eucaristia.
Ogni volta che si celebra la santa Messa si ricorda, si rinnova, si onora il sacramento della presenza e del sacrificio di Cristo nei segni del pane e del vino e nell'azione della sua immolazione redentrice.
E questo è mistero così grande, così palese nei simboli che lo rappresentano e così nascosto nella realtà ivi contenuta, e così nostro, cibo per la nostra fame di vita, viatico del nostro pellegrinaggio nel tempo, amico per ciascuno che lo voglia al suo colloquio, centro e principio di unione ecclesiale, meraviglia religiosa incomparabile e inesauribile, che, ad un dato momento della storia della Chiesa, fu nel secolo XIII , e in un dato Paese, celebre allora per l'intensità della sua vita religiosa, le Fiandre, per devota iniziativa di Sante Donne ( emule di quelle evangeliche, che prime accorsero al sepolcro, lo trovarono vuoto, ed ebbero e diedero notizia della risurrezione del Signore ), come le mistiche: la Beata Ida di Lovanio e specialmente la Beata Giuliana di Liegi, e altre, si sviluppò il culto dell'Eucaristia fuori della Messa.
Papa Urbano IV, già arcidiacono di Liegi, dopo il miracolo di Bolsena, con la Bolla Transiturus ( 1264 ), rimasta celebre e confermata più tardi da Clemente V, primo Papa avignonese ( 1312 ), istituì la festa, che tuttora celebriamo, del « Corpus Domini », con la magnifica officiatura composta da S. Tommaso d'Aquino, e con la sede poi costruita dell'incomparabile Duomo di Orvieto.
Il fatto della istituzione tardiva, al confronto di quelle dei primi secoli, di questa festa e della diffusione del culto del sacramento eucaristico, non deve meravigliarci; esso sta a testimoniare la progressiva coscienza che la Chiesa acquista dei tesori di verità e di grazia che porta con sé, e la carità crescente con cui risponde al grande e misterioso dono divino; sempre la Chiesa ebbe fede nella presenza di Cristo nelle specie sacramentali, anche oltre e fuori della celebrazione del sacrificio eucaristico ( cfr. l'invio dei smcta, o del fermentum, dalla Messa pontificale ai titoli presbiterali, o da una Messa precedente alla successiva; la conservazione dell'Eucaristia per gli infermi, ecc ) ( Cfr. Innoc. PL 20, 556; Duchesne, Origines, p. 196; Denz.-Sch., 835-452; ecc. ).
È questa una delle prove che nella liturgia della Chiesa il contenuto prevale sul rito, la res sul sacramentum; e noi perciò dobbiamo onorare l'Eucaristia per la Realtà, ch'essa a noi offre, ancor più che le forme storiche e rituali con cui è celebrata.
La pietà eucaristica ha un'estensione maggiore del breve momento celebrativo della Cena sacrificale del Signore.
Il Signore rimane nelle specie sacramentali; e questa permanenza non solo giustifica, ma esige il culto suo proprio: l'adorazione specialmente, la santa comunione fuori della Messa, se durante la Messa non fu possibile, la processione solenne - e sarebbe rito proprio della festa di domani.
Detto questo noi fermeremo oggi la nostra attenzione ad un comportamento spirituale vigiliare: la preparazione.
L'accesso all'Eucaristia richiede una preparazione.
Basta pensare quale fatto sia la santa comunione, alla quale siamo dalla Chiesa e dal carattere proprio di questo sacramento tanto pressantemente invitati.
Sempre l'avvertenza della presenza divina incute all'uomo più timore che attrattiva ( Cfr. Lc 5,8 ); ma l'Eucaristia, sotto le vesti del cibo e della bevanda, esercita subito l'attrattiva, più che il timore; è mediante la forma più familiare, più umile, più invitante ch'essa si presenta e quasi ci vuole: « Venite a me tutti » ( Cfr. Mt 11,28; Imit. di Cr. IV, 2 ).
Ma questo incontro ineffabile della nostra anima con Cristo vivo e vero non può avvenire senza una profonda riverenza, senza uno sforzo di comprensione, senza un ossequio alla stessa volontà di Gesù che ci attende e ci invita.
Che cosa vuole il Signore da noi quando ci accostiamo alla santa Eucaristia?
Oh, qui i Maestri della devozione hanno detto tante bellissime cose.
Scegliamone ora tre, delle quali non ci dovremmo mai scordare.
La prima è la fede.
È al « mistero della fede », per eccellenza che noi osiamo avvicinarci; non dovremmo mai dimenticare la fede, cioè la forza agente della Parola di Dio, testimoniata dalla Chiesa, mentre entriamo in questa sfera di realtà, che la Parola di Dio, di Cristo ci rivela presenti e operanti.
Diciamo con l'umile personaggio evangelico: « Io credo, o Signore, ma tu aiuta la mia incredulità! » ( Mc 9,23 ).
Quali analisi psicologiche, quali effusioni spirituali ci offrono simili parole!
Ed è ciò che Cristo domanda a coloro che cercano Lui, come alimento di vita eterna: Egli insegna: « Questa è l'opera di Dio ( che dovete fare ); che crediate in Colui che Egli ha mandato » ( Gv 6,29 ).
E poi occorre un esame di coscienza.
S. Paolo, proprio svolgendo ai Corinti la catechesi sull'Eucaristia, dice gravemente: « Chi mangia il pane, o beve il calice del Signore indegnamente, sarà reo del Corpo e del Sangue del Signore.
Che ciascuno esamini se stesso, prima di mangiare di quel pane e bere di quel calice; poiché chi mangia e beve indegnamente, se non distingue il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna » ( 1 Cor 11,27-29 ).
Occorre avere l'anima pura, occorre avere ricuperato la grazia mediante la penitenza, il sacramento della riabilitazione, prima di accedere all'abbraccio di Cristo.
Oggi v'è chi tenta esonerare i fedeli da questa indispensabile condizione; ma sono « fedeli » quelli che se ne dispensano?
E finalmente una terza preparazione, anche questa prescritta da Cristo.
Egli ci ammonisce, nel discorso della montagna: « Se tu, nel fare la tua offerta all'altare, ti rammenti che il tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia la tua offerta davanti all'altare, e va' prima a riconciliarti col tuo fratello; poi ritorna a fare l'offerta » ( Mt 5,23 ).
Cioè, non si può ambire alla comunione con Dio, con Cristo, se non si è in comunione con i fratelli.
Occorre una preparazione di carità fraterna, se vogliamo godere del sacramento della carità e dell'unità, ch'è l'Eucaristia.
Anche questa, quale lezione! quale trasformazione di cuori esige la nostra frequenza alla santa comunione! quale fecondità pratica e sociale può e deve generare la nostra pietà religiosa! la pace, il perdono, la concordia, l'amore fraterno, la bontà!
quale atmosfera umana deve circondare l'atto sovrumano della comunione con Cristo!
Cose note, sì; ma quali cose!
Vi ripeteremo, per concludere, le parole di Gesù: « Se voi sapete queste cose, sarete beati se le metterete in pratica » ( Gv 13,17 ).
Ciascuno ci pensi.
Si tratta della nostra preparazione alla festa del « Corpus Domini ».
Sia valida per tutti, con la Nostra Benedizione Apostolica.