31 Gennaio 1973
Riprendiamo il filo d'una riflessione che non può e non deve mai terminare: la riflessione circa il nostro atteggiamento davanti alla questione di Dio, la questione religiosa.
Succede questo: l'audacia, temeraria o incosciente, con cui oggi s'impone la negazione di Dio, conclude a ridare a tale questione un'urgenza tormentosa.
Dio è assente, abbiamo detto, dalla vita moderna, perché dimenticato, perché escluso;
nulla succede nel mondo?
nulla succede nella cultura umana?
nulla succede nel foro interno della persona vivente e pensante?
Noi ora non tentiamo nemmeno di rendere esplicite queste domande; ci limitiamo a lanciarle nei vostri spiriti, per stimolarli ad una ricerca, che può svolgersi percorrendo qualcuna delle cento vie, che si aprono loro davanti, proprio a causa dell'immenso e indefinito vuoto prodotto dall'assenza di Dio.
Ci basta fare accogliere questa parola esplosiva: la ricerca.
Che metteremo al posto di Dio?
Cioè: all'assenza di Dio, che caratterizza, con certi macroscopici aspetti, la vita moderna, succede, volere o no, la ricerca di Dio.
Semplifichiamo questo fenomeno, classificandolo in alcune sue categorie elementari, cominciando da quella che pare la più ovvia e la più comoda.
La prima ricerca ritorna subito alla negazione di partenza, cioè la ricerca soffoca se stessa, cercando di convincersi che la questione religiosa è una pseudo-questione; è inutile, è dannosa.
Anche se immense zone d'ombra si addensano in tal modo d'intorno alla mente umana, e se ormai nessuno pretende che la scienza possa soddisfare le supreme aspirazioni della mente umana, ci si rassegna a vivere entro i suoi orizzonti, resi sempre più ampli, ma senza avvertire che quanto più si estende il meraviglioso campo delle conoscenze scientifiche, tanto più cresce l'enigma dell'essere che tutte le pervade e che di per sé urge a salire in una sfera superiore, dove è pur necessario arrivare, la sfera appunto del necessario, dell'assoluto, la sfera della causalità creatrice, la sfera di Dio.
Sappiamo bene che lo sforzo logico per arrivare a questa prima e pallida conoscenza del primo principio spesso non giunge a stabilire quel rapporto vitale fra l'uomo e Dio, che chiamiamo religione, ma ne è la premessa: la premessa soggettiva, perché è spalancata davanti al pensiero, reso umile ed esaltato, la finestra della realtà trascendente; e la premessa oggettiva, perché al mistero sempre esplorabile delle cose finite si vede sovrastare il mistero ineffabile e inesauribile dell'Essere infinito, con questa incomparabile scoperta, basilare per tutto l'ordine religioso: che il nostro pensiero è fatto per raggiungere la vetta della divinità.
Meravigliosa scoperta: noi siamo essenzialmente destinati al rapporto personale con Dio.
Ricordiamo la sempre citata parola di S. Agostino: « Tu, o Dio, ci hai fatti per Te, e insaziato sarà sempre il nostro cuore finché non riposi in Te » ( Conf 1,1 ).
Togliere all'uomo questa meta vorrà dire tagliare le ali del suo spirito, abbassare la sua statura al livello degli esseri privi di anime spirituali, ingannare le sue supreme aspirazioni con oggetti di insufficienti dimensioni, alimentare la sua fame religiosa con cibo che la accresce, ma saziare non può ( Cfr. S. TH. Contra Gentes, III, 25 ).
Si ferma qui la ricerca di Dio?
Perché essa è così radicata nella nostra natura che in qualche maniera anche coloro che lo dimenticano, e lo negano percorrono questa ricerca, deviata su false, o incomplete, o impersonali ed astratte rappresentazioni di Dio.
Noi moderni, allenati all'uso del pensiero, siamo particolarmente predisposti a questa mistificazione, a questa idolatria: di ogni desiderio, di ogni astrazione ideale di unità, di verità, di bontà, di ogni pur reale concezione di felicità, di potenza, di arte e di bellezza e di amore, ci facciamo un bene supremo, un assoluto che ci domina: ricadiamo, spesso non meno puerilmente degli antichi idolatri delle cose sensibili o dei fenomeni naturali, nella sfera dell'uomo.
Ora l'uomo non basta all'uomo.
Se si ascolta davvero la voce di questa sfera umanistica dobbiamo registrare l'antica risposta: cerca più su; quaere supra nos.
E sopra l'uomo, ammesso che si arrivi alle soglie del mondo religioso, è finita, ripetiamo, la nostra ricerca?
No, rispondiamo.
Essa piuttosto comincia sopra un piano nuovo, in un regno nuovo.
Questo vorremmo compreso da quanti pensano, o dubitano che concedere il proprio spirito all'esperienza religiosa possa frustrare la sua libertà, la sua autonomia, la sua energia; riempirlo di fantasmi e di miti, di scrupoli e di paure.
Dobbiamo ammettere che non tutte le espressioni religiose sono valide; ma noi abbiamo la fortuna e il dovere d'affermare che esiste una religione vera, soggettivamente modellata secondo le misure ed i bisogni del nostro spirito, oggettivamente istituita da quel Dio che andiamo cercando con la sorpresa, anche qui, di scoprire che ancor prima e infinitamente ancor più che noi ci movessimo alla ricerca di Dio, Dio è venuto in cerca di noi ( Cfr. Abrahan heschel, Dieu en quête de l'homme, Seuil 1968 ).
Perciò la ricerca continua.
E, voi sapete, in un oceano di verità e di misteri.
In un dramma in cui ciascuno ha una sua parte da svolgere.
È la vita.
Potrà esaurirsi in questa nostra esistenza temporale? No.
Nonostante l'immensa luce della nostra religione cattolica, la ricerca e l'attesa d'ulteriore rivelazione non sono compiute: anzi sono ancora all'inizio.
La fede non è conoscenza completa, essa è fonte di speranza ( Cfr. Eb 11,1 ).
Noi ora vediamo le realtà religiose, anche nella loro incontrovertibile realtà, nel mistero, nella loro impossibilità di ridursi alla misura puramente razionale; conosciamo queste realtà « come di riflesso, in uno specchio, in un enigma » ( 1 Cor 13,12 ).
Lo studio, la ricerca, diciamo la parola che tutto comprende il processo umano-religioso, l'amore permangono attivi e dinamici.
Possibile che l'uomo d'oggi, teso in continua, ansiosa, esilarante conquista non sappia riascoltare questo invito perenne e stimolante alla ricerca di Dio?
Diciamo a noi stessi l'esortazione del Profeta: « Cercate il Signore mentre si può trovare, invocatelo mentre è vicino » ( Is 55,6 ).
Con la nostra Benedizione Apostolica.