21 Gennaio 1976
Noi siamo ancora nel cono di luce, che dalla celebrazione dell'Anno Santo, conclusa a Natale lo scorso mese, si proietta sul tempo fuggente, che ci allontana cronologicamente da quell'avvenimento religioso-morale, ma che porta con sé, non come ricordo che si va sbiadendo, ma come fascio luminoso che si va allargando in un mondo di ombre e di confusi bagliori, la traiettoria nuova e diretta per il nostro presente e futuro cammino, alla quale abbiamo dato un titolo pregnante di significato e di programmi: la civiltà dell'amore.
Sì, vorremmo che la cronaca di questi giorni successivi all'Anno Santo, e così pure la storia degli anni venturi fossero caratterizzate da questa folgorante e animatrice corrente dell'amore evangelico, riscoperto, riacceso dal rinnovamento e dalla riconciliazione, di cui l'Anno Santo ci ha dato qualche felice esperienza.
Se non che le condizioni morali, sociali e politiche, nelle quali gli uomini sono ora coinvolti in diversi punti del mondo, sembrano contraddire quel nostro candido presagio ottimista, e spegnerne subito le speranze: la terra è solcata da problemi, da agitazioni, da conflitti tutt'altro che forieri di civiltà e di amore, ma piuttosto di sentimenti e di propositi di odio e di guerra.
Ecco: noi dobbiamo subito prendere posizione spiritualmente: rinunciamo forse, come ad un'innocente, ma fatua ingenuità, alla nostra auspicata civiltà dell'amore?
ovvero la riaffermiamo con una impavida volontà?
Sì: noi dobbiamo riaffermarla con una nuova consapevolezza, con una nuova energia.
Non è un irenismo illusorio, che ci guida; è una volontà cosciente della sorte destinata a chi fa dell'amore sociale, della carità, il proprio impegno prioritario.
La sorte è la milizia cristiana, è l'urto con le persistenti e rinascenti difficoltà.
L'amore, a cui alludiamo, non è idillio piacevole, non è automatico scioglimento delle difficoltà, che il progresso stesso della umanità genera e inasprisce.
E non è certamente orientato ad una lotta artificiosa e congenita con lo sviluppo dei fenomeni umani.
Esso tende alla pace, tende alla fratellanza, tende, dicevamo, alla civiltà.
Noi possiamo ripetere le incisive parole dell'antico e magnifico Ignazio d'Antiochia, nella sua lettera agli Efesini: « niente è migliore della pace, nella quale ogni guerra si scioglie » ( S. Ignatii Antiocheni Ad Ephesios, c. 13 ).
Sì, ma si tratta appunto d'una pace operante e coraggiosa, qual è quella animata dalla carità, non d'una pace statica ed imbelle.
Se questo noi abbiamo compreso, possiamo renderci conto della natura della civiltà, che vorremmo far sorgere dall'amore; una civiltà, che proprio perché originata dall'amore per l'umanità e protesa a fargliene godere la beata esperienza, dovrà essere rivolta alla ricerca e all'affermazione dei veri e completi valori della vita, anche se ciò solleverà contro la saggia e generosa impresa incomprensioni, difficoltà, opposizioni.
Volete un esempio?
Esso ci è dato da un episodio molto triste e significativo.
L'episodio di cui hanno parlato i giornali di questi giorni; quello della indecorosa e sacrilega invasione, da parte di gente schiamazzante, del Duomo di Milano, la celebre, la nostra Cattedrale, su cui svetta nel cielo la « Madonnina », la volante e inneggiante figura della Vergine-Madre di Cristo, simbolo del trionfo della santissima Donna, species castitatis et forma virtutis, come dice S. Ambrogio ( S. Ambrosii De Virginibus, 11, 2 ).
Perché questa inverosimile e deplorevole manifestazione?
Si è detto: perché la Chiesa è contro l'aborto, perché la Chiesa ha ribadito le norme della sua moralità sessuale.
Incredibile! ma così si dice.
Ebbene, proprio in ordine alla logica della « civiltà dell'amore », noi vi pregheremo di riflettere sopra uno degli aspetti di questa civiltà, di cui il nostro tempo ha così grave e generale bisogno, l'austerità del costume.
Cioè la difesa e la promozione dei veri valori della vita, dell'amore, della felicità.
Non è questa austerità auspicata dal costume un moralismo sorpassato, non è un così detto tabù oggi intollerabile, non è una repressione autoritaria e abusiva.
Leggete il documento, preso a bersaglio da certe correnti ribelli dell'opinione pubblica, pubblicato in questi giorni dalla nostra Congregazione per la Dottrina della Fede ( succeduta all'antico S. Offizio ), e intitolato, dalle parole iniziali « Persona humana »; e vedrete emergere l'amore sapiente e provvido della Chiesa, veramente madre e maestra, tutto rivolto al riconoscimento dei valori della vita, analizzati dalla scienza, dalla storia, dalla pedagogia, definiti dalla Bibbia con divina, ineffabile sicurezza, interpretati e confermati dal Magistero della Chiesa.
La « civiltà dell'amore » ha in questo documento una pagina d'apologia umana e cristiana, che lascia bene sperare del suo avvenire.
Con la nostra Benedizione Apostolica.