6 Ottobre 1976
Il tema, che in questi giorni invade la discussione religiosa nel campo cattolico, è quello dell'« Evangelizzazione » e della « Promozione umana », un tema che acquista proporzioni d'ordine generale, quando si pensa alla questione fondamentale che esso solleva:
vi è ancora posto per la religione cattolica,
per la Chiesa, diciamo semplificando e sintetizzando,
per la nostra Fede nel mondo moderno,
nel mondo teso verso ogni forma di sviluppo umano,
là specialmente dove uno sviluppo sia reclamato da bisogni essenziali della vita dei Popoli,
e quindi sia reclamato da diritti insoddisfatti, e imposto da quella evoluzione umana che chiamiamo progresso?
La distinzione, anzi la separazione, dell'attività temporale da quella religiosa, oggi tanto marcata dalla « secolarizzazione », anzi dal « secolarismo », vigente nella mentalità e nell'attività della società contemporanea, non esclude l'evangelizzazione, cioè la religione, cioè la fede dall'area della vita moderna, affrancata ormai da ogni visuale religiosa?
Come ognuno vede, è questa una posizione problematica di sommo interesse.
Considerata in termini assoluti, essa può essere questione di vita o di morte per la religione, per la fede, ed anche per l'umanità;
l'ateismo moderno, pratico o teorico che sia, vi ha già dato una risposta negativa, alla quale tanta gente aderisce, e spesso passivamente, a occhi chiusi,
quasi che, soffocata la fede nella mentalità delle nuove generazioni, l'uomo goda d'una liberazione non più inceppata da scrupoli religiosi,
senza abbastanza riflettere quale sarà il cammino dell'uomo stesso, accecato dalla privazione delle grandi verità orientatrici che la fede gli offriva,
o peggio, dalla rinuncia alla propria facoltà visiva sulle massime questioni dell'esistenza sia del mondo, sia della vita umana.
Non ha forse la fede i suoi occhi? ce lo ricorda S. Agostino: « habet oculos fides, et maiores oculos, et potentiores et fortiores » ( S. Augustini Enarr. in Ps. 146 ).
Noi abbiamo già detto come non esista nella regione profonda delle cose un'opposizione radicale fra fede e progresso: una nostra Enciclica « Populorum Progressio », tra altre affermazioni consimili lo dimostra: fede e progresso, abbiamo detto, sono complementari, non di per sé antitetici.
Possiamo andare anche più avanti per incontrare quella mentalità che meno si cura, non certo secondo il vero ordine delle cose e dei valori, del primato del regno di Dio su quello dell'utilità temporale, rimasta per moltissimi, anche cristiani, il metro decisivo per misurare sopra ogni cosa l'interesse della vita umana ( Cfr. Mt 6,33; 1 Cor 10,33; Am 5,4-6 ).
E rileggeremo una pagina memorabile e meravigliosa dell'Enciclica « Immortale Dei », di Leone XIII ( 1 Novembre 1885 ), nella quale si afferma e quasi si svela come la ricerca del regno di Dio produca effetti, quasi preterintenzionali, ma direttamente da essa provenienti, anche per il regno temporale.
« La Chiesa, opera immortale del misericordioso Iddio, sebbene per natura sua abbia direttamente in mira la salute delle anime e l'eterna felicità del cielo, tuttavia ancora nell'ordine temporale reca tali e tanti vantaggi, che più e maggiori non potrebbe se fosse destinata direttamente e sovra ogni cosa a procacciare la prosperità della vita presente.
Infatti dovunque poté mettere il piede, cambiò immediatamente l'aspetto delle cose, ed i costumi dei popoli informò a virtù dianzi sconosciute ed a civiltà nuova; per la quale, coloro che l'accolsero, andarono sopra gli altri per mitezza d'indole, per equità e per splendore d'imprese.
Con tutto ciò è assai vieta quell'oltraggiosa accusa, che alla Chiesa si muove, di esser nemica degli interessi civili, ed incapace affatto di promuovere quelle condizioni di benessere e di gloria, cui a buon diritto e per naturale tendenza aspira ogni ben ordinata società ( Leonis XIII Immortale Dei, 1 -1 novembris 1885 - ).
Abbiamo detto: si tratta di effetti preterintenzionali; ma non è esatto.
Sono effetti previsti, voluti, perseguiti con sapienza, con costanza e con spirito di sacrificio e d'amore.
È il Vangelo che ce lo insegna quando riassume il codice dei comandamenti religiosi e morali nel duplice impegno di amare Dio sopra ogni cosa e con tutto il cuore; e di amare il prossimo come amiamo noi stessi ( Mt 22,36-40 ).
E l'apostolo S. Giacomo, in quella sua lettera, che non piaceva a Lutero per l'accento imperativo ch'essa adopera imponendo il compimento delle opere buone, ci ricorda e ci ripete: « una religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre nostro è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni … » ( Cfr. Gc 1,27; Gc 1,22-23; Gc 2,2ss; Gc 2,5.14; etc. ).
Questo diciamo, sempre rimanendo nel vestibolo, cioè nella fase di preparazione del prossimo Convegno sul tema dell'evangelizzazione e della promozione umana, con l'augurio e con la fiducia ch'esso conforti la coscienza solidale dei buoni per la testimonianza nel pensiero e nelle opere della presenza operante della Chiesa nella nuova storia aperta davanti alla presente e alla futura generazione.
Con la nostra Benedizione Apostolica.