5 Aprile 1972
Vi salutiamo tutti, Fratelli e Figli carissimi, presenti a questa Udienza, alla quale ci sembra doveroso attribuire un valore pasquale: è infatti la grande festività pasquale che ha condotto a Roma ciascuno di voi e ciascuno dei vostri gruppi.
Il vostro viaggio romano e la vostra presenza a questo incontro con noi acquista significato di pellegrinaggio dal momento religioso, che la Chiesa sta celebrando in questi giorni, il momento pasquale, e mette gli animi vostri di fronte all'avvenimento unico e strepitoso, che fa da perno a tutta la storia umana e al destino di ciascuno di noi; questo avvenimento, voi lo sapete, è la risurrezione di Cristo, è la Pasqua.
Non è soltanto una passeggiata turistica, che qua vi conduce, ovvero una semplice curiosità spirituale esteriore; è una partecipazione, che vi assorbe in una adesione, che impegna la vostra libera personalità, e vuole decidere circa il vostro interesse, circa la vostra fede a riguardo del fatto che Gesù, il Maestro del Vangelo, Figlio dell'uomo e Figlio di Dio, colui che fu crudelmente crocifisso, e emettendo una grande voce ( Mc 15,37 ), all'ora nona del venerdì santo, spirò piegando il capo ( Gv 19,30 ) ormai privo di vita, e fu sepolto regolarmente e sigillato nella tomba, quel Gesù, all'alba del terzo giorno, risuscitò!
Impossibile? Risuscitò.
Incredibile? Risuscitò, come era stato predetto, dalle Scritture sacre e da Lui stesso.
Apparentemente, nella visione immaginaria ed estatica di alcune donne inconsolabili e ancora affascinate dalla straordinaria figura di Gesù, le quali trovato il sepolcro vuoto, si suggestionarono di rivederlo vivo?
No, risuscitò realmente, nella sua stessa identica umanità.
Forse la suggestione diventò collettiva, e si diffuse nel gruppo dei fedelissimi?
No, anche perché questi non erano affatto disposti a lasciarsi incantare, ma proprio perché questi lo videro con i loro occhi, lo toccarono con le loro mani, e perfino mangiarono e bevvero con lui ( At 10,41 ). Eccetera.
Conoscete le narrazioni realistiche del Vangelo circa la risurrezione del Signore, e lo scorcio non meno concreto e realistico che ne fece S. Paolo, scrivendo ai Corinti ( 1 Cor 15 ).
Ma se era proprio vivo, in carne ed ossa, come mai, nei racconti scritturali su Gesù risorto.
Egli appare e scompare? Entra a porte chiuse ( Gv 20,19.26 ), e solo il gruppo dei discepoli gode di queste visioni? ( At 10,41 )
Il dramma si fa mistero.
Notate due cose.
Prima: Gesù risorto col corpo stesso che aveva preso da Maria Vergine, ma in condizioni nuove, vivificato da un'animazione nuova e immortale, la quale impone alla carne fisica di Cristo le leggi e le energie dello Spirito.
La meraviglia non annulla la realtà, anzi è la nuova realtà.
Seconda cosa: questa nuova realtà, che si è documentata nelle inespugnabili prove del Vangelo e poi della Chiesa vivente di quelle testimonianze, è così superiore alle nostre capacità conoscitive e perfino immaginative, che bisognerà farle posto nei nostri animi per via di fede.
Ricordate l'episodio tipico di Tommaso, che volle vedere e toccare.
Gesù gli fece vedere e toccare, ma gli soggiunse: « Beati coloro che, pur non vedendo, crederanno » ( Gv 20,29 ).
Gesù risorto fondava così sulla fede - sulla fede, ragionevole e credibile, ma sulla fede, non sensibile: ma sperimentata, ma fondata sulla testimonianza apostolica e sulla sua divina Parola - la sua società religiosa, la sua Chiesa, alla quale noi abbiamo la sorte di appartenere, per sua bontà e per nostra fortuna.
Noi vi chiediamo perciò, Figli e Fratelli carissimi, di dare al vostro viaggio pasquale romano, a questa udienza che tutti ci raccoglie nel ricordo e nella perennità del mistero della risurrezione, il valore d'un atto di certezza in quella stessa fede che scoppio alla fine, dopo l'ammonizione di Cristo: « Non voler essere incredulo, ma credente » nel cuore e sulle labbra di Tommaso: « Mio Signore e mio Dio! » ( Gv 20,27-28 ).
Con la nostra Benedizione Apostolica.