2 Novembre 1977
La religione oggi, giorno dedicato alla memoria dei Fedeli Defunti, investe in modo tale la nostra esistenza da obbligarci a dedicare al tema liturgico il nostro breve sermone dell'udienza settimanale.
E subito noi tutti ci sentiamo quasi sopraffatti dal duplice pensiero che invade i nostri animi, che dinanzi ad esso si riempie di timore e di speranza, in sovrumana misura.
Il pensiero è quello della morte e quello dei Morti, dei nostri Morti.
Quanto al primo aspetto di questo tema, quello della morte, ci ricordiamo di averlo già meditato, nella sua tragica realtà, quando, all'inizio della Quaresima, la Chiesa ci intimò, quasi per svegliarci da un'abituale incuranza: « ricordati, o uomo, che sei polvere, e in polvere dovrai ritornare ».
La gravità dell'annuncio si riferiva alla vita presente, sulla quale incombe l'inesorabile sorte della sua distruzione; oggi invece il messaggio sfida il futuro, e cerca di penetrare il mistero dell'al di là.
E questo mistero assume un aspetto tremendo, ma assolutamente rassicurante; è il mistero della risurrezione dei morti, il quale è posto all'epilogo della vicenda umana quasi come una sfida vittoriosa alla dissoluzione dell'umana esistenza.
La nostra fede, con incomparabile vigore, con autorità che non ammette dubbi, con visione profetica, che vede impegnata nella palingenesi finale l'onnipotente e ricreatrice virtù divina, ci assicura della risurrezione dei morti.
Rileggete, o Fedeli, il celebre capitolo decimoquinto della prima lettera di San Paolo ai Corinti; e sentirete in voi stessi fremere la fortezza della divina parola: « … Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti …
E come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo …
Così anche la risurrezione dei morti:
si semina ( un corpo ) corruttibile e risorge incorruttibile;
si semina ignobile e risorge glorioso;
si semina debole e risorge pieno di forza;
si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale …
E come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste » ( 1 Cor 15,passim ).
« La speranza non fallisce »! ( Rm 5,5 )
E da questa speranza sovrumana, di cui non sappiamo nemmeno immaginare la realtà, deve essere illuminata la nostra vita presente, prosaica, sofferente, caduca: « Dov'è, o morte, la tua vittoria? » ( 1 Cor 15,55 ).
Così inebriati da questo non fallace miraggio del trionfo finale della nostra vita in Cristo, ci curviamo sulle tombe dei nostri Morti.
Ci inoltriamo nell'oscurità dell'« altro mondo »; un mondo di cui ci mancano le immagini precise, e che perciò non sappiamo rappresentare al nostro presente modo di conoscere e di pensare.
Ma sappiamo però alcune verità, che ci istruiscono e ci confortano; sappiamo innanzi tutto che i nostri Morti sono ancora vivi!
L'anima umana è immortale!
Anche se separata dal corpo, di cui essa è stata la forma vivente, essa sopravvive.
E sappiamo anche che una presenza divina li avvolge : il giudizio di Dio! noi tremiamo! ( Cfr. Rm 2,2; Rm 14,12; Mt 16,27; etc. )
Ma sappiamo che il Signore è buono e clemente; conosce l'umana infermità; ed è « ricco in misericordia » ( Ef 2,4 ).
E sappiamo di più! che qualche nostra azione buona e benefica può riuscire utile, nel computo misterioso dei meriti davanti a Dio, ai nostri Defunti!
È l'insegnamento della Chiesa in ordine ai suffragi, insegnamento consolantissimo!
La « comunione dei Santi » può essere operante anche attraverso il cosmo ultraterreno: preghiere, elemosine, penitenza, opere buone possono essere da noi compiute e accreditate ai nostri Defunti.
Una consolazione ineffabile invade i nostri cuori attristati!
Accogliamo come venisse dall'oltre tomba il messaggio dantesco: « che qui per quei di là molto s'avanza » ( Danta alighiri, La Divina Commedia, Purgatorio, III, 145 ) e ripetiamolo come rivolto a noi stessi, proponendoci la carità dei suffragi.
Con la nostra Benedizione Apostolica.