1 Maggio 1973
Oggi, Festa del Lavoro, alla quale il nostro venerato Predecessore Papa Pio XII volle attribuire un carattere religioso, quasi a sublimare il suo carattere economico-sociale, quante, quante cose sarebbero da ricordare in questo nostro incontro, che non può dimenticare il tema dominante della festa, il lavoro cioè, e non può rinunciare al tentativo di inquadrarne l'idea nel disegno spirituale e religioso della vita cristiana.
La brevità stessa di questa nostra familiare conversazione impone una sintesi.
Concentriamo i nostri pensieri in un solo punto focale: onorare il lavoro.
1. Sì, onoriamo dapprima il lavoro, sotto l'aspetto soggettivo, come un'esigenza naturale dell'essere umano.
L'uomo è un essere virtuale, implicito, bisognoso di sviluppo e di perfezionamento.
Questo sviluppo e questo perfezionamento non avviene in forma dovuta ed in misura soddisfacente da sé, quasi per crescita vegetativa; avviene mediante l'attività dell'uomo, un'attività razionale, ordinata, che mette in esercizio le forze e le facoltà umane; questo esercizio è il lavoro.
È l'operosità, è la scuola, è la ginnastica, è la fatica.
L'uomo non raggiunge la sua dimensione vera senza il lavoro, ch'è legge benefica e grave per tutti noi.
Guai all'ozio, alla pigrizia, allo spreco del tempo, all'impiego vano e superfluo delle proprie capacità.
Ogni uomo deve essere in qualche modo intelligente e volenteroso lavoratore.
Onoriamo nel lavoro ciò che lo fa grande, nobile, meritorio: il dovere.
E riconosciamo nel lavoro un programma immancabile e irrinunciabile della nostra vita: il diritto al lavoro ( Cfr. Gen 2,15; Mt 20,6; Gaudium et Spes, 33-37 ).
2. Riconosciamo sinceramente un altro aspetto del lavoro: l'aspetto, diciamo così, penale.
Il lavoro non è sempre piacevole.
È insito nella natura stessa del lavoro un effetto sgradevole: la fatica, lo sforzo, la stanchezza; e poi il fatto ch'esso è dovere, è obbedienza, è necessità ci ricorda che l'attività umana porta in se stessa un castigo derivato da un fallo antico, il peccato originale, di cui noi portiamo ancora la triste eredità: « col sudore del tuo volto mangerai il tuo pane », disse Dio Creatore ad Adamo peccatore; ricordate? ( Gen 3,17-19 ); tanto che S. Paolo, lanciando un principio perenne di deontologia e di economia sociale, scrisse, in una delle prime lettere, chiaro e tondo ai Tessalonicesi: « se uno non vuole lavorare, neppure deve mangiare » ( 2 Ts 3,10 ).
Sì, il lavoro è gravoso, talvolta penoso, rischioso.
Onoriamo il lavoratore che soffre.
Onoriamo il lavoratore fiaccato, spesso umiliato, sfruttato.
E cerchiamo di asciugare il suo sudore, procurando che esso sia alleviato, risparmiato; e anche confortando la pena di lui come titolo d'una maggiore dignità umana e come segno non vano di simiglianza a Cristo paziente.
3. Onoriamo il lavoro nel suo aspetto economico.
Cioè come dominatore della natura, e trasformatore delle cose in beni utili all'uomo.
Il fenomeno è universale e gigantesco.
Oggi l'uomo pensante è venuto in soccorso all'uomo faticante: gli ha inventati e dati tali strumenti, che mentre questi alleggeriscono, fino quasi ad annullarla, la fatica fisica, ne moltiplicano a dismisura l'efficienza.
È il prodigio caratteristico del nostro tempo, della civiltà moderna: il connubio della scienza e della tecnica, dal quale provengono i frutti ciclopici dell'industria e i ritrovati meravigliosi della nostra cultura.
È una gloria questa, che noi dobbiamo spiritualmente riconoscere e esaltare.
La vita della società moderna ormai ne dipende; e poi l'opera dell'uomo così vi risplende, che noi dovremo onorare in lui quella somiglianza divina che il Padre ha infuso, creandola, nell'anima umana.
Sì, dovremo esaltare e benedire questo fenomeno, estremamente complesso, fecondo, potente, e sempre nuovo, dell'attività organizzata e strumentalizzata dall'industria e dalla tecnica, non come un'apostasia naturalista dell'uomo fattosi adoratore della terra, ma come uno sforzo dell'uomo che, mediante una sua sapienza celeste, la mente umana, estrae da essa, la terra, i doni ivi infusi dal Pensiero creatore ( vedi la bella lapide murata alla diga del Tirso, in Sardegna ).
4. Tutto bello dunque il lavoro trionfante che qualifica la nostra età? vi è un altro aspetto, ed è il più importante che noi dobbiamo considerare nel lavoro, ed è l'aspetto sociale.
Questo è più degno di ogni altro del nostro onore, perché riguarda il valore prioritario relativo al lavoro, ed è l'uomo.
L'uomo lavoratore, per antonomasia; l'uomo che mediante lo sviluppo industriale ha moltiplicato oltre ogni attesa i membri della società, li ha divisi in classi, e, come tutti sappiamo, ha fatto della società non una famiglia, ma un inevitabile campo di lotta, perciò sovente senza concordia, senza pace, senz'amore.
I grandi valori del progresso, il pane, la libertà, la gioia di vivere, sono in perpetua contestazione, se il grande torrente di ricchezza, che scaturisce dal nuovo lavoro conquistatore e produttore, è confiscato da un duplice egoismo:
quello che ripone nei beni temporali il solo e maggiore fine dell'uomo fine supremo a se stesso, errore ideologico, materialista;
e quello che fa programma costitutivo della vita comunitaria la lotta radicale, esclusivista, fra le varie classi fra loro per il monopolio della ricchezza; errore sociale ed economico.
Ma questo aspetto sociale del lavoro merita ad ogni modo il nostro onore ed il nostro interesse, anche perché noi pensiamo che un dovere cristiano, pari alle dimensioni del bisogno, reclama nel mondo del lavoro il nostro impegno di saggezza e di carità, la nostra testimonianza di fraternità e di esperienza storica e psicologica.
Noi crediamo che i rimedi alle tensioni sociali presenti esistano; e con speranza già vediamo delinearsi alcune vie di felici soluzioni, alle quali vogliamo, oggi specialmente, augurare successo.
5. Ed una di queste vie ci presenta un ultimo aspetto del lavoro, quello religioso.
Una volta esso rappresentava la formula individuale e collettiva dell'operosità umana: ora et labora; prega e lavora.
Questa formula ha il vantaggio di considerare l'attività nostra in tutta la sua possibile estensione, e di conferirle una dignità, una onestà, una razionalità, una forza e una pace, che il lavoro, di natura sua rivolto al regno temporale, da solo non può raggiungere, e che illuminato, sorretto, integrato dalla preghiera può facilmente godere.
Lasciamo alla vostra meditazione esplorare queste vaste regioni del pensiero e dell'esperienza; e in nome di Cristo, divino lavoratore, tutti vi benediciamo.