19 Dicembre 1973
Venerati Fratelli e Figli carissimi, i tragici ed esecrandi avvenimenti, che hanno avuto in questi giorni il loro svolgimento con barbari delitti e con violenze terroristiche sui pacifici e moderni campi d'aviazione di Fiumicino e di altri Paesi, anche se hanno alla fine avuto un epilogo meno luttuoso, hanno così riempito di dolore, di sdegno, di angosciosi problemi l'atmosfera locale e mondiale, che tolgono anche a noi il tranquillo respiro, che caratterizza le nostre settimanali Udienze Generali.
Noi rinunciamo oggi perciò al nostro consueto familiare discorso, rivolto, in questo periodo precedente al Natale, alla ricerca delle vie spirituali, che possono guidare gli uomini della nostra generazione alla ripresa sincera del rapporto religioso con Dio.
L'irruzione delle veementi impressioni della clamorosa vicenda negli animi di tutti, l'inquietudine interiore da esse causata con l'ansietà di conoscere i fatti ed i commenti, la trepidante incertezza che si ripercuote sulle condizioni internazionali proprio alla vigilia dei tanto attesi prodromi d'un'equa pace nel Medio Oriente, se tolgono a noi la parola del nostro abituale ministero, siano esse tanto di più per tutti noi imperiosi temi di riflessione.
La storia vivente diventa il libro per la nostra lezione:
su la fragilità sempre possibile degli umani equilibri;
sull'inevitabile preponderanza dell'intervento libero, responsabile, talvolta fatale dell'uomo nel congegno tanto perfezionato e complesso dei servizi tecnici della nostra civiltà:
sull'evidente bisogno di corroborare nell'umana coscienza un più forte senso morale;
e sulla necessità, che appare anch'essa evidente, d'invocare e di meritare l'assistenza della divina Bontà a questo nostro moderno progresso, meravigliosamente sviluppato, ma, sotto molti aspetti, ambiguo, e perfino pericoloso.
Faremo bene a pensare a questi folli e crudeli episodi della nostra cronaca contemporanea, non per coltivare in noi una disperata amarezza, né tanto meno tristi sogni di vendetta, ma piuttosto per corroborare in noi stessi un invitto ottimismo, sempre rivolto all'affermazione della giustizia e della pace, e per ritornare capaci di ricorrere all'umile e fiduciosa preghiera, nella fede e nella carità.
È prossimo il Natale.
Non sia a noi difficile attingere dall'umile fatto e dal grande mistero della venuta di Cristo nel mondo, nostro Salvatore e nostra pace, la forza della speranza e la capacità dell'amore.
A questo fine sia la nostra Apostolica Benedizione.