24 Settembre 1975
Noi vogliamo credere che quanti di voi hanno compreso lo spirito dell'Anno Santo e hanno compiuto le pie e buone pratiche del Giubileo, hanno concluso questo felice momento di revisione e di rinnovamento morale e spirituale con qualche proposito fermo, riformatore e animatore della propria coscienza.
Questo è molto importante.
Infatti l'esercizio spirituale dell'Anno Santo esige un duplice momento;
uno rivolto al passato; è l'esame religioso e morale, il bilancio della verità su la propria vita.
A chi ha voluto dare davvero un carattere riassuntivo e decisivo a questo momento di lucidità personale davanti allo sguardo amoroso e illuminante del Padre celeste, saranno venute alle labbra le famose parole del figliol prodigo: « Padre, ho peccato contro il cielo e contro di Te; non sono più degno d'essere chiamato tuo figlio … » ( Lc 15,18-19 ).
Poi, invece, ottenuto il perdono rigeneratore, l'anima è inondata d'ineffabile pace.
È questa una delle più vere e consolanti esperienze della vita: la pace, la vera pace interiore, la gioia profonda dello spirito.
Ed ecco allora il secondo momento del Giubileo, della rinascita; il momento che si proietta su l'avvenire: la nuova vita, il nuovo programma, i nuovi propositi ( Cfr. Fil 3,13 ).
I nuovi propositi!
Oh! Figli carissimi, non lasciate passare questo istante di grazia, senza concluderlo con qualche buono e fermo proposito.
Codesta è un'ora preziosa per ciascuno di voi; è l'ora della grazia di Dio.
Dio passa accanto a voi: non sia vano tale misterioso passaggio!
Timeo transeuntem Deum.
Fermatelo nella promessa d'una vita migliore, più coerente, più cristiana!
Ricordate la breve parabola di Gesù sui due fratelli classificati dal diverso modo di volere?
« Un uomo, dice la parabola, aveva due figlioli, e rivoltosi al primo gli disse: Figlio, vai a lavorare nella mia vigna.
Ed egli rispose: non voglio. Poi pentitosi, vi andò.
E ( quel padre ) accostatosi al secondo, gli disse lo stesso.
E quegli rispose: Sì, vado, Signore ! Ma non andò.
Quale dei due fece la volontà del padre? » ( Mt 21,28-30 ).
È chiaro: il primo.
Questo è l'insegnamento del Signore.
Egli ci vuole positivi, conclusivi, efficaci nell'impiego della nostra volontà.
È parimente sua la parola: « Non chiunque mi dice: Signore! Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi farà la volontà del Padre mio che è nei cieli » ( Mt 7,21 ).
Non basta dire, occorre fare!
Questo è il Vangelo.
Questo è lo stile della vita cattolica.
Non è l'essere che ci salva: questo è un dono, che riceviamo, una responsabilità.
È più vicino alla salvezza uno che è piccolo, che non un grande ( Cfr. Mt 11,25; Mt 18,2; Mt 19,14 ).
Non è il sapere, ch'è pur necessario, come condizione, quello che ci salva; pensate alla semplice conoscenza delle verità di fede ( Cfr. Gc 2,14 ); non è certo l'avere; uno può avere ricchezze e beni d'ogni sorta; ma per la salvezza che cosa gli servono? ( Cfr. Lc 12,20 )
Ciò che ci salva, sempre col concorso determinante della grazia, è la volontà, la buona volontà, il coefficiente nostro, libero, personale del nostro volere.
E questa dev'essere, con l'aiuto di Dio, la conseguenza generica e pratica del nostro giubileo: noi dobbiamo implorare per noi e per tutti i cristiani, che lo hanno celebrato, il carisma, l'energia, il coraggio e il proposito della fortezza, del carattere, della coerenza, della fermezza e diciamo pure, dell'azione cristiana e cattolica!
Così sia, Figli carissimi; con la nostra Benedizione Apostolica.