9 Giugno 1976
Nel clima della vita pubblica dell'ora presente la nostra voce che invita alla preghiera, quasi per fare eco dentro i nostri animi alla celebrazione, ormai terminata, delle grandi festività di Pasqua e di Pentecoste, potrà sembrare intempestiva, o quasi un monologo nel deserto.
Che questa nostra voce, rivolta a voi, visitatori provenienti da sedi e da situazioni molto diverse, e avidi di discorso spirituale, piuttosto che profano e contingente, prescinda appunto dall'attualità della vita pubblica, per quanto interessante e grave essa sia, è vero;
noi qui siamo, come al solito, tesi verso il tema religioso;
ma pensiamo che esso, il tema religioso, parimente come al solito, non ci renda estranei a quella partecipazione alla vita sociale, ch'è la nostra,
quella cioè che guarda la scena del mondo sotto la luce, che piove dall'alto, e che, anche da una sfera diversa da quella dell'esperienza temporale,
può aiutare una migliore visione delle cose,
indicare i sentieri migliori anche per la prudenza terrena, e
soccorrere con imponderabili, superiori sussidi, l'umana stanchezza.
Dunque, ancora della preghiera vogliamo parlarvi, con la brevità e la semplicità, che non pretendono di penetrarne i meravigliosi sentieri, ma solo di accennare all'attitudine che l'uomo moderno tuttora conserva per la preghiera stessa.
Noi abbiamo accennato, in un precedente sermone, alla porta chiusa che l'uomo moderno trova quando si appressa al tempio della preghiera;
chiusa per demolizione decretata del secolare e monumentale edificio;
chiusa per trasformazione in museo archeologico, in sala da divertimento profano, in palestra sportiva.
Vogliamo dire che ai nostri giorni la preghiera, e tutta la psicologia e la pedagogia, tutta la moralità, la vita sociale, la visione della vita, che essa suppone, e promuove, possono e debbono essere sostituite da altra mentalità e da altre attività, dall'ateismo cioè, e dal secolarismo, dal laicismo nelle loro espressioni radicali ed esclusive, anche se per sé umane e lodevoli.
Ne abbiamo già fatto cenno altra volta.
Questa volta noi, appressandoci ancora al metaforico edificio, scopriamo che la porta è aperta.
Aperta la porta della preghiera all'uomo moderno?
Sì, è aperta; anzi, dopo certi fatti contemporanei, come il Concilio e come l'Anno Santo, spalancata.
Osserviamo i fatti.
Alcuni derivano proprio da quel mondo razionale, scientifico e tecnico, che ha fornito a molti uomini d'ingegno, e a moltissimi uomini di media o modesta cultura gli argomenti per la loro irreligiosità.
Qui si dovrebbe fare a ritroso il cammino filosofico di tali argomenti, per ritrovare la perenne e invincibile validità della religione naturale, quella che deriva dal pensiero umano, guidato dall'onestà della ricerca e dal desiderio della verità.
Per fortuna la mente umana non ha perduto la sua virtù speculativa; ed anche dopo i drammi, perché tali sono, del pensiero contemporaneo, la conclusione del suo sforzo verso la verità, o fallisce in un desolato scetticismo, o si orienta sia per propria intrinseca necessità, sia per esigenza obiettiva verso una « teodicea »,
una scienza di Dio, che non può rimanere semplicemente inerte e passiva, ma sperimenta la logica, la vitale spinta all'espressione d'una parola;
una parola rivolta a Dio:
una chiamata?
una lode?
un tentativo di dialogo?
comunque, una preghiera.
Noi abbiamo con ammirazione osservato la trasmissione televisiva del ritorno degli astronauti dalla loro stupefacente escursione sulla luna: per un istante, che vale un'ora, vale una vita, tutti i presenti: astronauti, operatori, scienziati, autorità, si sono fermati in un assorto religioso pensiero, che vale un grido, vale un inno, vale un coro della terra intera, per riconoscere, sì, adorare e invocare il « mistero », il mistero trascendente e immanente di Dio.
La preghiera ancora invita la nostra generazione, la nostra civiltà ( se veramente è tale e cosciente ), ad una vivente espressione.
Apriamo a caso, direi, i documenti dell'umanità contemporanea; ascoltate anche un solo accento della scrittrice sofferente e chiaroveggente, ebrea, Simone Weil ( † 1943 ): « la condizione dei lavoratori è quella nella quale la fame di finalità, che costituisce l'essere stesso di ogni uomo, non può essere saziata se non da Dio …
Non a caso si chiama attenzione religiosa il grado più elevato dell'attenzione.
La pienezza dell'attenzione non è altro che la preghiera » ( Cfr. Domenico Porzio, Incontri e scontri con Cristo, pp. 665-667 ).
E non è forse in fondo all'amarezza contestatrice di tanta gioventù dei nostri giorni uno stato d'animo di lamento, di poesia, d'invocazione che non sembra indebito classificare sotto l'insegna, superstite dagli uragani della delusione moderna, di preghiera?
Sì, il tempio della preghiera apre le sue porte agli uomini del nostro tempo, ed essi, molti certamente, avvertono che sarebbe bello rientrarvi; ma sono esitanti: come osare? e come pregare? essi pensano.
Vale la pena che noi li accompagniamo e li invitiamo ancora a pregare con noi.
Con la nostra Benedizione Apostolica.