27 Ottobre 1976
Ancora noi ci soffermiamo sulle soglie dell'importante convegno di rappresentanti scelti della comunità ecclesiale italiana, i quali si propongono, nella prossima settimana, di studiare un tema basilare della vita cattolica di oggi e di domani, formulato in un binomio di supremo interesse, non solo per questo Paese, ma in genere per tutta la cattolicità.
Il binomio, tutti ormai lo conoscono, così si presenta: « Evangelizzazione e Promozione umana »; e subito lascia intravedere che la sua importanza consiste non solo nella definizione dei due termini che lo compongono:
che cosa significa « Evangelizzazione »?
e che cosa significa « Promozione umana »?
definizioni vaste come oceani da sintetizzare nei loro specifici concetti;
ma consiste principalmente nello stabilire il rapporto fra l'uno e l'altro di questi concetti.
E cioè: qual è e quale dovrebbe essere il rapporto fra l'Evangelizzazione e la Promozione umana?
Possiamo dire: fra l'attività religiosa e l'attività temporale?
fra l'annuncio del Vangelo e il progresso civile?
fra la fede e l'operosità profana?
fra la Chiesa e il mondo contemporaneo?
Potremmo delineare alcune risposte ipotetiche.
La prima, che prevale in tante espressioni della mentalità moderna, è radicalmente negativa.
Nessuna relazione esiste e deve esistere fra l'Evangelizzazione e la Promozione umana;
fra lo sforzo verticale, quello religioso, rivolto alla Realtà divina e misteriosa, e quello orizzontale, cioè terreno, rivolto alla realtà accessibile alla nostra esperienza sensibile e mentale.
È la risposta della negazione, la risposta ateista e materialista, la risposta del secolarismo radicale.
Evidentemente, non può essere questa la nostra risposta, dato che nella presente discussione noi partiamo dalla professione della nostra fede cristiana, dal Vangelo che vogliamo annunciare, e dalla certezza del diritto sovrano e del dovere fondamentale che giustifica e reclama la nostra religione nella realtà della vita.
Tra Evangelizzazione e Promozione umana non vi è e non vi può essere un baratro che le rende reciprocamente incomunicabili.
Altra risposta è quella che riconosce la distinzione fra le due sfere, la religiosa e la profana;
distinzione semplice a dirsi, ma poi non poco difficile a determinarsi, sebbene la diversità dell'una e dell'altra attività offra larga possibilità di riconoscere la loro relativa autonomia e la loro calcolabile complementarità pratica.
È: in questo piano che si svolgono normalmente, dove le relazioni fra la vita religiosa e la vita civile possono distinguersi, e possono in certi campi coordinarsi e, ciascuna a suo modo, liberamente ed utilmente collaborare.
Questo si dice delle relazioni pubbliche e qualificate; ma tutti sappiamo come questa combinazione del sacro e del profano deve affermarsi in ogni persona umana, specialmente se battezzata e associata ad una comunità religiosa.
Ed ecco un'altra ipotesi, che si formula in una domanda, densa anch'essa di riferimenti speculativi e pratici: quale vantaggio, quale profitto porta l'Evangelizzazione alla Promozione umana?
È una domanda che sposta il confronto fra questi due termini dal campo dei loro rispettivi valori a quello utilitario, che ora noi consideriamo solo sotto il profilo della Promozione umana.
Altra volta abbiamo ricordato la parola decisiva di Cristo circa il primato del regno di Dio ( Mt 6,33 ), sia sotto l'aspetto ontologico, che deontologico.
Cioè ci domandiamo: può la religione evangelica giovare al benessere, anche temporale e civile, dell'umanità?
E forse questo è il punto saliente della discussione.
Le correnti ideologiche sociali, che corrono il mondo e influiscono non poco anche nel campo cattolico, tentano alcune di dire inutile, anzi paralizzante la mentalità religiosa al progresso vero e universale della società umana; perché rivolta a finalità trascendenti, perché inetta all'impiego dei mezzi umani scientifici, economici, politici, ecc.; perché statica e conservatrice; ecc.
Tentano altre di esaltare le realtà terrestri come prevalenti su ogni altro ordine di realtà spirituali, e di dare al cristianesimo una finalità subalterna al servizio d'una visione sociale puramente temporale.
Tutti lo sanno.
Questo sarà forse un punto cruciale per la discussione che si prepara ( Cfr. R. Spiazzi, Vangelo e promozione umana: « L'Osservatore Romano », 25-26 ottobre 1976, p. 2; cfr. Lumen Gentium, 36; Gaudium et Spes, 36 ).
Ebbene noi vorremmo augurare ai nostri fedeli, Fratelli, Figli, o Amici, che abbiano la saggezza di esplorare questo problema al lume dello Spirito, la cui invocazione precede ed accompagna i lavori del convegno.
E che vogliano condurre la loro indagine non col pessimismo e con l'amarezza non sempre cristiana che hanno pervaso talora anche alcuni animi colti, buoni e bene intenzionati, e che li hanno resi disponibili ad accogliere pensieri e metodi non certo germinati nel nostro campo cattolico, ma vogliamo ancora dimostrare fiducia nell'insegnamento della Chiesa e nelle ancora intatte sue virtualità di affrontare con amore, con sapienza, con sacrificio le questioni tuttora immense prementi sopra il nostro secolo.
Dilatentur spatia caritatis, diremo con S. Agostino ( S. Augustini Sermo 69 ) si aprano spazi alla carità, cioè a quell'amore del prossimo, che ha per sorgente l'amore di Dio.
E con Cristo stesso aggiungeremo: « Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli » ( Mt 7,21 ).
Sì, è venuta l'ora di testimoniare con l'azione caritativa, buona, provvida, sociale e fraterna la nostra fede; e voglia il Signore che noi siamo pronti e capaci alla chiamata del Vangelo per la nuova e vera Promozione umana.
Con la nostra Apostolica Benedizione.