22 Gennaio 1992
1. Queste parole del Signore risorto, che concludono il Vangelo di Matteo, sono state proposte come fonte di ispirazione e di riflessione per la settimana universale di preghiera per l'unità dei cristiani, che si sta svolgendo nel mondo intero.
A una così vasta assemblea di cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti, che nel mondo intero, e molto spesso insieme, si sono messi in ascolto di queste estreme parole del Signore, ci uniamo anche noi qui.
Con gli occhi della fede contempliamo la scena del Risorto, che manifesta ai suoi discepoli il proposito di estendere l'annuncio del Vangelo fino alle estremità della terra, assicurandoli in pari tempo della sua continua presenza.
Egli è misteriosamente, ma veramente presente, anche oggi, qui tra noi e ci ripete quel mandato missionario: « Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra.
Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato.
Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo ».
2. Nelle parole di Gesù risorto agli Undici emergono tre elementi: la dichiarazione della sua sovranità universale, l'istruzione ai discepoli, la promessa di una presenza permanente.
Una tale connessa articolazione mostra che l'attività missionaria dipende intimamente dall'iniziativa e dalla continua assistenza del Signore.
Proprio perché Gesù resta presente senza limiti di tempo e di spazio, può perpetuare la sua missione per mezzo dei suoi apostoli e mandarli a « far discepole » tutte le genti di ogni tempo e di ogni luogo.
Al posto del termine « proclamare », più usato per l'evangelizzazione e che si trova in testi analoghi, Matteo usa un'espressione propria: « fare discepole tutte le nazioni », indicando così un processo più complesso e completo: gli Undici devono non solo annunciare l'Evangelo, ma aiutare gli uditori ad accoglierlo e a maturare la decisione di seguire Gesù diventandone discepoli.
A quel punto si potrà « battezzarli », per poi « insegnar loro ad osservare tutto ciò che Gesù ha comandato ».
Sono indicati i due aspetti essenziali del divenire cristiani: uno liturgico-sacramentale ( il rito dell'iniziazione cristiana ) e uno esistenziale-etico ( l'osservanza dei precetti del Signore ).
Il mandato missionario a « fare discepoli » si estende a « tutte le nazioni », a tutte le genti, a tutti i popoli, a ciascun uomo.
Non ci sono qui limitazioni di razza, di stirpe, di cultura, di lingua o di organizzazione sociale.
Considerando il termine della missione, San Paolo scrive ai Galati: « Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo.
Non c'è più Giudeo né Greco; non c'è più schiavo né libero, non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù ».
« Fare discepole » tutte le genti equivale, dunque, a radunarle in una unità misteriosa, reale, profonda.
Gesù ha così pregato per i suoi discepoli: « Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola ».
Sacramento di tale avvenimento è il battesimo nel nome della Trinità, che è diventata prassi normale della Chiesa fin dai primi tempi, come ci riferisce l'antico testo della Didaché.
« Riguardo al battesimo, battezzate così: avendo in precedenza esposto tutti questi precetti, battezzate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in acqua viva ».
3. Il Comitato misto internazionale composto da rappresentanti della Chiesa cattolica e del Consiglio ecumenico delle Chiese ha proposto di leggere il mandato missionario dato da Gesù ai suoi discepoli nel contesto dell'attuale Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani.
Il mandato del Signore è, infatti, permanente e presuppone la unità di coloro che sono inviati a proclamare l'Evangelo dell'unico Signore.
Ma la situazione presente, spiritualmente drammatica, dei discepoli del Signore è quella di essere ancora divisi ed incapaci di proporre un annuncio pienamente concorde.
Il Concilio Vaticano II aveva avvertito con lucidità la contraddizione e ne aveva tratto le conseguenze osservando che la divisione « danneggia la santissima causa della predicazione a ogni creatura ».
La recente assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Europa ha studiato il compito dei cristiani per l'Evangelizzazione nelle nuove condizioni dell'Europa.
I Padri, considerando le urgenze, le possibilità e i limiti, hanno rilevato la necessità della « intima cooperazione con le altre Chiese e comunità ecclesiali ».
Nella Declaratio conclusiva essi hanno affermato: « Ci siamo resi conto di quanto la nuova evangelizzazione sia compito comune di tutti i cristiani e di quanto dipenda da ciò la credibilità delle Chiese ».
4. Nonostante le difficoltà, è teologicamente possibile, anche in questo campo, fondare una autentica e sincera cooperazione ecumenica.
Lo aveva già indicato il Decreto conciliare sull'attività missionaria, proponendone anche motivazioni e modalità.
« In rapporto alla obiettiva situazione religiosa, va promossa un'azione ecumenica tale che i cattolici, esclusa ogni forma di indifferentismo e di confusionismo, o di sconsiderata concorrenza, attraverso una comune, per quanto possibile, professione di fede in Dio e in Gesù Cristo di fronte alle genti, attraverso la cooperazione nel campo tecnico e sociale come in quello religioso e culturale, collaborino fraternamente con i fratelli separati secondo le norme del Decreto sull'ecumenismo ».
Il Concilio attira l'attenzione su alcuni rischi.
Occorre evitare, particolarmente in questo campo, ogni forma di indifferentismo spirituale o di confusionismo dottrinale, come pure ogni sconsiderata concorrenza che genera tensioni fra i testimoni e conflitti fra le comunità.
Si deve invece agire attraverso una comune, per quanto possibile, professione di fede.
In tale prospettiva è indicata la possibilità di cooperare per l'evangelizzazione non soltanto nel campo tecnico e sociale, per sé più facilmente realizzabile, ma anche nel campo più complesso della cultura e nello stesso campo religioso.
Il decreto fa appello a una collaborazione fraterna.
E aggiunge la motivazione di fondo: « Collaborino soprattutto per la causa di Cristo, loro comune Signore: il suo nome li unisca! ».
Il Concilio vede questa possibilità di cooperazione non soltanto tra singole persone, ma tra le stesse Chiese: « Questa collaborazione deve stabilirsi non solo tra persone private, ma anche, a giudizio dell'Ordinario del luogo, tra le Chiese e Comunità ecclesiali e tra le loro opere ».
5. Data la sua ampiezza, delicatezza e complessità, la cooperazione nel campo dell'evangelizzazione mette alla prova tutte le acquisizioni del movimento ecumenico, sia nel dialogo della carità che nel dialogo teologico vero e proprio.
Essa, peraltro, può non soltanto favorire l'evangelizzazione, ma anche la stessa ricerca della piena unità.
Infatti la missione esige l'unità e, quando essa non è piena, spinge alla ricerca dell'unità nella preghiera, nel dialogo, nella cooperazione.
In questa prospettiva i Padri dell'Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Europa hanno invitato le altre Chiese al dialogo « memori della nostra comune responsabilità per la testimonianza del Vangelo di fronte al mondo e soprattutto di fronte al Signore della Chiesa ».
6. La Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani offre sempre una duplice opportunità: quella di ringraziare il Signore per quanto ci ha concesso di raggiungere nella ricerca della riconciliazione fra i cristiani e quella di implorare il dono della piena unità.
Anche quest'anno abbiamo buoni motivi per ringraziare il Signore.
Il panorama ecumenico ci mostra che il cammino verso l'unità continua, nei vari dialoghi, con ritmi diversi e resta positivamente aperto, con fondate speranze.
Abbiamo incontrato anche difficoltà e incomprensioni.
In particolare, non ci è stata data la gioia di avere con noi i delegati di alcune Chiese, che pure erano state invitate all'Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi.
È mancata così l'opportunità di discutere direttamente con essi.
Mi auguro di cuore che queste incomprensioni siano presto superate e che, attraverso contatti e delegazioni, si possa pervenire ad un completo chiarimento in un clima di accresciuta fiducia reciproca e di autentica fraternità.
Per i risultati raggiunti, per il proseguimento del dialogo, per la soluzione dei problemi aperti invochiamo adesso l'aiuto del Signore, recitando insieme, per noi qui presenti e per tutti i cristiani, uniti dal comune battesimo, il Padre nostro.