30 Marzo 1977
Una volta ancora, nella rotazione del tempo, viene la Pasqua.
Essa comporta un duplice giudizio; dapprima quello che il mondo, invitato ad essere spettatore della Passione di Gesù, seguita poi dalla sua Risurrezione, darà del protagonista del dramma messianico, cioè di Gesù stesso: chi è, chi era quel personaggio, che in un momento decisivo del suo processo è presentato dal Procuratore Romano, Pilato, in uno straziante e commovente aspetto, alla folla ammassata davanti al Pretorio, con fatidiche parole: « Ecco l'uomo » ( Gv 19,5 ).
E l'uomo era Gesù, appena allora flagellato, e per beffa crudele, Colui che s'era detto Re dei Giudei, coronato di spine, e coperto da un manto di porpora.
Voleva Pilato impietosire il popolo proclamando a gran voce: « Ecco ve lo conduco fuori, perché sappiate che io non trovo alcuna colpa in Lui ».
Voi sapete quale fu l'accoglienza dei sommi sacerdoti e delle guardie a quella apparizione: « alla croce, alla croce! ».
E questa, dopo una nuova istanza del tumultuoso processo, sarà la sorte di Gesù: alla croce.
Ecco un mondo che inorridisce davanti alla vittima, ormai predestinata all'infame supplizio della croce.
Quella croce che Egli stesso aveva predetto aggiungendo un commento che riguarda un altro giudizio, quello che il condannato avrebbe dato del mondo in atto di contemplare la scena della sua crocifissione: « Io, quando sarò esaltato da terra ( alludendo al genere della sua morte ) attirerò tutti a me stesso » ( Gv 12,32 ).
Ecco il mondo attratto, affascinato dal divino Crocifisso.
Emana da Lui un incanto misterioso che polarizza verso di Lui tutta l'umanità credente.
Intorno alla Croce di Cristo si raccolgono gli uomini nuovi: lo dirà San Paolo trovando in questa convergenza paradossale verso Cristo crocifisso il segno caratteristico della nuova e finalmente vera religione: « Quando, o fratelli, sono venuto fra voi, … io ritenni di non sapere altro se non Gesù Cristo, e questi crocifisso » ( 1 Cor 2,2; Gal 6,14 ).
Ora sopra questo aspetto della nostra vita religiosa e cristiana, la quale trova il suo cardine nella croce di Cristo bisognerà fermare la nostra attenzione, specialmente nella commemorazione, anzi per noi rinnovazione pasquale: come mai la scienza della Croce ( come la chiamarono i Santi ) ha tale potere da far convergere sopra la morte, e quale morte, di Cristo il nodo risolutivo della sua dottrina e della sua missione, così da obbligare chiunque gli vuol essere seguace a conoscerla e a viverla?
Come mai un dramma di morte può diventare in sé e per noi un mistero di vita?
Beati noi se troveremo la chiave per entrare in questo regno della economia cristiana, cioè nel piano della nostra salvezza, nella rivelazione dell'Amore di Dio per noi: « Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna » ( Gv 3,16 ).
E riferito a Cristo stesso questo sovrano disegno d'Amore, ecco la conferma: « Egli mi ha amato, e ha dato se stesso per me » ( Gal 2,20; Rm 8,37 ).
Qui vi è tutto, e noi non diremo ora di più.
Tanto basta per rimanere avvinti al mistero della Croce in se stesso, e per subire la sorte dell'Amore riferito a noi medesimi, ciascuno a sé personalmente: come si risponde all'Amore?
Possa questa celebrazione pasquale insegnarcene il modo e infonderci l'energia per la risposta adeguata: « Che cosa mai ci potrà separare dalla carità di Cristo? » ( Rm 8,35 ).
Così sia; con la nostra Apostolica Benedizione.