25 Maggio 1977
Noi dobbiamo rileggere insieme le parole dell'evangelista San Giovanni, con le quali egli inizia la sua prima lettera, quale noi troviamo nella sacra Scrittura riconosciuta dalla Chiesa.
Così egli si esprime: « Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita - poiché la Vita si è fatta visibile e di ciò noi rendiamo testimonianza e vi annunziamo la Vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi -, quello che noi abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi.
La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo.
Queste cose vi scriviamo affinché la vostra gioia sia perfetta » ( 1 Gv 1,1-4 ).
Questo prologo della stupenda lettera apostolica ci fa considerare un aspetto molto importante della nostra religione, la testimonianza cioè apostolica, sulla quale, nell'ambito storico ed esterno, si fonda la nostra fede.
Il passo che abbiamo letto dimostra come la nostra fede, cioè ciò che noi crediamo della storia e della rivelazione cristiana, noi la conosciamo per via di testimonianza apostolica.
Gli Apostoli, e con loro la generazione che visse al tempo di Gesù e poté godere della sua immediata e sensibile conoscenza, ebbero il mandato da Gesù stesso di trasmettere la conoscenza diretta e sensibile ch'essi ebbero di Lui, e di farne una conoscenza indiretta e spirituale, cioè una « testimonianza », una fede.
Il Signore lo aveva predetto prima della sua Ascensione, prima cioè di scomparire dalla scena di questo mondo, dicendo ai suoi discepoli: « … voi avrete forza dallo Spirito Santo, che scenderà su di voi, e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra » ( At 1,8 ).
E così fu.
La predicazione prima dei discepoli, resi Apostoli, e di quanti a loro successero nell'ufficio di annunciare il cristianesimo nel mondo, è stata una testimonianza, resa persuasiva, e in certi momenti travolgente per un carisma di Spirito Santo, operante tanto negli Apostoli quanto negli uditori, testimonianza del fatto evangelico, della morte e della risurrezione di Gesù di Nazareth, e della interpretazione profetica e teologica di questo vero e straordinario avvenimento.
La testimonianza apostolica, la quale in determinate condizioni ha concomitante l'influsso divino dello Spirito Santo, è la sorgente della nostra fede; la quale viene a noi per via di magistero, per via di trasmissione esteriore e sociale, nella quale corre una presenza illuminante ed operante dello Spirito Santo; è la Chiesa nella sua autentica missione evangelizzatrice, che ci dà la fede.
E qui si ravvisa il miracolo storico di questa condizione, da cui dipende niente meno che la nostra salvezza, il nostro essere cristiani: « il giusto - ci avverte la sacra Scrittura - vivrà in virtù della fede » ( Gal 3,11 ).
Qui occorre, Figli e Fratelli, una revisione coscienziosa su questa parola-cardine del nostro sistema religioso, vogliamo dire la fede.
« Senza la fede è impossibile piacere a Dio » ( Eb 11,6 ).
Forse poche altre parole hanno subito interpretazioni più varie di questa,
da quella di sentimento spirituale e generico,
ad altra di opinione personale altrettanto imprecisa quanto capziosa.
Oggi poi ogni uso soggettivo sembra diventare legittimo; ognuno si crede autorizzato a sopprimere questa parola dal linguaggio scientifico, mentre, in un senso puramente naturale, essa, la fede, domina ogni insegnamento scolastico e razionale;
come tante intelligenze moderne, quando ammettono un discorso comunque spirituale, danno alla parola fede un significato impreciso e accomodante di vago sentimentalismo religioso, nel quale si fa sinonimo di penombra, di dubbio, di inquietudine interiore,
quando non sia di tormento e di vana attesa d'una luce altrettanto desiderata nel suo sincero conforto, quanto respinta nelle sue logiche esigenze.
La mentalità protestante, circa il così detto libero esame, riabilita la grande parola « fede » alla statura di convinzione religiosa, ma disancorata da un magistero autorizzato e perenne, quello della nostra Chiesa cattolica, che cosa diventa?
Diventa un'opinione soggettiva, priva d'autorità superiore, diventa una evasione in un equivoco pluralismo, diventa una fede nominale ed elastica, disponibile a troppi insignificanti adattamenti.
Non è più il tesoro divino, per il quale tanti eroi hanno dato la vita; non è più la luce mattinale della vita cristiana, che anticipa qualche bagliore della Verità divina ( Cfr. 1 Cor 13,12 ) e che sorregge effettivamente la vita morale e intellettuale.
E così via.
A ricordo del mistero pasquale celebrato e a preludio della festività che ci attende, la Pentecoste, vediamo tutti di rinfrancare la nostra fede, collaudata dal magistero vivente della Chiesa; e facciamo nostra, se occorre, la parola dell'umile personaggio evangelico: « Credo, o Signore, ma Tu aiutami nella mia incredulità » ( At 9,24 ).
Così sia.
Con la nostra Apostolica Benedizione.