6 Giugno 1976
In questi tempi, in questi giorni tanto impegnati negli avvenimenti umani, noi, ancora memori del ciclone spirituale che è stato per il mondo, per la Chiesa specialmente, la Pentecoste, ancora rivolgeremo il nostro pensiero alla preghiera, alla sua legittimità, alla sua necessità, alla sua modalità.
Sappiamo bene che su questa espressione dello spirito umano si è indugiato lo studio delle religioni, lo studio dell'orazione cristiana, lo studio della psicologia umana, quasi mettendo in difficoltà colui che da un cumulo così grande di esperienze, di costumi, di letteratura voglia estrarre un'idea sintetica e orientatrice, quanto basti all'uomo profano contemporaneo per classificare in una scheda mentale, riassuntiva quanto occorra sapere su questo tema ormai estraneo alla sua mentalità empirica e positiva.
E se, accettando questo imperioso metodo semplificativo, noi concludiamo la nostra riflessione sulla preghiera in due maggiori proposizioni, e cioè:
la preghiera, primo, suppone da parte di Dio un'attenzione, una ascoltazione delle voci che a lui siano rivolte dall'uomo, cioè una « Provvidenza »;
e, secondo, da parte dell'uomo, una speranza, un'attesa d'essere esaudito e aiutato.
Noi vediamo d'aver costruito, sì, lo schema essenziale della preghiera, cioè d'un possibile colloquio fra l'uomo e Dio, ma di non saper ancora nulla, o ben poco, circa la validità di questo colloquio.
È esso un'ipotesi immaginaria, o realmente esso stabilisce un rapporto; un rapporto bilaterale, un rapporto benefico?
Ebbene: fra i maggiori favori che il cristianesimo, la fede, Gesù Cristo anzi in persona, abbia conferito all'umanità è proprio questo dell'orazione vera, valida, indispensabile, fortunatissima.
Cristo ha stabilito la comunicazione fra l'uomo e Dio; e questa comunicazione, che prevale su tutte le nostre moderne e meravigliose comunicazioni tecniche e sociali, ha per sua prima, normale espressione, la preghiera.
Pregare vuol dire comunicare con Dio.
E Cristo è lui stesso questa fondamentale comunicazione.
Lo è con la manifestazione di se stesso: entriamo nel sacrario della esplorazione di Chi è Cristo, oggetto ancor oggi di tormentate e, in fondo, fatalmente negative indagini per chi si distacchi dalla definizione calcedonense circa l'unica Persona del Verbo, vivente in due nature, divina ed umana ( Cfr. Denz.-Schön., 301-302; Bouyer, Le Fils éternel, 469 ss. ); il « ponte », come si esprimeva Santa Caterina ( S. Catharinae, Dial., 25 ss. ).
Ed è lui stesso, Gesù, Sacerdote per eccellenza ( Cfr. Eb 5 ), l'esempio più luminoso della preghiera, che documentata nel Vangelo diventa per noi la via regia dell'orazione e della vita spirituale.
A questa scuola tuttora l'umanità seguace e credente è alunna indefessa.
« Per quale via posso giungere io a Cristo e al suo messaggio? », si chiede un noto pensatore cattolico moderno; e risponde: « ve n'è una cortissima e semplicissima: guardo nell'anima di Gesù che prega, e credo » ( C. Adam, Cristo, nostro fratello, 37, cfr. il bel capitolo « La preghiera di Gesù » ).
E così la forte sintesi sul « Message de Jésus », di L. De Grandmaison ( L. De Grandmaison, Jesus Christ, II, 347 ss. ).
E come, e quando ha pregato Gesù?
Oh, quanto bella e istruttiva sarebbe una escursione nelle pagine del Vangelo, cogliendo come fiori del campo, gli accenni quasi incidentali circa la preghiera del Signore.
Scrive, ad esempio, l'evangelista Marco: « Al mattino ( Gesù ) si alzò quando ancora era buio e uscito di casa ( probabilmente la casa di Retro, a Cafarnao - Cfr. Mc 1,29 -), si ritirò in un luogo deserto, e là pregava » ( Mc 1,35 ).
Vedi, ancora, ad esempio, dopo la moltiplicazione dei pani: « Congedata la folla ( Gesù ) salì sul monte, solo, a pregare.
Venuta la sera, Egli se ne stava ancora lassù » ( Mt 14,23 ).
E così lunga meditazione meriterebbero le preghiere del Signore, delle quali il Vangelo ci dà notizia.
Quella, ad esempio, celebre del capo XI di Matteo, la quale ci fa « entrare nel segreto più profondo della sua vita »: « In quel tempo Gesù disse: Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli » ( Mt 11,25 ).
E che dire della preghiera che conclude i discorsi dell'ultima cena?
« Così parlò Gesù.
Quindi alzati gli occhi al cielo disse: Padre, è giunta l'ora: glorifica il Figlio Tuo, perché il Figlio glorifichi Te … ».
Lo ricordiamo: è la preghiera per l'unità: « affinché tutti siano uno » ( Gv 17,21-22 ).
E poi la triplice, gemente, eroica preghiera del Gethsemani, nell'imminenza della passione: « Padre, se vuoi, allontana da me questo calice!
Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà » ( Lc 22,42 ).
Quale rivelazione non solo sul dramma della vita del Salvatore, ma sulla complessità e la profondità dei destini umani, che anche nelle loro più tragiche e misteriose espressioni possono essere annodati, mediante la preghiera, alla bontà, alla misericordia, alla salvezza derivante da Dio.
Pregare dunque, come Gesù.
Pregare forte.
Pregare oggi.
E sempre nella fiduciosa comunione che l'orazione ha stabilito fra noi e il Padre; perché è ad un padre, è al Padre che la nostra umile voce si rivolge.
E sempre così, con la nostra Apostolica Benedizione.