12 Novembre 1975
Nel quadro del « rinnovamento », che la celebrazione dell'Anno Santo propone ai Fedeli, deve trovare il suo posto, un posto di decisiva importanza, il precetto della carità verso il prossimo, un precetto che trova la sua applicazione in ogni nostro rapporto con gli altri, siano essi nostri familiari, o nostri soci o colleghi in ogni forma di raggruppamento collettivo, ovvero appartengano essi alla società umana, vicina o lontana ch'essa sia dalle nostre persone o dai nostri interessi.
Il prossimo, nella definizione che ce ne ha dato il Vangelo nella parabola del buon Samaritano ( Cfr. Lc 10,29-37 ), è chiunque abbia bisogno di noi; è una definizione amplissima, che supera ogni confine, e che comprende anche gli estranei ( Cfr. Lc 14,12ss ), anche i nemici ( Mt 5,44-48; Rm 12,14 ); ed ha un carattere obbligante, contrario ad ogni forma di egoismo ( Cfr. Lc 16,19ss ), o di insensibilità sociale ( Mt 25,42ss ).
Il cristianesimo, ben lo sappiamo, è amore, è carità: Carità di Dio verso di noi; carità, mistero ineffabile che tende niente meno che ad associare, per via della grazia, la nostra vita a quella di Cristo ( Rm 5,5 ), e che genera in noi una carità che risale a Dio, e che diventa una energia amorosa e premente verso ogni effusione reclamata dalla sofferenza altrui ( Cfr. 1 Cor 13,1; 2 Cor 5,14; Fil 4,9; etc. ).
Impossibile quindi immaginare un rinnovamento cristiano che non sia nello stesso tempo un rinnovamento nell'amore del prossimo, e possiamo pure usare il linguaggio attuale: un rinnovamento sociale.
Il discorso diventa così assai importante e assai delicato.
Importante, perché entra nel dramma delle lotte e delle evoluzioni sociali, proprie del nostro tempo, con l'intenzione di apportarvi non solo la formula risolutiva, ch'è quella della fratellanza degli uomini fra loro ( Mt 23,8 ), ma la capacità altresì di realizzarla, con l'esclusione della lotta sistematica, della lotta di classe, e con la difesa, anzi la promozione della dignità e della libertà della persona umana, nel rispetto per ogni altro membro dell'umana famiglia.
Ed è questo l'aspetto delicato, cioè complesso e controverso, della soluzione che l'amore cristiano, cioè il nostro programma sociale, intende promuovere e realizzare:
non tanto come semplice via media, di compromesso, fra le altre due formule avverse e parziali, che oggi si contendono il predominio della socialità contemporanea,
e cioè l'egoismo liberale, o capitalismo, come di solito è qualificato, da una parte,
e il socialismo comunista dall'altra,
ma come espressione originale, organica e dinamica della convivenza sociale, in ordine globale,
non solo cioè ristretto all'assillante contesa dei beni economici e materiali, ma esteso alla valutazione altresì dei beni superiori, quelli morali, spirituali e religiosi.
Vi accenniamo appena, senza ora entrare nella critica delle molte questioni che sorgono allor quando consideriamo il fatto sociale ed i criteri fondamentali da cui dev'essere informato; ci basta ora ricordare che il rinnovamento giubilare, al quale siamo ora appassionatamente interessati, non può trascurare questo suo aspetto essenziale, quello della carità sociale, al cui incremento tutti, come uomini, come credenti, dobbiamo cooperare.
E ci basti altresì riaffermare che l'applicazione felice e feconda d'un autentico programma, individuale o collettivo che sia, di carità sociale non può compiersi senza derivare la sua suprema ragione d'essere, e anche le sue forme genuine di provvido e permanente umanesimo, dalla religione, intesa com'è la nostra, il poema cioè soprannaturale della carità di Dio Padre e di Cristo salvatore, e dello Spirito Santo verso l'umanità, anzi verso ciascuno di noi.
Senza l'amore verticale, che da Dio discende e a Dio risale, è impossibile che sia diritta la via dell'amore orizzontale dell'uomo verso l'uomo: questo orizzontalismo, o s'inceppa, mancando del suo supremo e inesauribile motivo, l'amore primo e sommo verso Dio; o devia in espressioni incomplete o anche difformi, e alla fine egoiste ed anche inumane.
Ed aggiungiamo un'altra osservazione, che ci sembra suggerita per giunta anche dalla presente condizione storica dei Popoli chiamati a trovare formule di rispetto reciproco e di equilibrio generale; ed è questa: occorre infondere nella comune coscienza sociale uno « spirito » di amore, di solidarietà, di servizio, che temperi e corregga l'egoismo rinascente con lo stesso sviluppo economico e civile, e che educhi gli uomini del nostro tempo alla concordia, alla collaborazione, alla pace.
Questo spirito, noi crediamo, è quello di Cristo, che dalla Croce del suo sacrificio ci esorta: « amatevi gli uni e gli altri, come Io vi ho amati » ( Gv 13,32 ): amare senza vero altruismo, senza sacrificio, veramente non si può.
Così sia per noi e con la nostra Apostolica Benedizione.