16 Novembre 1977
È chiaro, noi pensiamo, che in un ambiente come questo, in un momento come questo, in un'atmosfera sociale come è oggi la nostra, deve sorgere nella coscienza di ciascuno una domanda imperiosa:
Io, che cosa devo fare?
sono sulla buona strada?
qual è l'indirizzo dominante della mia vita?
Una questione simile si pone con decisiva esigenza quando le circostanze della vita conferiscono un lampo di chiarezza alla mente e impongono una scelta che può poi governare il modo di pensare e di agire.
Ricordate Saulo ( che sarà poi Paolo ) sulla via di Damasco, sorpreso dalla folgorante visione di Cristo che lo rimprovera: « Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? » e Saulo, dopo aver chiesto: ma tu chi sei, o Signore? e la risposta fu, come sappiamo: « Io sono Gesù, che tu perseguiti! », e allora Saulo tremando dice: « Signore, che cosa vuoi che io faccia? » ( At 22,10 ).
Ecco la grande questione della salvezza: che cosa fare?
Dunque, bisogna ricordare che vi sono due questioni fondamentali, per la guida della nostra vita: una riguarda l'essere, il che cosa è?
e nasce dalla nostra capacità di conoscere, e pone a noi i problemi scientifici e teologici, i problemi della cultura e della coscienza;
questione fondamentale, indispensabile, prioritaria, ma speculativa e non risolutiva per il destino supremo della nostra esistenza.
L'altra questione riguarda l'attività umana, si rivolge piuttosto alla volontà, e si esprime appunto nella domanda:
che cosa fare per dare alla vita il suo pieno senso, il suo più alto significato:
e riguarda l'aspetto morale, quell'aspetto ch'è anch'esso indispensabile, e, sotto un certo riguardo, lo è in grado superiore a quello speculativo.
Le sorti della vita umana dipenderanno alla fine dalla risposta che avremo dato a questa domanda relativa all'attività in cui sarà stata impegnata la vita stessa.
Non saremo giudicati sul ciò che siamo, quanto piuttosto sul ciò che facciamo.
Il Vangelo è molto chiaro a tale riguardo: leggete il Magnificat, leggete le Beatitudini; ricordate la parabola di Cristo sui talenti: non è la fortuna di averli che conta, ma il frutto che si sa ricavare dai talenti stessi, che costituisce la loro vera fortuna per noi.
Il fare, il fare bene, il fare il bene prevale nel giudizio finale sul valore della nostra esistenza, sull'essere e sul conoscere.
E allora ciò che importa soprattutto è l'impiego della nostra volontà.
Ciò comporta un complemento nella nostra moderna educazione, nella quale la libertà ha giustamente un primo posto soggettivo, del quale tutti dobbiamo essere custodi e difensori gelosi ( si veda la dichiarazione del recente Concilio circa la libertà religiosa ).
Ma la libertà è chiamata oggettivamente ad esercitarsi nella ricerca e nella scelta del bene, è chiamata a fare proprio il dovere.
L'obbligazione morale invita a se la libertà, che allora appare col suo volto illuminato di luce divina quando sceglie la legge del dovere, e non si decompone nel capriccio arbitrario che avvilisce la libertà stessa nella sudditanza a passioni cieche o a interessi inferiori.
Per noi credenti sarà norma e sostegno la fede nella guida sia speculativa, che pratica della nostra vita, sempre ricordando l'affermazione capitale di San Paolo che ci ripete: l'uomo giusto vive di fede ( Rm 1,17 ).
La vita cristiana esige un totale impiego della volontà.
Questo dono del cuore è ciò che la caratterizza.
Essa è amore, essa è felicità, essa è sacrificio, essa è comunione col Cristo della nostra fede, guida e sorgente del nostro operare.
Vale la pena di farne l'esperimento!
Con la nostra Benedizione Apostolica.