21 Luglio 1990
1. All'"inizio" della missione messianica di Gesù appartiene un altro fatto - per noi così interessante e suggestivo - narrato dagli evangelisti, che lo fanno dipendere dall'azione dello Spirito Santo: si tratta dell'"esperienza del deserto".
Leggiamo nel Vangelo secondo Marco: "Subito dopo ( il battesimo ) lo Spirito lo sospinse nel deserto" ( Mc 1,12 ).
Inoltre, Matteo ( Mt 4,1 ) e Luca ( Lc 4,1 ) dicono che Gesù "fu condotto dallo Spirito nel deserto".
Questi testi ci offrono vari spunti che ci stimolano a un'ulteriore indagine sul mistero dell'intima unione di Gesù-Messia con lo Spirito Santo, fin dall'esordio dell'opera della redenzione.
Innanzitutto un'osservazione di ordine linguistico: i verbi usati dagli evangelisti ( "fu condotto" per Matteo e Luca, "lo sospinse" per Marco ) esprimono un'iniziativa particolarmente energica da parte dello Spirito Santo.
Essa s'innesta pienamente nella logica della vita spirituale e nella stessa psicologia di Gesù: egli ha ricevuto da Giovanni un "battesimo di penitenza", e sente quindi il bisogno di un periodo di riflessione e di austerità ( anche se personalmente non ha bisogno di penitenza, essendo "pieno di grazia" e "santo" fin dal momento del suo concepimento, in preparazione al suo ministero messianico.
La sua missione esige anche che egli viva in mezzo agli uomini peccatori, che è mandato a evangelizzare e a salvare, in lotta con la potenza del demonio.
Di qui l'opportunità di questa sosta nel deserto "per essere tentato dal diavolo".
Gesù pertanto asseconda la spinta interiore e si reca dove vuole lo Spirito Santo.
2. Il deserto, oltre che essere luogo dell'incontro con Dio, è anche il luogo della tentazione e della lotta spirituale.
Durante la peregrinazione attraverso il deserto, protrattasi per quarant'anni, il popolo d'Israele aveva sperimentato molte tentazioni e vi aveva anche ceduto.
Gesù va nel deserto quasi ricollegandosi all'esperienza storica del suo popolo.
Ma, a differenza del comportamento di Israele, egli, al momento di inaugurare l'attività messianica, è soprattutto docile all'azione dello Spirito Santo, che gli chiede dall'intimo quella definitiva preparazione al compimento della sua missione.
È un periodo di solitudine e di prova spirituale, che egli supera con l'aiuto della parola di Dio e con la preghiera.
Nello spirito della tradizione biblica, e in linea con la psicologia israelitica, quel numero di "quaranta giorni" poteva essere facilmente collegato con altri avvenimenti antichi, carichi di significato per la storia della salvezza: i quaranta giorni del diluvio ( Gen 7,4.17 ); i quaranta giorni di permanenza di Mosè sul monte ( Es 24,18 ); i quaranta giorni di cammino di Elia, rifocillato dal pane prodigioso che gli aveva dato nuova forza ( 1 Re 19,8 ).
Secondo gli evangelisti, Gesù, sotto la mozione dello Spirito Santo, si adegua, quanto alla permanenza nel deserto, a questo numero tradizionale e quasi sacro.
Altrettanto farà anche per il periodo in cui apparirà agli apostoli tra la risurrezione e l'ascensione al Cielo ( cf. At 1,3 ).
3. Gesù viene dunque condotto nel deserto, perché affronti le tentazioni di Satana e perché possa avere un contatto più libero e più intimo col Padre.
Qui occorre anche tener presente che nei Vangeli il deserto è presentato più volte come il luogo dove soggiorna Satana: basti ricordare il passo di Luca sullo "spirito immondo", che "quando esce dall'uomo, si aggira per luoghi aridi in cerca di riposo …"; e l'altro sull'indemoniato geraseno, che "veniva spinto dal demonio in luoghi deserti" ( Lc 11,24; Lc 8,29 ).
Nel caso delle tentazioni di Gesù, la spinta nel deserto viene dallo Spirito Santo e prima di tutto significa l'inizio di una dimostrazione - si può dire anche di una nuova presa di coscienza - della lotta che dovrà condurre sino alla fine contro Satana, artefice del peccato.
Sconfiggendo le sue tentazioni, egli manifesta così la propria potenza salvifica sul peccato e l'avvento del regno di Dio, come dirà un giorno: "Se io scaccio i demoni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il regno di Dio" ( Mt 12,28 ).
Anche in questa potenza di Cristo sul male e su Satana, anche in questo "avvento del regno di Dio" per opera di Cristo, vi è la rivelazione dello Spirito Santo.
4. A ben osservare, nelle tentazioni subite e superate da Gesù durante l'"esperienza del deserto", si nota l'opposizione di Satana contro l'avvento del regno di Dio nel mondo umano, direttamente o indirettamente espressa nei testi degli evangelisti.
Le risposte date da Gesù al tentatore smascherano gli intenti essenziali del "padre della menzogna" ( Gv 8,44 ), il quale tenta in modo perverso di servirsi delle parole della Scrittura per raggiungere i suoi scopi.
Ma Gesù lo confuta sulla base della stessa parola di Dio, applicata correttamente.
La narrazione degli evangelisti include forse qualche reminiscenza e stabilisce un parallelismo sia con le analoghe tentazioni del popolo d'Israele nei quarant'anni di peregrinazione nel deserto ( la ricerca di nutrimento; la pretesa della protezione divina per soddisfare se stessi; l'idolatria ), sia con vari momenti della vita di Mosè.
Ma l'episodio rientra specificamente nella storia di Gesù, si può dire, per una sua logica biografica e teologica.
Pur essendo esente da peccato, Gesù ha potuto conoscere le seduzioni esterne del male: ed era bene che fosse tentato per divenire nuovo Adamo, nostro capo, nostro redentore clemente.
Al fondo di tutte le tentazioni vi era la prospettiva di un messianismo politico e glorioso, quale si era diffuso ed era penetrato nell'anima del popolo d'Israele.
Il diavolo cerca di indurre Gesù ad accogliere questa falsa prospettiva, perché è l'avversario del disegno di Dio, della sua legge, della sua economia di salvezza, e quindi di Cristo, come risulta dal Vangelo e dagli altri scritti del Nuovo Testamento.
Se anche Cristo cadesse, l'impero di Satana, il quale si vanta di essere il padrone del mondo ( cf. Lc 4,5-6 ), avrebbe la vittoria definitiva nella storia.
Quel momento della lotta nel deserto è dunque decisivo.
5. Gesù sa di essere stato mandato dal Padre per introdurre il regno di Dio nel mondo degli uomini.
A questo scopo egli, da una parte, accetta di essere tentato, per prendere il proprio posto tra i peccatori, come aveva già fatto sul Giordano, così da essere a tutti di esempio.
Ma, dall'altra, in virtù dell'"unzione" dello Spirito Santo, raggiunge le radici stesse del peccato e sconfigge colui che è il "padre della menzogna" ( Gv 8,44 ).
Perciò va volontariamente incontro alla tentazione fin dall'inizio del suo ministero, assecondando la spinta dello Spirito Santo ( cf. S. Agostino, De Trinitate, 4,13; 13,13 ).
Un giorno, col compimento della sua opera, potrà proclamare: "Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori".
E alla vigilia della sua passione ripeterà ancora una volta: "Viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me"; anzi, "Il principe di questo mondo è stato ( già ) giudicato"; "Abbiate fiducia: io ho vinto il mondo".
La lotta contro il "padre della menzogna", che è il "principe di questo mondo" ( Gv 12,31; Gv 14,30; Gv 16,11.33 ), iniziata nel deserto, raggiungerà il suo culmine sul Golgota: la vittoria avverrà per mezzo della croce del Redentore.
6. Siamo dunque richiamati al valore integrale del deserto come luogo di una particolare esperienza di Dio, quale era stato per Mosè e per Elia, e quale è soprattutto per Gesù, che, "condotto" dallo Spirito Santo, accetta di compiere la stessa esperienza: il contatto con Dio Padre in contrasto con le potenze opposte a Dio.
La sua esperienza è esemplare, e ci può servire anche come lezione sulla necessità della penitenza, non per Gesù che era senza peccato, ma per noi tutti.
Gesù stesso un giorno ammonirà i suoi discepoli sulla necessità della preghiera e del digiuno per cacciare gli "spiriti immondi" ( cf. Mc 9,29 ) e nella tensione della solitaria orazione nel Getsemani raccomanderà agli apostoli presenti: "Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto ma la carne è debole" ( Mc 14,38 ).
Conformandoci a Cristo vittorioso nell'esperienza del deserto sappiamo che avremo anche noi un divino confortatore: lo Spirito Santo Paraclito, poiché Gesù ha promesso che "prenderà del suo" e ce lo darà ( cf. Gv 16,14 ): prenderà della vittoria di Cristo sul peccato e su Satana, suo primo artefice, per farne parte a chiunque viene tentato, egli che condusse il Messia nel deserto non solo "per essere tentato", ma anche perché desse la prima prova della sua potenza vittoriosa sul diavolo e sul suo regno.