16 Aprile 1975
Figli carissimi,
ancora la Pasqua testè celebrata deve alimentare i nostri pensieri, deve essere oggetto della nostra attività spirituale.
E fra i vari motivi pasquali uno deve interessarci personalmente e particolarmente; e questo motivo è la novità, il rinnovamento ch'è uno dei temi dai quali la spiritualità dell'Anno Santo deve trarre la sua ispirazione caratteristica e determinante.
Questione semplice, ma questione fondamentale: la nostra vita, prima che il mistero pasquale ci sia comunicato, rimane la stessa dopo che tale mistero pasquale, non solo ci è stato annunciato, ma ci è stato comunicato e partecipato?
Se il battesimo fa dell'uomo un cristiano, come sappiamo, quale fatto, quale elemento, è stato introdotto nella sua vita?
Un semplice fenomeno esteriore, quale sarebbe l'iscrizione anagrafica del battezzato nel registro degli iscritti a quella società, a quella istituzione sociale, che si chiama la Chiesa?
Ovvero qualche novità reale, esistenziale, soprannaturale è penetrata nella vita profonda, nell'essenza intima, nel destino decisivo del battezzato stesso?
La domanda è assai grave, e può sollevare qualche dubbio dal fatto che, lì per lì, nessuna nota esteriore, sensibile, di per sé operante distingue l'esistenza naturale dell'uomo da quella soprannaturale del battezzato.
Noi concentriamo sul battesimo questa nostra indagine, perché esso è il primo dei sacramenti, è la porta d'ingresso nella religione cristiana, è l'inserzione in quel meraviglioso disegno della salvezza, che ci rende, con una parentela nuova ed ineffabile, figli adottivi di Dio, in qualche misura partecipi della sua stessa natura ( Cfr. 2 Pt 1,4 ); ci rende fratelli di Cristo e membra di quella umanità, destinata a far parte del suo Corpo mistico e universale, che si chiama la Chiesa ( Cfr. Col 1,24 ), e che è animato da un nuovo flusso vitale, la grazia, cioè l'azione santificante e vivificante dello Spirito Santo, lo Spirito di Cristo, mandato dal Padre ( Cfr. Gal 4,6 ).
Questa straordinaria elevazione dell'essere umano al grado superiore di vita divinizzata non si ferma al battesimo, come sappiamo, ma con gli altri sacramenti ( Cfr. S. Thomae Summa Theologiae, III, 73, 3, ad 3 ) e con i carismi e le virtù cristiane si accresce, si evolve, s'intreccia con l'esperienza della vita naturale, la quale subisce una specie di metamorfosi, di simbiosi fra l'esistenza comune, profana e l'esistenza straordinaria della grazia, di rinnovamento cioè: di quel rinnovamento che ora ci interessa considerare.
Diciamo in breve: il mistero pasquale è nell'intenzione salvatrice di Dio non ristretta al dramma personale di Cristo; ma comunicativo; la redenzione operata da Cristo si rivolge e si estende meravigliosamente all'umanità, che l'accetta e la fa propria.
Per quali vie?
Per due vie principali: la via della grazia, che suppone la fede, e la via del costume cristiano.
Questa seconda via ora impegna specialmente la nostra spiritualità prima e dopo la celebrazione liturgica.
Il rinnovamento morale è condizione dispositiva, che prepara l'incontro con i misteri della croce e della risurrezione di Cristo Signore; ed è conseguenza operativa per chi a tali misteri è stato associato.
Ricordiamo le parole di S. Paolo, le quali sintetizzano questo programma rinnovatore: egli scrive: « Noi siamo stati sepolti con Cristo Gesù per mezzo del battesimo nella morte, affinché come Cristo fu risuscitato da morte per la gloria del padre, così anche noi camminiamo in novità di vita … » ( Rm 6,4 ).
Il mistero trascendente della redenzione si fa per noi, ancora pellegrini nel tempo, traccia della vita nuova, della vita cristiana.
Citiamo ancora S. Paolo: « vi esorto dunque, o fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come ostia vivente santa, gradevole a Dio, quale vostro culto ragionevole; e non conformatevi al secolo presente, ma trasformatevi col rinnovamento del vostro spirito » ( Rm 12,2 ).
Quante cose possiamo imparare da questi brevissimi accenni dottrinali!
Imparare, diciamo, la trascendenza dell'insegnamento cristiano: chi rifiuta per incredulità, o per radicale laicismo questa sapienza superiore spegne la luce di Cristo sulla nostra vita, la quale sembra liberata da dogmi difficili, estranei e vincolanti, mentre è privata della fede e della scienza vitale, ch'essa dall'alto liberamente e amorosamente proietta sui nostri passi, poveri passi disorientati e presto mortificati dall'oscurità, o dall'insufficiente lume del pensiero profano.
Imparare dobbiamo il rapporto salutare fra la religione e la vita, e come questa non abbia che da guadagnare da tale rapporto: significato, nobiltà, energia, speranza, gioia d'essere così interpretata, liberata, salvata.
Imparare possiamo come la partecipazione alle celebrazioni liturgiche sia sorgente pura e inesauribile di quel rinnovamento mentale e morale, che andiamo cercando.
Questo vi raccomandiamo, con la nostra Apostolica Benedizione
( Cfr. la sempre bella e lirica esaltazione della dottrina della Chiesa in S. Augustini De moribus Eccl. cath.