20 Ottobre 1976
Questo prossimo convegno circa « l'evangelizzazione e la promozione umana », del quale si sta tanto parlando in questi giorni, può acquistare importanza orientatrice per la vita cattolica a seconda delle intenzioni buone, o ambigue da cui deriva ed a cui tende.
Occorre rendersi conto in partenza della mentalità da cui muove e della mentalità che intende servire.
Esso è un cammino ideale: col viso rivolto verso il sole?
Ovvero con le spalle che il sole convertirà in ombre inquietanti sul sentiero da percorrere?
Perciò, ancora una volta, noi, senza entrare ora nei temi che il convegno intende proporre, ci esaminiamo sulla mentalità che tale avvenimento può risvegliare e formare, e ci chiediamo, per usare una frase corrente, « quale nuova maniera esso ci proporrà per essere cristiani » nella vita sociale specialmente.
Tentiamo di chiarire a noi stessi la nostra posizione di partenza prima di metterci in cammino, con una domanda: non abbiamo, per avventura, una mentalità già precostituita, che può pregiudicare il senso della riflessione, a cui il convegno ci invita?
Ovvero portiamo a questo studio un'attenzione libera e disponibile, che ci renda recettivi di quella « verità liberatrice » e orientatrice, di cui ci parla il Vangelo? ( Cfr. Gv 8,32 )
Noi ci permettiamo d'invitare, anzi di pregare quanti interverranno al convegno, e quanti vi faranno corona da lontano nelle chiese locali, ad apportare a questa assemblea uno spirito cristiano autentico, cioè quanto mai desideroso di convergenza, di unità; di quell'unità che nasce dalla carità compenetrata dall'adesione alla medesima verità ( Cfr. Ef 5,15 ), alla fede propria della nostra Chiesa, anzi della Chiesa di Cristo in quanto tale ( Cfr. Gv 17,21-23 ).
Rileggiamo San Paolo: « vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad essere unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di intenti » ( 1 Cor 1,10ss ).
Di fronte alle discordie, alle diversità di pareri e di tendenze, al pluralismo autonomo e arbitrario, oggi penetrante anche fra cattolici inclini a confonderlo con una legittima libertà di opinioni e con una doverosa fecondità di espressioni sostanzialmente univoche, procuriamo non solo di conservare, ma altresì di favorire quell'armonia di sentimenti, di pensiero, di azione, ch'è caratteristica nell'universale concetto delle voci fedeli, e che per insita necessità d'ogni umano consorzio, e per divina istituzione di Gesù Maestro e Pastore, suppone ed esige una potestà magisteriale ( Cfr. Mt 23,8; Lc 10,16; Mt 28,20; Gv 21,15ss; 2 Cor 10,8; etc. ); noi, sì, vi esortiamo ad amare la Chiesa, cioè l'assemblea dei credenti, il Corpo mistico di Cristo, a promuoverne l'unione, ad amarne l'intima ed operante comunione.
Vedete: alcune buone idee, isolate dal contesto dottrinale e operativo della Chiesa, sono diventate pericolose e dannose: l'autocritica, ad esempio, cioè l'esame di coscienza che il cristiano deve fare sopra se stesso, e che ha ispirato non poca letteratura di questi ultimi tempi, si è mutata in contestazione abituale, e quasi normalmente per battere non il proprio petto, ma l'altrui, rendendo amara e spesso polemica la convivenza fraterna e privandola dei carismi suoi propri, la concordia, la letizia, l'operosità: così la Chiesa non sarebbe più se stessa.
Vedete ancora.
Il fervore della vita moderna ha messo in maggiore evidenza i bisogni di categorie immense di persone tenute in livello sociale inferiore: ottima cosa avere l'avvertenza di questa troppo invalsa anomalia della civiltà; ma l'ansia di portare rimedio a questi strutturali disordini ha dato motivo a rendere insanabili e profonde le divisioni e la lotta fra le classi, e quindi a generare nuovi malanni e nuova infelicità: la ricerca, per sé doverosa, dei fini economici e prossimi, ha fatto dimenticare anche ad alcuni dei nostri la ricerca dei fini superiori della vita umana, con danno del bene globale di cui essa ha bisogno, del bene morale e religioso, che deve sempre primeggiare su ogni altro bene desiderabile, non foss'altro per renderlo conseguibile e godibile ( Cfr. Mt 6,33 ).
Ed ancora.
Osservate come anche nel nostro campo, fors'anche con le migliori intenzioni, sia facile la tentazione di mettersi al passo con i vincitori, di oggi o di domani.
Soffrire per la fedeltà sarebbe impegno nativo, dal battesimo in poi del cristiano ( Cfr. Gv 16,20 ); ma il conformismo, anche spericolato, esercita una seduzione suffragata da tante seducenti ragioni e speranze.
E tante altre forme di inquietudine, relative alla propria e all'altrui adesione ad una vita cristiana forte, integra e gioiosa, rendono per alcuni facile l'ipotesi che il famoso e atteso convegno, sarà piuttosto causa di contrasti, che di consensi.
No, Fratelli e Figli, Colui che ci ha chiamati, nella Chiesa di Dio, « all'ammirabile sua luce » ( 1 Pt 2,9 ) prepara certamente un'occasione propizia a quella rinnovata pienezza di vita che noi, tanto per intenderci, salutiamo come la « civiltà dell'amore ».