8 Ottobre 1975
Fratelli e Figli carissimi, abbiamo ascoltato nella sua risonanza interiore e profonda l'eco personale e sociale della parola programmatica, che deve qualificare questo Anno Santo, che ora noi stiamo celebrando?
Ci riferiamo alla parola programmatica: rinnovamento.
Che cosa vuol dire, nel nostro caso, rinnovamento?
Rinnovamento di che cosa?
e con quale metodo?
per quale risultato?
A prima vista questa parola non ci appare nuova, né originale.
Essa ricorre molto spesso, e si applica ad ogni sorta di cose.
È una parola che caratterizza il nostro tempo, nelle sue aspirazioni più significative e nelle sue manifestazioni più generali.
Ne sentiamo l'eco, quando si parla del nostro meraviglioso e tumultuoso periodo storico, che si definisce moderno, progressista, riformatore, rivoluzionario, come altri periodi, nei secoli passati, si definirono classici o romantici, civilizzatori e conservatori, ovvero periodi del rinascimento, del risorgimento, e così via.
Per noi questa parola di rinnovamento ha soprattutto un significato religioso e morale; ricordiamolo bene.
Noi vogliamo, noi dobbiamo rinnovare il nostro sentimento religioso e il nostro impegno morale.
E vogliamo e dobbiamo fare questo in ordine a due poli, tra i quali corre l'asse della nostra vita; il polo evangelico ed il polo dell'attualità, nella quale si trova praticamente la nostra esistenza.
È di moda una interpretazione comoda, lassista, soggettiva, puramente liberatrice del Vangelo; Vangelo che, tutto sommato, noi consideriamo, a buon diritto, il codice fondamentale della nostra religione.
Non ha forse detto il Signore: « Il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero? » ( Mt 11,30 ).
Non ha Egli detto di Sé: « Io sono il buon Pastore? » ( Gv 10,11 ), il Quale, avendo cento pecore, se una ne perde, lascia le novantanove per andare in cerca di quell'una che s'è smarrita, e, trovatala, se la mette sulle spalle tutto contento e la riporta a casa … ? ( Lc 15,4-6; e tutto il discorso polemico di Mt 23 ).
Sì, la bontà, l'amore, il sacrificio di sé, il perdono sono i caratteri essenziali del Vangelo; essi delineano fedelmente il profilo di Cristo.
Ma non possiamo dimenticare un altro carattere della sua predicazione: il regno dei cieli, che Gesù Cristo ha predicato, non è né politicamente sovversivo, né moralmente permissivo ( nel senso odierno di questo termine ).
Gesù Cristo è il grande Profeta della riforma umana, quella riforma che da tutti è richiesta ed è per tutti salute.
Dovremmo rileggere il celebre e fondamentale « discorso della montagna » nel Vangelo di San Matteo.
Quante volte Gesù costruisce il suo discorso con la dialettica d'un'antitesi riformatrice: « Voi avete udito che fu detto agli antichi … » ( Mt 5,17.21 et ss ), Egli afferma ripetutamente; e poi subito: « E io vi dico che se la vostra giustizia non sarà maggiore di quella degli Scribi e dei Farisei ( che erano allora reputati i professionisti della giustizia e della perfezione ), voi non entrerete nel regno dei cieli ».
Il regno dei cieli, noi possiamo dire il cristianesimo, è esigente; è una porta stretta, che conduce alla vita ( Cfr. Mt 7,14 ); esige uno sforzo, esige un impegno.
Non è fatto per gli imbelli, per i vili, per i gaudenti; è fatto per i coraggiosi, per i forti, per quelli che non ricusano di portare, con Cristo, come Cristo, la Croce ( Cfr. Gv 10,38-39; Gv 12,24-25 ).
Quale sia questa Croce ce lo dirà ancora il Vangelo: sarà il senso del dovere morale, dell'interiorità spirituale, dell'amore fraterno e sociale; sarà quel persistente sforzo di autoriforma, mediante il quale diamo alla nostra vita un contenuto e un aspetto di autenticità cristiana; diciamo pure, sapendo che a tanto la grazia divina ci assiste, di santità.
Primo polo questo, che attinge la sua direzione e la sua energia dalle sorgenti della vita spirituale e religiosa.
E l'altro polo, al quale questa stessa vita spirituale e religiosa deve, con rettilinea fedeltà, dirigersi, qual è?
è la condizione concreta e pratica della nostra esistenza, multiforme e variabile; ma provvidenziale punto d'arrivo, dove essa acquista senso e valore.
Rinnovamento è riforma, per ciascuno e per tutti.
Così è la Chiesa che riparte da questo Giubileo con passo nuovo, verso i suoi storici ed eterni destini.
Con la nostra Benedizione Apostolica.