31 Luglio 1974
Un tema molto fecondo di studio e di pensiero per la visione cristiana dei destini religiosi dell'umanità è oggi quello della liberazione.
L'ampiezza del tema e la sua profondità nascono dal fatto che si fa coincidere il concetto di liberazione con quello di salvezza; e allora si comprende come si possa parlare di teologia della liberazione.
Dio è l'operatore della salvezza dell'uomo; possiamo, a titolo mnemonico, condensare questo grande disegno nelle parole profetiche d'Isaia: Deus ipse veniet et salvabit vos, Dio stesso verrà, e vi salverà ( Is 35,4 ).
Ed è un disegno che spazia sulla storia del Popolo eletto, dapprima; e poi, con Cristo, su tutta quella del mondo ( Cfr. Dn 7,14 ); la creazione stessa sembra dominata da un'intenzione salvifica ( Cfr. Is 44,24 ), che diventa palese nella redenzione, come S. Paolo enuncia esplicitamente: « Ecco una parola di fede e degnissima d'accoglimento, ed è questa, che Cristo Gesù venne nel mondo a salvare i peccatori … » ( 1 Tm 1,15; 1 Tm 2,4; Lc 19,10 ).
Gesù, il nome stesso lo dice, è Salvatore ( Mt 1,21 ).
La salvezza suppone una condizione infelice, una condizione di rovina e di condanna, qual era e qual è appunto la condizione dell'uomo dopo la caduta di Adamo, e dopo la trasmissione del peccato originale a tutta la sua discendenza.
Conosciamo l'opera di Cristo: la salvezza, ch'Egli ci ha portata, è una redenzione, mediante il sacrificio della Croce e la sua risurrezione; Egli ci ha « giustificati », facendoci col battesimo soci della sua morte e della sua nuova vita risorta ( Cfr. Rm 4,25; Col 2,12.14 ).
Perciò l'opera di Cristo è una liberazione.
Liberazione da che cosa?
Liberazione dalla morte, alla quale il peccato ( ch'è distacco della nostra vita dalla sorgente prima e vera e necessaria della Vita divina ), ci aveva destinati.
Cristo, in un ordine eminente, è per noi nuova creazione ( Gal 5,15; 2 Cor 5,17 ).
La riconciliazione con Dio, ottenutaci da Cristo, ci fa rivivere, ora nella grazia, domani nella gloria, se avremo la fortuna promessa di questa estrema e trionfante liberazione.
La teologia della salvezza può quindi prospettarsi sotto questa visione effettuale di liberazione.
La forza espressiva di questa parola ha la sua importanza nella didattica, diciamo meglio, nella teologia presentata agli uomini del nostro tempo, per i quali la libertà tocca un vertice dell'ideale umano, e non senza ragione, e per i quali la sensibilità dei mali opprimenti tanta parte dell'umanità e sotto tante forme si è, nella evoluzione della storia, fatta più intollerante e più ansiosa di liberazione.
Parola quindi degna del vocabolario cristiano.
Ma non solo per il suo senso verbale e la sua efficacia espressiva; bensì per il contenuto a cui si riferisce.
Grande sapienza è la comprensione della liberazione, che la nostra fede e anche una certa nostra esperienza ci dicono
essere operata nelle sorti della nostra vita in virtù della salvezza operata da Cristo:
essere ammessi alla reale riconciliazione con Dio ed esonerati dai tristi destini del peccato,
essere sollevati dall'incubo della fatalità del male e della oscurità della morte,
essere rasserenati sulla natura e sulla finalità non malefiche, ma provvidenziali del dolore,
essere rianimati, dopo la stretta della disperazione e dopo il dubbio dell'insignificanza della nostra esistenza, rianimati dalla speranza ( « nella speranza, scrive S. Paolo, siamo stati salvati » ) ( Rm 8,24 ), e ancora
essere stati assunti nell'economia e alla scuola dell'amore,
… è tale fortuna, è tale novità, e, diciamo pure, è tale mistero, che davvero merita da parte nostra una riflessione teologica; e ciò tanto più perché sappiamo che è la Verità che ci rende liberi ( Cfr. Gv 8,32 ).
Ma ancora.
La liberazione cristiana ha un potere rigeneratore: ci rende buoni, ottimisti, agili e intelligenti nell'operare il bene al di là del nostro interesse.
Ci scioglie dai vincoli dell'egoismo, della paura, della pigrizia, e consente alla nostra libera personalità di effondersi nel sentimento e nell'attività sociale; gli uomini ci si presentano non più come una massa premente di estranei o di concorrenti, o di nemici, ma come una folla attraente di nostri simili, di nostri soci, di nostri fratelli, ai quali è dovere, è onore prestare amore e servizio.
Il valore sociale della liberazione cristiana scaturisce dalla carità, diventata precetto e retaggio del seguace di Cristo; una concezione nuova perciò della vita sociale ci vieta di cristallizzare la staticità delle condizioni umane, quando queste favoriscono le ingiuste disuguaglianze e la ricchezza egoista, come anche ci insegna che il dinamismo sociale, se promosso dall'odio, dalla violenza e dalla vendetta, non conduce alla desiderata libertà e al vero progresso umano.
Per questo si dovrà fare attenzione affinché la liberazione nascente dalla fede cristiana, quale è professata dalla Chiesa cattolica,
conservi la sua logica derivazione e la sua polivalente, ma autentica destinazione;
conservi e sappia esprimersi in feconde e originali espressioni, con vigore novello e con intelligente intuito dei bisogni che lo sviluppo della civiltà, lungi dal placare, rende più evidenti ed esigenti.
Fare attenzione, diciamo, affinché la liberazione cristiana non sia strumentalizzata a scopi prevalentemente politici, né posta a servizio di ideologie discordanti in radice dalla concezione religiosa della nostra vita, né soggiogata da movimenti socio-politici avversi alla nostra fede e alla nostra Chiesa, come un'esperienza mondiale e attuale oggi pur troppo dimostra.
Non siamo ciechi!
La liberazione cristiana non deve assumere un significato diverso e forse anche contrario al suo genuino valore; e così molto probabilmente accadrebbe quando anch'essa diventasse sinonimo di lotta aprioristica e programmatica fra le classi sociali, oggi più che mai chiamate dalle stesse leggi del progresso economico a concepire i loro rapporti in termini di complementarietà, di compartecipazione e di collaborazione, e non sospinte verso l'abbagliante miraggio d'una radicale rivoluzione sociale, destinata a risolversi in un danno comune e assai difficilmente riparabile.
Le strutture giuridiche, che fossero diventate oppressive e ingiuste, devono, sì, essere sottoposte, non già ad « analisi » materialistiche e in gran parte scientificamente sorpassate, come se queste « analisi » fossero davvero liberatrici e integralmente umane,
ma dapprima alla critica saggia, coerente ed operante dei principii sociali e religiosi cristiani, insegnati e proclamati con evangelico coraggio; cosa questa che anche la Chiesa, a fianco di bravi maestri, per voce dei suoi Pastori e del Popolo fedele può e deve fare;
e poi devono essere riformate mediante l'azione illuminata e forte dei buoni e liberi cittadini, ai quali quei medesimi principii cristiani, lungi dall'essere un freno ingombrante, possono riuscire una luce ispiratrice e un incomparabile stimolo a tenace rigenerazione d'una moderna e pacifica società, ordinata secondo sempre aggiornata giustizia e sempre fraterno civico amore.
Siamo, come vedete, in pieno nel campo dell'attualità.
Noi lo siamo con sofferenza per le molteplici situazioni sociali e internazionali, dove ancora libertà e giustizia non sono alla base di vero progresso e di autentica pace.
Ma lo siamo altresì con piena fiducia nelle intrinseche energie liberatrici del cristianesimo e della Chiesa; e lo siamo con l'invitta speranza che non mancherà agli uomini del buon volere l'aiuto sostenitore e liberatore di Dio.
Confermi questi voti la nostra Benedizione Apostolica.