24 Ottobre 1973
Chi segue queste nostre settimanali conversazioni con i visitatori delle Udienze generali sa che noi da qualche tempo cerchiamo di abituarci a pensare i grandi problemi della vita moderna in chiave del prossimo Anno Santo, cioè cercandone la soluzione mediante la duplice sintesi tematica che è stata prefissa a tale importante e generale avvenimento.
Si è parlato, e dovremo ancora parlarne, di rinnovamento, quale il recente Concilio ha proposto alla Chiesa e al mondo.
E poi abbiamo cominciato a parlare di riconciliazione, quasi cercando di capire il significato di questa parola programmatica e di renderci conto a chi e a che cosa essa si riferisce.
Riconciliazione, dicevamo, con la nostra coscienza personale;
riconciliazione nostra con i fratelli che ci circondano e
riconciliazione degli uomini fra loro;
e a questo punto, prima di dare un pensiero alla riconciliazione più importante e più difficile della nostra vita con Dio, ci ha sorpreso, come un tuono dal cielo, la notizia che riempie in questi giorni tutte le voci della pubblica informazione: la tregua, forse la pace, nel Medio Oriente!
Noi ne siamo, come tutti, felici e quasi sopraffatti, benché a questi sentimenti si accompagnino ansia e timore per le ombre che ancora turbano il risultato tanto atteso!
Eppure a questa speranza non possiamo sottrarre la nostra attenzione, come quella di chi costantemente ve la teneva rivolta, ed ora la sente assorbita dal vincolo di un vivissimo e molteplice interesse: si tratta della pace; della pace che investe un gruppo di Popoli, con Israele al centro, la catena dei Paesi Arabi intorno, e con evidenti e formidabili attinenze alle maggiori Potenze del mondo.
Noi osserviamo questa drammatica scena di storia vivente con occhio fisso, con animo teso, con cuore trepidante.
L'ordigno della guerra latente era scoppiato, ed aveva svelato di quali strumenti micidiali fosse esso dotato: si è visto come non mai prima d'ora la scienza, la tecnica, l'industria, l'economia, l'organizzazione militare, la politica sono state in questi ultimi anni così silenziosamente impegnate, con logica ferrea, per ridare alle armi la potenza cieca e decisiva nelle controversie del rapporto umano, il quale intanto andava svolgendosi nobilmente nel dialogo ragionevole e pacifico delle moderne istituzioni internazionali.
È scoppiato l'ordigno, e subito terribilmente; ma, grazie a Dio, e lode alle persone che ne hanno il merito, ora è stato contenuto e fermato.
Speriamo che lo sia davvero, e che nella pausa non si ricomponga con pari e forse più terribile potenza; speriamo che lo sia per sempre.
Noi vorremmo che il nostro voto fosse profezia; profezia di pace, di vera pace.
Noi sentiamo, in virtù della nostra umana e sovrumana missione, vibrare nel nostro cuore la speranza del mondo; la speranza dei saggi, dei buoni, degli umili.
La speranza dei giovani e quella delle generazioni venture.
Le disavventure degli episodi bellici, che hanno ancora insanguinato la terra, anche in quest'ultimo periodo, non ci scoraggiano; esse accrescono la nostra convinzione che l'umanità deve rivestirsi d'un ordine libero ed unitario, che la civiltà dev'essere positiva, cioè morale ed universale, che la concordia dev'essere ecumenica e duratura.
Noi affermiamo che la pace non deve normalmente essere cercata con la violenza della rivoluzione, né mantenuta con il peso della repressione; la pace non deve essere una semplice tregua, un equilibrio, come un braccio di ferro, di forze avverse, una pura e contingente combinazione materialista d'interessi temporali, né una ambiziosa gara di prestigio.
La Pace dev'essere una creazione dinamica e continua di principii umani fondamentali, un frutto dei diritti dell'uomo professati e difesi con radicale onestà, un prodigioso risultato di quel supremo dovere, che si chiama l'amore; l'amore per l'uomo, chiunque sia, perché è fratello; ed è fratello perché come tutti, egli è figlio di Dio, Padre universale.
Ed eccoci allora, uditori carissimi, ricondotti dalla logica stessa della presente esperienza storica al nostro tema della riconciliazione.
Non dispiaccia ad alcuno se noi lo affermiamo come ispiratore della nuova storia del mondo: che cosa gioverebbe il progresso dell'umanità se essa non fosse riconciliata con se stessa ed in se stessa?
E come potrebbe reggere tale riconciliazione, tale pace, se essa non potesse definirsi una concordia tra fratelli?
una vera, convinta, solidale fraternità?
E aggiungiamo: può una fraternità fra esseri umani tanto diversi, e sospinti dall'insonne tentazione centrifuga dell'egoismo, mantenere e celebrare questa fraternità senza polarizzarla e sospenderla alla trascendente e felicissima paternità di Dio?
e come saremo educati a riconoscere reale tale paternità e ad aprirci a confidente colloquio con essa, se Cristo Maestro non c'insegna: « voi pregherete così: Padre nostro, che sei nei cieli … » ( Mt 6,9 ).
Passano in quest'ora fatidica davanti al nostro spirito le immagini dolorose dei conflitti umani; sono ancora molti nel mondo; e per tutti, per ciascuno, il nostro voto è quello della riconciliazione fra gli uomini, che sono in ogni modo fratelli:
è la persuasione della sua possibilità;
è l'invito ad una fiduciosa, comune collaborazione affinché essa si compia:
è la speranza vittoriosa della pace per tutti.
Dio lo voglia, con la nostra Apostolica Benedizione.