21 Marzo 1973
Che cosa vi diremo?
Il periodo liturgico, al quale la Chiesa, in preparazione della Pasqua, dà tanta importanza, richiama il nostro pensiero, e ci offre una serie di temi fondamentali per la nostra vita religiosa e morale, i quali, anche se appena accennati in un breve colloquio come questo, ci possono introdurre nella scoperta dei punti decisivi della mentalità moderna positiva in ordine alla nostra professione cristiana.
Possiamo subito dire che questa professione cristiana è molto legata al corso del tempo: ogni giorno ha il suo orario.
Vi è una « liturgia delle ore »; ogni buon cristiano ha in ogni giornata qualche momento di preghiera.
Come ogni settimana ha il suo giorno del Signore, la domenica, che deve essere contrassegnata da un atto religioso pieno di significato e di valore, la Messa; e così tutto il corso dell'anno è scandito dalle sue feste, celebrative dei misteri di Cristo e dei Santi.
Il calendario della Chiesa non è solo un fatto di costume consuetudinario; è un programma di vita spirituale.
Ora la presente stagione, che chiamiamo quaresima, esige una particolare avvertenza da parte di chi vuol essere fedele alla pedagogia religiosa della Chiesa, esige un impegno più attento e osservante di quanto ella propone alle singole anime e alle varie comunità.
Facciamo perno dei nostri pensieri interiori sulle parole, che appunto la Liturgia mette in risalto all'inizio di questo periodo d'intensità spirituale e che sono mutuate da San Paolo: « Noi come collaboratori ( di Cristo ) vi esortiamo a non ricevere indarno la grazia di Dio.
Poiché Egli dice: nel tempo favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso ( Is 49,8 ); ecco, è adesso il tempo veramente propizio; ecco, questo è il giorno della salvezza » ( 2 Cor 6,1-2 ).
Dunque, prima cosa: avere il senso del tempo, collegato col nostro destino; bisogna essere « tempisti », avere la presenza dello spirito nell'attualità, e sapere quando è il momento buono, quando è l'ora della grazia, quando è « il passaggio del Signore » ( Cfr. Exod. 12, 11 ).
Colui che disse: timeo transeuntem Deum, io temo l'Iddio che passa, ha imposto alla coscienza un tema di ben grave considerazione: la nostra sorte può dipendere da circostanze disposte da un disegno provvidenziale, le quali possono non ripetersi più.
Noi moderni, la cui vita si svolge nel complicatissimo congegno dell'organizzazione strumentale e sociale, abbiamo continuamente davanti la misura del tempo, le scadenze dei nostri diritti e dei nostri doveri, la durata delle nostre azioni, le esigenze dei nostri calendari, i calcoli dei nostri orologi e dei nostri cronometri; non dovremmo quindi sentirci vessati dalle premure, con cui la Chiesa adopera il corso del tempo per sollecitare il nostro spirito alla puntualità che riguarda i ritmi delle sue fortune.
Del resto, l'avvertenza dell'ora stabilita per lo svolgimento del suo disegno messianico non è ricorrente nella parola stessa di Cristo? ( cfr. specialmente nel Vangelo di Giovanni ).
E svegliata così la coscienza circa l'arrivo dell'ora favorevole, la domanda nasce da sé: l'ora favorevole per fare che cosa?
Alla quale domanda fa eco la risposta caratteristica del tempo quaresimale, ma comprensiva di tutta la durata della nostra esistenza temporale: per convertirsi.
Per convertirsi? Sì, questa è l'ora della conversione.
Non siamo già convertiti?
cioè non siamo già nell'ordine della salvezza?
cioè della fede, della grazia, della Chiesa?
non siamo forse cattolici?
Questa parola « conversione » merita da parte di tutti una riflessione speciale.
Gli esegeti ci diranno che nel caso nostro, cioè nel linguaggio biblico, travasato in quello liturgico, il termine « conversione » è in stretta parentela, quasi di sinonimia, con altri due, che sono: la penitenza ( in gr. metánoia ) e orientazione nuova ( in gr. epistrofé ).
Così Gesù inaugura la sua predicazione secondo l'Evangelista Marco: « Egli diceva: il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: fate penitenza ( cioè convertitevi ), e credete al Vangelo ( alla buona novella ) ».
Noi possiamo ora contentarci di tradurre in termine pratico questa austera parola della conversione, chiamandola riforma interiore.
A questa riforma siamo chiamati; la quale ci fa capire subito molte cose.
La prima riguarda l'analisi interiore del nostro spirito; sì, una specie di psicanalisi religiosa e morale:
dobbiamo ripiegarci sopra noi stessi per esaminare quale sia la vera direzione principale della nostra vita,
quale sia cioè il movente abituale e prevalente del nostro modo di pensare e di agire,
quale sia la nostra ragione di vivere,
quale lo stile morale della nostra personalità:
possiamo dirci uomini onesti?
cristiani coerenti e fedeli?
Il timone della nostra rotta è rivolto verso la giusta meta? ovvero la sua direzione ha bisogno d'essere rettificata?
Questa è la prima conversione; e nessuno vorrà contestare l'opportunità d'una tale verifica.
Anche a questo riguardo la vita profana offre modello per quella spirituale: non facciamo noi i bilanci annuali delle nostre amministrazioni economiche? come vanno i nostri affari? e gli affari della vita religiosa e morale? non è la disciplina quaresimale, specialmente se corroborata dai così detti « esercizi spirituali », tutta rivolta a verificare la rettitudine fondamentale del nostro vivere?
Poi questo studio su se stessi ci metterà in grado di scoprire il groviglio della nostra psicologia operativa; troveremo forse peccati, o almeno debolezze che avrebbero bisogno di penitenza, di riforma profonda.
Vedremo, ad esempio, che certi caratteri salienti della nostra personalità sono spesso tutt'altro che lodevoli, specialmente dove le nostre passioni ci danno il gusto di operare, e perciò l'illusione d'essere liberi, mentre siamo vittime di noi stessi,
cioè di queste energie istintive, cieche e punto degne d'un uomo perfetto, e tanto meno d'un seguace di Cristo;
così vedremo finalmente l'enorme influsso che ha sopra la libera e ragionevole scelta delle nostre idee e il governo personale delle nostre azioni l'ambiente esteriore nel quale viviamo.
Quante crisi, giovanili specialmente, qualificate sotto il vessillo dell'emancipazione, sono tutt'altro che libere, ma momenti interiori di conformismo, e talora di viltà verso la prevalenza della moda, dell'interesse e della forza!
La conversione, a cui la ricorrente revisione prepasquale ci invita, ci offre occasione, ed insieme i mezzi a ciò necessari, d'una « psicoterapia » rinnovatrice.
Anche dalla creta dell'« uomo vecchio », che siamo noi, specialmente se abbandonati al gioco guasto del nostro essere decaduto, può venir fuori, su l'esempio e con l'ausilio di Cristo per noi morto e risorto « l'uomo nuovo », predestinato a felici, eterni destini.
Lo auguriamo per tutti con la nostra Apostolica Benedizione.