31 Agosto 1977
Venerati Fratelli! Figli carissimi!
Visitatori tutti, chiunque voi siate, sempre attesi e anche graditi.
Grande gaudio, grande commozione, grande stupore risveglia in noi la vostra presenza.
Essa suscita in noi la coscienza del nostro ufficio pontificale.
Questo incontro, e ogni altro simile incontro, con persone sconosciute e nuove, ma che noi sentiamo di dover subito considerare fratelli, figli, amici, ci obbliga, ancor prima di pensare a voi, di pensare a noi stessi, con riverenza, con timore, con meraviglia, di ciò che a noi è stato conferito, la missione di presiedere alla Chiesa universale.
Vengono alle nostre labbra le parole che Gesù stesso ebbe un giorno a rivolgere ai discepoli del suo Precursore, Giovanni, detto il Battezzatore, il Battista, mandati da lui che si trovava in carcere a Gesù per chiedergli: « Tu chi sei? Sei Tu Colui che deve venire, o dobbiamo aspettare un altro? » ( Mt 11,2-3 ).
Noi sentiamo come a noi rivolta la stessa domanda; e sebbene noi ben sappiamo che voi tutti avete una precisa risposta da dare alla questione, essa è per un verso così densa di significato, e, per un altro verso, così collegata con la risposta dovuta a problemi che riguardano, sotto certi aspetti, ciascuno di voi, e sotto certi altri aspetti i problemi maggiori, diciamo pure, delle sorti del mondo, che saremmo turbati, nella nostra umana debolezza, di sottrarci alla incalzante domanda: Tu chi sei? Chi è il Papa?
e di non rispondere a simile interrogativo, estremamente imbarazzante e superiore d'avere adeguata risposta.
Ma poi ci risuona nella mente la risposta, cioè la definizione, che Gesù stesso volle attribuire a Simone, figlio di Giona, e che noi abbiamo da Simone-Pietro ereditato, e che noi leggiamo nel Concilio Vaticano primo ( Cfr. Denz-Schön., 3050-3060 ), e rileggiamo nel recente Concilio Vaticano secondo ( Lumen Gentium, 18 et n. 23 ): Gesù Cristo stabilì nel beato Pietro « il principio e il fondamento perpetuo e visibile dell'unità della fede e della comunione ».
Qui un immenso capitolo di dottrina cattolica è enunciato;
la fede, cioè l'adesione alla parola divina, lo accetta, e la teologia lo descrive, lo spiega, lo diffonde;
esso ci rivela e ci insegna chi è Pietro ed ogni suo legittimo successore, e ci presenta alla luce di questo mistero che cosa il Papa fa:
e questa distinzione ci consente di osare a dire qui qualche elementare parola su questo secondo aspetto della missione affidata a Pietro, anche perché il mistero di Pietro si affonda nel segreto del pensiero di Dio, mentre la sua attività è manifesta e può essere oggetto della conoscenza e del giudizio comune, almeno esteriormente ( Cfr. Gv 10,38; Gv 14,12; etc. ).
Per ora limitiamoci ad uno sguardo complessivo, e a noi possibile in un discorso puramente indicativo, come questo.
Ebbene che cosa fa la Chiesa?
La Chiesa, se fedele al Maestro, se fedele allo Spirito che la guida, se fedele all'umanità in cui vive e per cui vive, fa molte cose, sempre che ne abbia la libertà, ed in certa misura anche i mezzi ( Cfr. Mt 14,17; Mt 17,26; etc. ).
Ma ascoltiamo il Signore nel prescrivere ai suoi con le parole finali e riassuntive il programma della loro attività.
E ci basti una sola, una sola parola per oggi; una parola che ha dato origine a un dinamismo, che caratterizza la vita cristiana.
La parola, fra le ultime del Vangelo di S. Matteo, è questa: « Andate … »: euntes.
Gesù non vuole seguaci spiritualmente sedentari ( Cfr. Mt 20,6 ); li vuole in movimento sulla faccia della terra.
Apposta li ha chiamati « apostoli » ( Lc 6,13 ), che vuol dire inviati, testimoni, messaggeri, nunzi della sua parola e del suo piano di salvezza.
Precisiamo con un titolo di perenne attualità: Gesù li ha voluti « missionari », e come dimostra in un suo libro il Card. Suenens, in una forma o in un'altra, ogni cattolico veramente fedele al Vangelo deve essere missionario.
Una Santa di clausura, Teresa del Bambin Gesù, non fu forse un'ardente missionaria?
Né rispetto umano, né indifferenza spirituale, e nemmeno proselitismo indiscreto devono qualificare il cristiano rispetto alla propria fede religiosa, se cristiana, se cattolica essa si chiama, ma un senso sincero di responsabilità e di amore alla diffusione del Vangelo, di solidarietà missionaria.
La Chiesa è fermento ( Mt 12,33 ).
Imprimiamo nei nostri cuori la parola effusiva di Gesù: « Io sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e che voglio Io se non che si accenda? » ( Lc 12,44 ).
Fuoco è il Vangelo, che deve ardere ed illuminare; tutti ad infiammarlo e a diffonderlo siamo chiamati.
Che ciascuno di noi lo ricordi!
Con la nostra Apostolica Benedizione.