30 Aprile 1975
L'Anno Santo prosegue, come un aratro nel campo della vita cristiana, diventata consuetudinaria, piatta e infeconda.
L'aratura è un'operazione faticosa e spesso appare sconvolgente rispetto alla tradizione puramente abituale e temporale, mentre invece, se è compiuta a regola d'arte, cioè secondo le esigenze della rinascente coltivazione del campo, si dimostra utile e indispensabile.
Qual è l'aratro dell'Anno Santo?
È il recente Concilio, considerato come cultura amorosa del grande campo della Chiesa, e poi del campo, ancora più vasto, dell'umanità, dato che la Chiesa non è istituzione chiusa in se stessa, ma è destinata a tutto il genere umano; essa è potenzialmente universale, per la salvezza del mondo.
L'Anno Santo non è un momento puramente devozionale.
Esso, abbiamo detto altra volta, è un risveglio; e, innanzi tutto, un risveglio dal sonno interiore, che assopisce e impigrisce tanta parte della gente, che sembra sveglia e viva, mentre dorme dentro di sé; è un risveglio della coscienza, di quella morale e spirituale specialmente.
Fate attenzione ad un successivo risveglio dell'uomo cosciente; quando il risveglio da interiore si fa esteriore.
L'uomo cosciente non si limita ad un'introspezione, dentro di sé, ma subito guarda fuori di sé, con sguardo nuovo.
Possiamo qualificare questo atto successivo al risveglio come un confronto.
L'uomo si confronta coscientemente col mondo che lo circonda.
Confronto: è un atto molto complesso;
primo, perché il mondo ci circonda da ogni parte, ci riguarda sotto ogni aspetto;
secondo, il mondo è assai vario, complicato, difficile, tanto che reclama studio, analisi, riflessione, ordinamento delle nozioni e delle idee, che esso ci fornisce; sforzo questo che non finisce mai; si preferirebbe talvolta rinunciarvi e procedere alla buona, senza porsi i problemi innumerevoli nascenti da questo confronto fra l'io e il mondo;
per di più, terzo, il mondo cambia, e quanto e come cambia, così che ci si trova spesso disorientati, e quasi estranei nel mondo, che chiamavamo nostro e non è più il nostro.
I problemi crescono.
Tutto sembra diventato problema.
La nostra sicurezza è scossa; la nostra tranquillità è perduta.
Che cosa fare?
Noi credenti, noi cristiani?
L'atteggiamento più facile, che sembra spesso anche il più intelligente, è quello del conformismo, quello di vivere come gli altri, come portati dalla corrente comune, dalla moda; dalla moda del pensiero, della politica, dell'interesse immediato; quello di vivere d'attualità, d'intensità, di apparente libertà; vivere di facilità, di passività, senza altra personalità fuorché quella data dalla disinvoltura del contegno e del costume.
Questo atteggiamento, è chiaro, è solo parzialmente buono, ma non può del tutto essere il nostro, obbligati come noi siamo alla fedeltà a certi principii, primo fra i quali l'impegno alla nostra professione cristiana.
Donde un conflitto, che molti oggi, anche fra i buoni, cercano di eludere, con l'applicazione, comoda ed ambigua, di certi criteri, ai quali, per sé e nei debiti modi, dobbiamo riconoscere un legittimo fondamento di verità: ad esempio, la priorità della coscienza personale, ma invocata spesso per sottrarsi al dovere dell'obbedienza; oppure l'autonomia dell'ordine temporale, ma per innalzare come unica bandiera quella del laicismo, miope e ostile alle esigenze dell'ordine morale o religioso; ovvero, il pluralismo, ma per coonestare le scelte arbitrarie, contestatarie, qualunquiste, antisociali, ecc.
Che cosa dunque dobbiamo fare?
Non è facile rispondere in breve!
Potremmo rimandare la vostra ben giustificata curiosità allo studio di quel trattato su la vita moderna, che è la « Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo », la celebre Gaudium et Spes, che il Concilio ha lasciato in eredità alla nostra e certo alle future generazioni; noi pensiamo che tale Costituzione contenga un'immensa ricchezza d'insegnamenti di grande attualità e di alta sapienza.
Potrebbe essere uno dei buoni propositi dell'Anno Santo di rileggere, meditare, commentare appunto la Gaudium et Spes; vale per tutti.
Se possono bastare ai fini di questa breve esortazione giubilare alcune raccomandazioni, noi vi diremo:
1) ascoltare la voce, « i segni dei tempi » ( Cfr. Mt 16,4 ); cerchiamo di renderci conto di ciò che avviene, e delle idee che muovono il mondo; a questo scopo, la lettura della così detta « buona stampa » è provvida e in certo senso indispensabile;
2) educarci ad un giudizio critico delle cose ( Cfr. 1 Ts 5,21 ): insegna S. Paolo: « Tutto esaminate, ritenete ciò che è bene »; e
3) ricordiamoci che l'essere distinti da ciò che chiamiamo mondo, in senso negativo, non ci separa dal mondo, in senso positivo, cioè dall'umanità, anche nei suoi aspetti manchevoli o deplorevoli e bisognosi del grande lume della verità e del benefico farmaco della carità: in uno dei più antichi e dei più bei documenti della tradizione cristiana, l'Epistola a Diogneto, si legge: « Per dir tutto in una parola: ciò che è l'anima nel corpo, questo sono nel mondo i cristiani» ( Ep. ad Diognetum, VI, 1 ).
Valga questa parola per noi, e valga per orientare, secondo lo spirito del Concilio e dell'Anno Santo, il nostro atteggiamento, il nostro confronto col mondo contemporaneo.
Con la nostra Apostolica Benedizione.