11 Febbraio 1976
Sì, miei Fratelli e Figli carissimi, dopo la celebrazione dell'Anno Santo noi dobbiamo portare nell'animo il senso, ch'è proprio corrispondente al mistero della grazia, del nuovo rapporto stabilito, per noi cristiani anzi ristabilito, restaurato, operante di Dio-Amore nel cuore della nostra esistenza, il senso della novità, della novità cristiana.
Il cristiano è sempre un uomo nuovo.
È sempre un uomo giovane.
Egli deve sentirsi rinato, continuamente rinato; continuamente in una fase di superamento della condizione caduca e depressa della vita puramente naturale nell'atto di tendere, anzi di raggiungere in qualche modo uno stato di vita sopra-naturale, con qualche corrispondente esperienza interiore, soggettiva, e nella Chiesa anche esteriore, dell'atmosfera d'amore, di carità, alla quale egli, cristiano, è stato ammesso.
Chi sa e sente d'aver conseguito questa nuova animazione, la pace e la gioia nello Spirito Santo ( Cfr. Rm 14,17; Gal 5,22 ), d'essere, come si suol dire, in grazia di Dio, dovrebbe alimentare in se stesso questa coscienza dell'inestimabile fortuna conseguita, e dare al suo stile di vita questa nota di novità e di felicità.
Ce ne parla ripetutamente S. Paolo, esortandoci a camminare in una nuova vita ( Rm 6,4; Rm 7,6; Rm 12,2 ).
È lui che ci parla dell'uomo vecchio, quali noi siamo quando Cristo non vive in noi ( Rm 6,6ss ), e che ci introduce nella dottrina mistica, accessibile ad ogni cristiano, della vita di Cristo la quale si realizza in noi, affermando: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me ( Gal 2,20 ).
Questa psicologia del diventare cristiani nel senso misterioso, ma realistico, della parola, è propria dei santi, cioè, come si qualificavano fin dai primi giorni della Chiesa, i cristiani, dei figli adottivi di Dio, partecipi in certo grado fin d'ora, e in potenza ad un'ulteriore pienezza della Vita divina ( Cfr. 2 Pt 1,4 ), e si esprime in un gaudioso ottimismo, che pervade in ogni sua condizione la nostra nuova vita ( ne abbiamo parlato nella nostra Esortazione Apostolica « Gaudete in Domino » dello scorso anno ), e che ci assicura nella fede e nella speranza la pienezza vittoriosa della carità dell'oltretomba ( 1 Cor 13,8 ).
Ineffabile, bellissima e già beatificante visione della vita presente alla luce escatologica della vita futura.
Che cosa cambia nella filosofia della esistenza, quando in questa è infuso l'ordine soprannaturale della grazia?
nulla, si direbbe giudicando le cose col criterio dell'esperienza sensibile e dello stesso ordine razionale;
ma come in ambiente oscuro quando si accende una luce nulla di per sé cambia, ma tutto acquista ordine, misura e senso,
così nella nostra esistenza terrena nulla sembra sia mutato quando vi è immesso il mistero vivente di Cristo,
ma invece tutto in realtà è definito nella sua vera realtà,
ch'è per di più una realtà progressiva, mutevole ed effimera, da parte dell'uomo che ne è dotato,
ma arricchita d'una potenzialità di riviviscenza, di risurrezione prodigiosa ( Cfr. Rm 6,5; Fil 3,10-11 ).
Ma facciamo attenzione, Fratelli carissimi.
Non pensiamo che tutto sia qui; non crediamo che fin d'ora tutto sia festa per noi.
Se vogliamo inaugurare nuovamente e promuovere la civiltà dell'amore non dovremo illuderci di poter cambiare questi anni stretti negli argini del tempo in un fiume di perfetta felicità.
Il Signore ora ci dà, sì, la novità della grazia e quindi della sua gioia, ma non ora la gloria, non la perfetta misura di esperienza di Lui, riservata dopo l'ultimo giorno, alla foce del tempo, quando noi saremo simili a Lui, perché Lo vedremo Cosi com'Egli è ( 1 Gv 3,2 ).
Noi ora vediamo, come scrive S. Paolo, quasi in uno specchio, in maniera confusa, ma allora vedremo a faccia a faccia ( 1 Cor 13,12 ).
Perché accenniamo a questa distanza di tempo e di visuale dal conseguimento della vera e perfetta forma di vita cristiana a noi assegnata?
Oh! il perché lo sapete, e questo non deve turbare la nostra sicurezza e la nostra gioia anticipata e sperata.
Il perché è la Croce, eretta al valico sommo fra la vita presente e quella futura.
La Croce non solo fa parte, ma costituisce il centro del mistero d'amore, che abbiamo scelto come vero e totale programma della nostra rinnovata esistenza.
In verità, in verità vi dico, insegnò Cristo al termine dell'ultima cena, voi piangerete e vi rattristerete, e il mondo godrà.
Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia ( Gv 16,20 ).
Egli aveva già detto: Chi ama la propria vita la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna ( Gv 12,25 ).
Questo fisso ricordo ci conforterà in questa presente e terrena vicenda non a temere, ma a essere forti; non volubili, ma coerenti; non paghi delle fallaci mercedi del mondo; ma desiderosi del Regno di Dio.
Non dovremo temere, un giorno, d'essere forse in una minoranza, se saremo fedeli; non arrossiremo dell'impopolarità, se saremo coerenti; non faremo caso d'essere dei vinti, se saremo testimoni della verità e della libertà dei figli di Dio ( Cfr. Rm 8,21 ).
Così tutti ci aiuti Iddio; con la nostra Benedizione Apostolica.