20 Giugno 1973
Parliamo ancora dell'Anno Santo, che, nella passata festa della Pentecoste, ha inaugurato nelle Chiese locali i suoi primi passi.
E ne riparleremo ancora perché intorno a questa formula « Anno Santo », come abbiamo già detto, noi vorremmo vedere non solo il compimento, ma lo svolgimento d'un momento storico nella vita spirituale della Chiesa, non solo un avvenimento, ma un movimento religioso.
Questa concezione ci sembra, in primo luogo, conforme all'intenzione motrice di questa celebrazione:
rinnovatrice, abbiamo detto, riconciliatrice; intesa cioè ad imprimere una novità permanente e generale nella coscienza religiosa e morale del nostro tempo, dentro e fuori, se possibile, della Chiesa cattolica;
in secondo luogo, questa visione dell'Anno Santo, a noi sembra, intende rispecchiare nella realtà del pensiero e del costume il grande disegno del Concilio, e impedire che i suoi salutari insegnamenti passino agli archivi come voci del passato, e non piuttosto abbiano ad operare magistralmente nella vita vissuta della presente e della futura generazione; dev'essere scuola che diventa vita.
E in terzo luogo, vogliamo dare importanza ed estensione a questa straordinaria espressione religiosa, che chiamiamo Anno Santo, perché le circostanze storiche e sociali del nostro tempo sono talmente gravi e soverchianti rispetto alla nostra fede e alla sua conseguente logica esistenziale, che un'esigenza di serietà, di incisività, di forza ci sembra dover sostenere fin dal principio il « movimento », ripetiamo, dell'Anno Santo: o questo si afferma come uno sforzo generale, serio e concorde, e perciò realmente rinnovatore, ovvero subito si spegne e si esaurisce come uno sterile conato, buono e meritorio forse, ma praticamente effimero e inefficace.
Sorgono a questo punto alcune osservazioni preventive, che è bene tenere fin d'ora presenti.
Ecco: potrà sorgere in alcuni il dubbio, il timore anzi, che il movimento dell'Anno Santo si opponga a tanti altri movimenti spirituali e pastorali, i quali hanno già i loro programmi collaudati dalla pacifica e lunga esperienza, o già approvati dall'autorità della Chiesa, ovvero riconosciuti come legittime e libere espressioni della vitalità del Popolo di Dio.
No, rispondiamo; l'Anno Santo non intende sospendere, soffocare e travolgere la varietà e la ricchezza delle manifestazioni autentiche già in atto nel mondo ecclesiale.
L'Anno Santo vorrebbe piuttosto infondervi nuova energia, e tutt'al più, se possibile, collegarle in qualche modo al suo proprio generale programma, che domanda, in questo caso; piuttosto l'accettazione d'un'ispirazione nuova e profonda, che non una determinata e concreta adesione a particolari tassative inquadrature.
E potrà sorgere in altri l'opinione che si voglia celebrare l'Anno Santo in uno stile trionfalistico, a suon di trombe, con travolgenti manifestazioni esteriori, dando all'aspetto esteriore del movimento da esso derivante un'importanza superiore ad altri aspetti della vita religiosa e cattolica, ai quali è pur doveroso rivendicare un'importanza irrinunciabile, e fors'anche superiore.
Su questo punto, che può costituire una forte obiezione alla celebrazione dell'Anno Santo, vogliamo invitare i buoni ad una duplice riflessione.
E cioè: sì, può darsi, e Dio voglia, che l'Anno Santo abbia l'adesione del Popolo, l'affluenza delle folle, l'apparenza spettacolare delle moltitudini; esso vuol essere un fatto ecclesiale: universale; vuole in qualche momento riflettere il carattere della cattolicità della vocazione al Vangelo; è l'umanità, nella sua misurata estensione, che noi facciamo oggetto del nostro invito e del nostro interesse; anche e soprattutto in questa occasione vogliamo dare al cuore della Chiesa le dimensioni del mondo!
Dovremmo poi protestare se il fenomeno assume forme e proporzioni quantitative d'insolita misura?
Non è forse il mistero dell'unità della Chiesa che sempre si manifesta nella molteplicità della sua univoca e dilatata ricchezza?
Noi, noi tutti ne godremo, se il Signore ci farà la grazia di vedere così allargati « gli spazi della carità » ( Cfr. S. Aug. Sermo 69 ).
Ma, in secondo luogo, diciamo subito: questo risultato spettacolare, e turistico forse, non è propriamente lo scopo dell'Anno Santo; se uno scopo di comunione universale non può non essere negli intenti d'un'affermazione che riguarda tutta la Chiesa nelle sue proprietà essenziali di unità e di cattolicità, questo tuttavia non è primario come effetto nel tempo, ed anche come valore in se stesso, perché suppone ed esige il conseguimento d'un altro scopo antecedente: la conversione dei cuori, il rinnovamento interiore degli animi, l'adesione personale delle coscienze.
Prima l'uomo singolo e cosciente; poi la folla.
Noi vorremmo che a questa prima finalità dell'Anno Santo fosse data somma importanza.
Dobbiamo mirare innanzi tutto ad un rinnovamento interiore, ad una conversione dei sentimenti personali, ad una liberazione dai mimetismi convenzionali, ad un rifacimento delle nostre mentalità, con la deplorazione, più che altro, delle nostre mancanze di fronte a Dio, e verso la società degli uomini fratelli, ed a riguardo del concetto stesso che ciascuno deve avere di sé, come figlio di Dio, come cristiano, come membro della Chiesa.
È una nuova filosofia della vita, se così si può dire, che deve formarsi in ogni membro del corpo mistico di Cristo; ognuno di noi è invitato a rettificare il suo modo di pensare, di sentire, di operare in ordine al modello ideale del seguace di Cristo, pur essendo cittadino leale ed operoso della società civile contemporanea.
Questa grande concezione dell'Anno Santo: dare alla vita cristiana un'espressione autentica, coerente, interiore, piena, capace di « rinnovare la faccia della terra », nello Spirito di Cristo, dev'essere ben presente nelle nostre menti, con una conseguenza immediata molto importante: il compimento di questo disegno comincia subito, e si svolge nella coscienza personale di ciascuno di noi.
Vorremmo che questo aspetto personale ed interiore della grande impresa spirituale, ora iniziata, fosse in testa a tutti i programmi.
Ognuno di noi deve sentirsi chiamato in causa per elaborare su se stesso, in se stesso, il rinnovamento religioso, psicologico, morale, operativo, al quale l'Anno Santo vuole arrivare.
Con questa prima conseguenza pratica: ognuno di noi deve verificare, o compiere l'esame introspettivo circa la linea maestra della propria vita, cioè circa la scelta libera e responsabile della propria vocazione, della propria missione, della propria definizione, come uomo e come cristiano.
Esame capitale!
E seconda conseguenza, molto più facile, ma molto più insistente: bisogna riprendere la pratica del bene, dell'onestà, della ricerca del meglio nelle piccole cose, cioè nella catena delle nostre azioni ordinarie, dove i nostri difetti c'insidiano ad ogni istante e talora fatalmente; e dove invece la rettitudine dell'azione può essere facilmente perfezionata, ricordando l'insegnamento del Signore Gesù: « Chi è fedele nelle piccole cose, lo è poi anche nelle cose maggiori » ( Lc 16,10 ).
Tanto per cominciare subito, e ciascuno; con la nostra Benedizione Apostolica.