25 Giugno 1975
Una parola sola noi vi diremo, ma degna d'essere ricordata; e se ricordata, capace di dare a questo momento, a questo Giubileo, un'importanza decisiva nella vostra vita.
La parola è questa: siate fedeli!
Semplicissima, ma formidabile.
Sapete da che cosa essa ci è suggerita?
Ci è suggerita dal nome stesso che Gesù, nostro Signore, attribuì al primo dei suoi Apostoli, a Simone, figlio di Giona, dopo che questi, ispirato da Dio, alla inchiesta promossa da Gesù stesso, sulla strada di Cesarea di Filippo, per sapere che cosa si pensasse finalmente di Lui, rispose proclamando in un lampo di fede, di certezza interiore: « Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente »; e fu allora che Gesù gli replicò: « E Io ti dico che tu sei Pietro, e su questa pietra Io edificherò la mia Chiesa » ( Mt 16,13-20 ).
Pietro! è venuto il momento, ed è questo per noi, di renderci conto del significato di questo nome profetico, nome-promessa, nome-impegno, nome-programma, nome-carisma.
Che cosa voleva dire Gesù con questo titolo, con questa definizione, che Egli imponeva all'umile suo seguace, al suo primo discepolo nel gruppo eletto dei dodici ( sebbene fosse il terzo chiamato - Gv 1,35ss - ), al pescatore di Galilea, che per seguire il misterioso maestro aveva lasciato ogni sua cosa?
Gesù voleva dire: Tu sei sasso, roccia, base stabile e ferma, investita della capacità e della fermezza di rendere perenne l'atto di fede, ora a Te ispirato dal Padre celeste e da Te affermato con assoluta sicurezza, al confronto delle molteplici e incerte opinioni, che la gente professa a mio riguardo.
Il nuovo nome « Pietro » doveva significare chiarezza, fermezza, stabilità;
e voleva dire argine alla incredulità, alla volubilità, alla decadenza dottrinale, che la gente avrebbe nutrito a riguardo di Gesù;
voleva poi dire sfida al tempo, alla storia, alla divorante variabilità dei pensieri e delle cose umane;
voleva dire fondamento forte e inamovibile d'un grande edificio, che in quel momento Gesù svelò essere suo proposito di costruire, la Chiesa, l'assemblea da Lui chiamata alla fede, all'unità, alla vita divina.
Figli carissimi, tutta la piazza di pietra, posta davanti alla Basilica, che custodisce la tomba di San Pietro, sembra raccogliere un nostro atto di fede in Cristo Gesù, nostro Signore e Salvatore, e solidificarlo, pietrificarlo in una promessa di fedeltà.
La fede deve qui tradursi in fedeltà.
La fede esige una professione, esige una logica di pensiero e di vita, esige una coerenza vissuta; comporta perciò un trasferimento dalla mente alla volontà, comporta una testimonianza, uno sforzo, una resistenza, un sacrificio, un « martirio », come tante generazioni cristiane, tanti eroi della fede ci hanno insegnato.
La fede ci obbliga alla fedeltà.
Fedeltà alla verità religiosa che Cristo ha confidato agli Apostoli, e che essi, cioè la Chiesa « madre e maestra », trasmettono agli uomini, che accettando il loro messaggio sono qualificati « fedeli ».
Non crediate che questa fedeltà significhi immobilismo cieco e inerte; significa piuttosto dare al seme della fede una vitalità straordinaria.
Certamente la fedeltà, che ci è domandata, impone l'adesione salda e autentica alla verità rivelata dal Signore e garantita dal magistero apostolico, e storicamente identica sostanzialmente a se stessa; ma è un'adesione nostra, personale e vitale, che riempie la mente di luce, la volontà di forza.
Ci aiuta a pensare, ci aiuta ad agire.
È un principio fecondo in due sensi; primo, nella nostra capacità di conoscere, di studiare, di pregare, di arrivare all'esperienza spirituale della Verità ineffabile, ch'è il Sole dell'universo, il Dio Uno e Trino, oggetto jnconsapevolmente sospirato dalla nostra spiritualità conoscitiva sotto l'impulso della grazia divina; fin d'ora, e poi in eterno, la nostra felicità: gaudium de veritate ( Cfr. S. Augustini Confessiones, X, 23 )
E nell'altro senso: la fede ci aiuta ad operare.
Essa ci traccia la via della vita; e c'infonde la forza per camminare su questa via.
È la logica del nostro carattere cristiano.
Qual è il grande peccato del cristianesimo moderno?
È quello d'essere illogico, incoerente, infedele.
La fede senza le opere!
Qui un'analisi, anche sommaria, di questa incoerenza devastatrice della vita cristiana, esigerebbe un discorso troppo lungo, sui motivi e sulle forme di tale incoerenza ( come un'erronea opinione teologica sull'inutilità delle buone opere o un'acquiescenza all'interesse pratico, alla paura e all'intimidazione sociale, alle passioni che rifuggono dall'austerità della croce, al costume vigente che coonesta spesso degradazioni morali, ecc. ).
a ora una cosa sola ci preme affidare al vostro ricordo: l'invito che scaturisce da questa celebrazione del nostro giubileo: Battezzati, credenti, figli della Chiesa, siate fedeli!
Con la nostra Benedizione Apostolica.