4 Luglio 1973
Noi abbiamo parlato dell'Anno Santo come d'un periodo di rinnovamento.
Dobbiamo e dovremo riparlarne, perché questa parola « rinnovamento » può intendersi in molti sensi e applicarsi a molte cose.
E siamo tutti convinti che la nostra civiltà porta in se stessa tali fermenti, tali impulsi, tali inquietudini e tali aspirazioni che un suo rinnovamento profondo, fors'anche rivoluzionario, pensano alcuni, si produce da sé: basta lasciarsi condurre, soggiungono i clienti dell'opinione pubblica, basta fidarsi della legge universale del progresso che cambierà l'aspetto vecchio del mondo e ne assumerà uno nuovo, senza che noi ci diamo da fare per atteggiarci a precursori di programmi innovatori, o a profeti di sogni inverosimili.
Vero; ma noi ci facciamo due domande davanti a questa prospettiva trasformatrice: che cosa sarà dell'uomo in questa metamorfosi generale?
quanti fenomeni, preconizzati come idilliaci nel secolo scorso, hanno poi avuto ripercussioni infelici nel campo sociale, sanitario, morale nel secolo nostro!
domanda questa che ora noi accantoniamo, per considerarla, se occorre, in altra sede; solo ci basta denunciarne l'istanza.
L'altra domanda ci riguarda più da vicino: che cosa sarà della religione, della nostra religione cristiana, quando questo previsto cataclisma innovatore avrà mutato ogni cosa, idee, istituzioni, costumi?
A questa seconda domanda molti hanno già pronta una risposta catastrofica: la religione, come già avviene in paesi privi di libertà, sarà travolta, in parte per oppressione autoritaria, in parte per vanificazione endogena: la religione, si sostiene, è un fenomeno marginale, non necessario, non scientifico; si spegnerà e il mondo continuerà il suo cammino trionfale, libero da pastoie superstiziose e frenanti.
Ecco allora, al confronto d'una simile ipotesi negativa l'affermazione franca e positiva dell'Anno Santo: la nostra religione, diciamo meglio: la nostra vita religiosa sarà rinnovata.
A nessuno può sfuggire l'importanza d'una simile finalità, sia nella diagnosi interna del nostro modo consuetudinario di considerare e di praticare la nostra fede, sia nella previsione d'una testimonianza esteriore di coscienza e di forza con l'ambiente nuovo, che l'umanità viene formandosi per la sua futura esistenza.
È dunque la nostra una presa di posizione, che va oltre le vicende del calendario;
essa si attesta in pienezza per l'ora presente facendo esplodere - se così è lecito esprimerci - la carica di dottrine e di precetti a noi lasciata dal recente Concilio;
e prevede in lucidità l'ora del secolo nuovo, per il quale noi auspichiamo non una arcaica e stentata sopravvivenza di religione cattolica, ma una vigorosa e benedetta fioritura di cristianesimo autentico, contenuto, sì, nell'ambito spirituale suo proprio, ma orientatore e animatore dell'uomo modellato dalla palingenesi dei tempi nuovi.
Idee grandi, come vedete, le quali dovranno essere ristudiate con la gravità di analisi proporzionate all'ampiezza dei temi ch'esse ci presentano, e con la saggezza di sintesi che le condizioni storiche suggeriranno.
Ma intanto mettiamo al sicuro, per conto nostro, alcune premesse che devono aiutarci a precisare il concetto di rinnovamento, verso il quale fin d'ora rivolgiamo i nostri pensieri e i nostri passi.
Innanzi tutto, come già altre volte si è detto, non ogni cambiamento vale per noi come rinnovamento.
La mentalità moderna invece è proclive a credere che cambiare vale innovare; innovare, diciamo, in senso di rinnovare, anzi di migliorare.
Molte delle insofferenze dell'uomo odierno si esprimono in questo senso: cambiare significa per lui migliorare, liberare, progredire.
Anche questo diffuso stato d'animo, alla radice di tanti sconvolgimenti culturali e sociali, meriterebbe uno studio appropriato; e sarebbe vastissimo.
Noi qui limitiamoci al campo ecclesiale per notare l'audacia e la superficialità con cui da non pochi si lanciano idee d'innovazioni pericolose e spesso inammissibili non solo nelle strutture secondarie della Chiesa, ma altresì in quelle costituzionali;
essi partono da una concezione arbitraria della Chiesa dell'avvenire e prescindono spesso dalle esigenze del suo patrimonio dottrinale, col facile risultato di generare non un rinnovamento, ma un discredito della norma tradizionale della Chiesa, e di coonestare l'ipotesi di un nuovo e arbitrario disegno di Chiesa, che non sarebbe più quella a noi derivata da Cristo.
La Chiesa non potrà trovare il suo rinnovamento in formule particolari e illusorie di trasformismo filosofico o strutturale, ma nella feconda e originale scoperta interiore e tradizionale dei suoi principii e dei suoi esperimenti storici di fedeltà e di santità.
Così a noi pare di dover tendere fin d'ora le braccia per invitare e per accogliere quei gruppi di spiriti fervorosi, che credono d'inventare un rinnovamento religioso tutto proprio, isolandosi dalla comunità ecclesiale, e talora anche dalla sua comunione, ma coprendo gelosamente il proprio aberrante distacco con l'etichetta d'un gratuito pluralismo cattolico, anche se questa etichetta è purtroppo avulsa dalla sua genuina matrice, la Chiesa, la vera Chiesa.
Giovani! ( perché tali siete ), venite! nella casa paterna vi sono molti posti ( Cfr. Gv 14,2 ); e vi è posto per chiunque vuol essere veramente fedele!
E quanto dovremmo dire di quelli che pensano al rinnovamento della Chiesa mediante un facile conformismo alle ideologie culturali, sociali, o politiche del mondo profano, e talvolta radicalmente ostile al pensiero cristiano!
Limitiamoci ora a indicare le vie maestre e dirette del rinnovamento spirituale e morale, al quale aspira l'Anno Santo.
Prima via: dice il Signore: « Io sono la via, la verità, la vita » ( Gv 14,6 ).
Il contatto reale, religioso, dottrinale e sacramentale con Cristo, tiene il primo posto per rianimare con la grazia dello Spirito Santo la nostra vita cristiana ( Cfr. Gv 3,5 ).
Questo è saputo; non dimentichiamolo.
La rinnovatrice riforma liturgica ci apre questo sentiero centrale; e la profondità religiosa personale, a cui esso ci guida, ci assicura che il rinnovamento sarà fecondo, facile e autentico.
Altro sentiero: è il senso, anzi la passione della verità nella composizione interiore e nella professione esteriore della nostra fede: senza ortodossia, senza luce di Parola di Dio, collaudate dal carisma del magistero della Chiesa, non rinnovamento noi avremo, ma smarrimento nei diverticoli di dubbi rinascenti, di ipotesi personali, di tormenti interiori.
Un terzo sentiero: la scoperta del « sempre nuovo » nella pratica della religione, perché vera, perché inesauribile, perché misteriosa, e perché articolata sulle capacità dell'uomo.
Sarebbe, anche qui, troppo lungo spiegare come e perché.
E poi ancora un altro sentiero: l'attualità della Chiesa e della sua concezione unitaria e universale dei destini umani e della propria già vigente costituzionale esperienza.
Ma fermiamoci qui.
Noi saremmo abbastanza felici se vi avessimo insinuato qualche idea, qualche desiderio, qualche fervore per il rinnovamento al quale la Chiesa ci guida e ci spinge.
Con la nostra Apostolica Benedizione.